Copernico è uno dei protagonisti della rivoluzione scientifica del XVI secolo. Nella sua opera più importante, De revolutionibus orbium celestium, l’astronomo polacco mette in discussione i capisaldi della cosmologia tradizionale, a partire dal geocentrismo.
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Il modello elaborato da Aristotele, Eudosso e Tolomeo, che poneva la Terra immobile al centro dell’universo, non era in grado di spiegare fenomeni come il moto apparente delle stelle e dei pianeti. Queste difficoltà avevano indotto gli astronomi a descrivere tali fenomeni mediante un sistema di calcoli molto complesso. Copernico avverte l’esigenza di rovesciare il punto di vista tradizionale sentendosi ispirato da un bisogno ‘platonico’ di semplificazione e razionalizzazione della realtà.
Lo scienziato muove da una constatazione elementare: l’ipotesi che sia la Terra a ruotare intorno al Sole è più semplice dell’ipotesi geocentrica. Non è razionale pensare che l’universo, infinitamente più grande della Terra, debba ruotare attorno al nostro pianeta. Egli è convinto della verità dell’eliocentrismo perché ritenuto capace di descrivere un nuovo ordine geometrico del cosmo, secondo calcoli che si accordino con le osservazioni.
Copernico attribuisce ai pianeti un doppio moto, uno di rivoluzione intorno al Sole – posto al centro dell’universo – e uno di rotazione intorno al proprio asse. Il movimento dei pianeti è descritto come un moto circolare uniforme in conformità alla tradizione aristotelica. La concezione eliocentrica dell’universo era stata già elaborata nell’antichità da alcuni filosofi della scuola pitagorica. Tra questi, Filolao da Crotone nel V secolo a. C. scriveva:
Il primo, armonizzato, l’uno, è nel mezzo della sfera e si chiama focolare [hestìa].
Filolao pensò ad un fuoco posto al centro dell’universo attorno al quale ruotano i corpi celesti. Per spiegare le esperienze del tempo, della notte e del giorno, delle stagioni e delle eclissi, il filosofo introdusse anche l’ipotesi del moto della terra. Nel IV secolo a. C. Aristarco di Samo riformulò la teoria eliocentrica ipotizzando per la terra sia un moto di rivoluzione che uno di rotazione attorno al proprio asse.
Ben consapevole della portata rivoluzionaria delle proprie tesi, Copernico decide di non dare alle stampe la sua opera. Dopo la sua morte, nel 1543 il teologo luterano Andrea Osiander presenta al pubblico il De revolutionibus con una prefazione. La teoria copernicana è qui ridotta ad una ipotesi matematica, nel tentativo di smorzarne l’impatto.
Con la teoria eliocentrica, infatti, è messa in discussione l’immagine tradizionale dell’uomo posto al centro dell’universo, convalidata dalla scienza antica e dal testo biblico. La caduta della vecchia cosmologia segna così una crepa nella fede dell’uomo comune e l’inizio di un duro scontro fra scienziati e teologi.
Ma la rivoluzione astronomica operata da Copernico era destinata ad esercitare un notevole influsso anche in ambito filosofico. Sarà Kant ad appellarsi al paradigma copernicano per attuare una trasformazione del modo di pensare nel XVIII secolo. Ritenendo che gli oggetti debbano conformarsi alla nostra conoscenza, il filosofo scrive:
La situazione al riguardo è la stessa che si è presentata con i primi pensieri di Copernico: costui, poiché la spiegazione dei movimenti celesti non procedeva in modo soddisfacente […], cercò se la cosa non potesse riuscire meglio quando egli facesse ruotare lo spettatore (la terra) e facesse star ferme le stelle…
Dopo Copernico, Brahe e Keplero approfondiscono gli studi da lui compiuti. Se Brahe rifiuta la teoria eliocentrica, Keplero porta a compimento il modello copernicano. L’astronomo tedesco, infatti, difende l’immagine di un cosmo ordinato secondo relazioni matematiche, leggi oggettive dei moti celesti.
Il confronto sull’eliocentrismo assume toni drammatici con la condanna di Galilei da parte della Chiesa. Nel Sidereus Nuncius lo scienziato pisano difende la teoria copernicana definendola non un’ipotesi, ma una reale disposizione del mondo. I suoi studi sulla natura infliggono un colpo mortale alle scienze tradizionali con profonde implicazioni teologiche.
Con le scoperte scientifiche del XVI secolo l’immagine del mondo risulta completamente sconvolta. Insieme alla vecchia cosmologia vengono a cadere sistemi di valori e quadri mentali consolidati. Lo stesso principio di autorità, aristotelica e biblica, è sostituito da un nuovo metodo di ricerca, quello sperimentale che fa appello all’esperienza unita alla ragione.
Di fronte alla nuova prospettiva offerta dalle scienze, l’uomo seicentesco è privato di ogni punto di riferimento certo. Il poeta John Donne (1572-1631) dà voce al suo senso di smarrimento, scrivendo:
Il mondo si è sbriciolato nei suoi atomi. Tutto va in pezzi, ogni coerenza è scomparsa, ogni giusta provvidenza, ogni relazione: principe, suddito, padre, figlio sono cose dimenticate…
Martina Dell’Annunziata
N. Copernico, De revolutionibus orbium celestium
H. Diels – W. Kranz, I presocratici
J. Donne, Anatomia del mondo
G. Galilei, Sidereus Nuncius
I. Kant, Critica della ragion pura
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