La cantata di Peppe Barra, un patrimonio Unesco in scena al Politeama

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La Cantata dei Pastori di Peppe Barra rinnova il suo successo al Politeama

Napoli. La Cantata dei Pastori di Peppe Barra, l’appuntamento natalizio con Peppe Barra. Dal 20 dicembre 2018 al 6 gennaio 2019 al teatro Politeama di Napoli. 

La “Cantata dei pastori” non esaurisce la sua carica attrattiva per gli innumerevoli spettatori che ogni anno non mancano all’ appuntamento natalizio con il Maestro Peppe Barra. Un artista che non ha certo bisogno di presentazioni. Sin da piccolo insieme alla madre Concetta Barra, si è costruito il ruolo di cantore della tradizione del presepe. E non solo.

Fu nel 1698 che la Cantata dei pastori venne rappresentata per la prima volta a Napoli. Forse nella chiesa della Graziella, allora teatro San Bartolomeo. Il successo della cantata dei pastori oggi non può essere scisso da colui che l’ha riscritta, innovata e rimaneggiata, Peppe Barra.

Grazie al formidabile interprete, concorre per divenire patrimonio Unesco. E a pieno titolo, dal momento che se tra i prerequisiti di accesso è stabilito il criterio della storicità di almeno cinquant’anni, la Cantata ne vanta più di trecento. Molti la amano, ma non tutti forse conoscono il titolo della prima redazione e il nome del primo autore.

La cantata del Perrucci

Si tratta di un palermitano nato nell’ultimo quarto del VI secolo di nome Ugone (1651-1704), meglio noto ai posteri come Andrea Perrucci.

Il titolo originale era Opera pastorale sagra del dottor Casmiro Ruggiero Ogone. Il vero lume tra l’ombre. O vero La spelonca arricchita, per la nascita del verbo umanato. Ed è è possibile ancora oggi visionare nella Biblioteca Nazionale di Napoli.

Il testo a stampa editato nel 1784 “a spese di Nunzio Rossi. E dal medesimo si vendono nella sua libreria sotto al palazzo del signor duca di Monteleone. Il letterato redasse numerosi drammi e eleganti versi in latino, italiano, siciliano e napoletano. Ma conoscerà la sua fortuna come librettista. Precursore della commedia buffa e teorico della commedia dell’arte proprio grazie alla La cantata.

Sin da subito si diffonderà nel teatro mediante numerosi e continui rimaneggiamenti. Nata come sacra rappresentazione, la Cantata si è trasformata nei secoli in una commistione barocca di oscenità. Tanto da esserne vietata la messa in scena alla fine dell’Ottocento. Finché negli anni ‘70 del Novecento è stata riportata in auge dagli studi del maestro Roberto De Simone . E la magistrale esecuzione della “Compagnia di canto popolare” nella sua versione moderna.

Ma è la celebre riproposizione di Peppe Barra che ne ha segnato la fortuna tra il pubblico napoletano. La sua formidabile mimica e la creazione di un nuovo linguaggio insieme a sua madre Concetta. Ed è così che l’opera è stata trascritta, riscritta, un po’ riadattata. Ma è nello spirito della cantata tutto questo perché è un grande calderone. Ha resistito ai secoli proprio perché anno dopo anno si arricchisce si contamina per poterla poi farla passare come grande momento di affabulazione.

Ma soprattutto di grande comunicazione, di divertimento, di emozione, gioia, di grande interesse culturaleha affermato Peppe Barra.

La Cantata oggi

La Cantata dei Pastori oggi non è semplicemente il racconto in tre atti del viaggio di Giuseppe e Maria e della nascita di Gesù bambino. Ma un’esilarante contaminazione tra sacro e profano, popolata dai personaggi tipici della commedia dell’arte.

Pastori, pescatori, e soprattutto il protagonista e famelico Razullo/Peppe Barra e il suo compagno di imbrogli Sarchiapone/Rosalia Porcaro. Ma parte integrante della scena è l’orchestra diretta dal Maestro Luca Urciolo. La fusione di strumenti della musica colta e musica popolare dal violino al violencello e contrabbasso. Dalla tammorra alla castagnette. Amplificano le emozioni del pubblico. Dettano il tempo delle battute e del movimento dei personaggi.

Nell’era in cui anche il presepe è divenuto un fenomeno di massa, a San Gregorio Armeno i vecchi artigiani vedono la bellezza delle proprie opere disturbata dal caos di oggetti in plastica e dozzinali. Attraversando lo storico quartiere dei presepi i nostri occhi vengono colpiti dal cattivo gusto. Tra la riproduzione in serie di politici e calciatori, dove sono finito gli antichi pastori?

Dov’è finito il tenero Benino? Risvegliato dal sogno bucolico, per essere trascinato brutalmente in un mercato cinese?

Lo ritroviamo quel sogno incantato al teatro Politeama. Dove i pastorelli e l’intramontabile Razzullo, continuano a farci sorridere.

E a tenere viva quella tradizione onirica da cinquant’anni gelosamente custodita e tramandata dal nostro menestrello napoletano.

Rosa Auriemma

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Rosa Auriemma

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