La Restaurazione: il prodotto del Congresso di Vienna

La Rivoluzione Francese aveva dato voce alle istanze di strati della popolazione, borghesia e ceti popolari, le cui rivendicazioni furono poi accolte da Napoleone, che ebbe il merito di rispondere a queste esigenze con una notevole opera di ammodernamento amministrativo e burocratico. L’Europa in questo lasso di tempo si era trasformata: grazie a questi eventi classi sociali avevano preso coscienza di sé, il modo di vivere dei cittadini aveva sperimentato libertà e diritti sin ora sconosciuti. La Restaurazione tentò di porre fine a tutto ciò.

Il congresso di Vienna

Per Restaurazione si intende il periodo che va dal Congresso di Vienna (1814-1815) ai moti delgli anni ’30 e sarebbe dovuta essere un ritorno al clima prenapoleonico, una riaffermazione dell’antico regime. Ma per comprenderla meglio è bene ripercorrerla dall’inizio.Restaurazione

Nel 1814 le maggiori potenze europee si riunirono a Vienna per ridefinire gli assetti politici e territoriali del vecchio continente dopo gli stravolgimenti dell’ultimo ventennio causati da Napoleone. Il congresso si basava su due principi: il principio di legittimità e quello di uguaglianza. Il primo mirava a riportare sul trono le casate regnanti spodestate, il secondo aveva uno scopo più pratico: evitare che il potere territoriale si concentrasse nelle mani delle nazioni già potenti e limitare quelle considerate pericolose. Ci si mantenne, quindi, in bilico tra questi due principi.

tIl risultato del Congresso fu un ridimensionamento della Francia con il territorio ligure ceduto allo stato sabaudo e la creazione del Regno dei Paesi Bassi per contenerla. La Prussia e l’Austria furono irrobustite e quest’ultima ottenne il controllo, diretto in parte e indiretto per la restante parte, della penisola italiana (eccetto il Regno di Sardegna). Anche la Russia acquistò parte della Polonia e la Finlandia.

Il tentativo di un ritorno al passato è evidente anche dallo spazio dato alla Chiesa, da un nuovo accordo tra il trono e l’altare. Si prenda in esempio la Santa Alleanza, formata da Austria Prussia e Russia e che aveva come scopo il mantenimento degli equilibri stabiliti nel congresso, il testo era pieno di riferimenti al sacro e ribadiva l’importanza del diritto divino per la legittimazione della monarchia. Nel 1815 a questi si aggiunse anche lo stato inglese dando vita così alla Quadruplice Alleanza.

La Restaurazione non mirava semplicemente a ristabilire i territori ma a riaffermare la mentalità e le ideologie dell’antico regime, dichiarando empi e illegittimi l’Illuminismo e la Rivoluzione Francese.

La Restaurazione in Francia

Tutte queste strategie volte a prevenire eventi simili alla Rivoluzione e a ristabilire l’ordine di antico regime però trascurarono il fatto che tutto ciò era già accaduto e questo non poteva essere cambiato.  Il suddito era diventato cittadino, non accettava più un intermediario con il potere statale ma pretendeva un contatto diretto, stava stretto nelle rigide e limitative divisioni sociali ristabilite.

Un caso esplicativo è senz’altro quelli della Francia. Dopo la disfatta di Napoleone fu ripristinata la dinastia borbonica con Luigi XVIII, fratello di Luigi XVI, il re ghigliottinato nel 1793. Egli si trovò in una situazione precaria, tra due estremi: da un lato le forze ultraconservatrici, capeggiate da suo fratello Carlo di Artois e che appoggiavano la Restaurazione, dall’altro dalla diffidenza della classe borghese, preoccupata di un ritorno totale dell’assolutismo.

Da parte sua Luigi XVIII aveva tentato una riaffermazione monarchica adottando la bandiera bianca con gigli d’oro (stemma borbonico) e dichiarandosi “re di Francia” invece che “re dei francesi”, ma nel 1814, sotto pressioni inglesi, concesse una Carta costituzionale su modello britannico, anche se le camere rappresentative erano puramente consultive.  A lui successe Carlo di Artois, che prese il nome di Carlo X, egli non fu abile come il fratello a mantenere un equilibrio tra i due schieramenti e si sbilanciò in favore di conservatori estremi, detti ultras.

RestaurazioneIl carattere aggressivo della politica di Carlo X culminò nell’insurrezione di luglio. Nel 1830 il re tentò di abolire la Costituzione. Quell’anno l’esito delle elezioni fu favorevole ai liberali, davanti a questa sconfitta Carlo tentò un colpo di stato abolendo la libertà di stampa, sciogliendo la Camera, e indicendo nuove elezioni con una diversa legge elettorale. La risposta non tardò: tre giorni di agitazione popolare (27-29 luglio) guidata da repubblicani e bonapartisti decretarono l’esilio del re e la fine della monarchia borbonica in Francia.

Questo a dimostrazione della voglia di partecipare dei ceti sin ora esclusi della politica che non avevano paura a far sentire la loro voce. E proprio per questa voglia di autodeterminarsi, per questa necessità di indipendenza e libertà che tra gli anni Venti e Quaranta in tutta Europa, a dispetto delle intenzioni della Restaurazione ci furono ribellioni e tumulti, lotte per l’indipendenza che per quanto tenute a bada dalle potenze non riuscirono ad essere contenute e si risolsero nella divisione in un’Europa più vicina a come la conosciamo oggi.

Nazione e Nazionalità nell’ottica Romantica

Un altro elemento da prendere in considerazione e che fu almeno in parte effetto delle guerre di espansione di Napoleone e poi ignorato dalla Restaurazione fu la creazione di identità nazionali.

Il termine “nazione” non è stato creato in questo periodo, ma qui ha assunto il significato, molto vicino a quello di Stato, che gli diamo oggi. Nel medioevo e in età moderna vi erano vari stati al cui interno convivevano varie nazionalità, questo perché “nazione” e “nazionalità” si riferivano ad una provenienza potremmo dire regionale o sociale, come gruppi universitari o religiosi. Ma è con la Rivoluzione Francese e con Napoleone che il concetto di “nazione” acquista una valenza anche politica: la nazione era formata da tutti i “cittadini”, la nazione-demos. In Germania soprattutto si sviluppò un’idea di nazione basata sulla comune origine, cultura e lingua: la nazione-ethos. Queste due concezioni si mescolarono durante il periodo delle rivoluzioni, tra gli anni Venti e Quaranta.

Proprio dalla nazione prende le mosse il Romanticismo. In realtà è più corretto dire che l’aspetto politico del Romanticismo ebbe a cuore gli ideali di patria e nazione. Il movimento romantico è molto più complesso di una presa di posizione politica o ideologica: è l’espressione dei grandi mutamenti avvenuti tra la fine del Settecento e l’Ottocento, è l’uomo che vede il mondo trasformarsi e si trasforma con lui, è il tramonto dei valori aristocratici e patriarcali e l’alba di quelli borghesi e l’artista è la linea dell’orizzonte che vede questo alternarsi.

Proprio per tutte le possibili e differenti reazioni a questo mutamento non si può classificare univocamente il Romanticismo ma è possibile raggruppare i caratteri simili e di certo il sentimento nazionale è uni di questi. L’idea della nazione come grande individualità, l’anima del popolo che si è formata attraverso la Storia la si deve proprio ai Romantici.

Vi sono degli eventi, nella Storia, che accelerano e sintetizzano dei processi già da tempo radicati e non vi è modo di tornare indietro. La Restaurazione non è riuscita nel suo intento di ristabilire l’ordine precedente perché non era possibile fingere che la presa di coscienza popolare non fosse successa, non era possibile togliere al cittadino il suo ruolo attivo e non era possibile soffocare il desiderio di indipendenza delle popolazioni oppresse.

Miriam Campopiano