Gran Bretagna e Irlanda

Suffragette: il film sulla vittoria delle donne

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L’ambiente fumoso e soffocante di una lavanderia londinese d’inizio Novecento è lo scenario su cui si apre Suffragette, melodramma socio-politico potente che s’insinua nelle dinamiche collettive in cui i diritti sono miraggi e la parità dei sessi solo la facciata di un perbenismo retrogrado. Presentato in anteprima al Torino Film Festival 2015, è il primo film girato all’interno dell’House of Parliament di Londra (luogo dove sono realmente accaduti i fatti).

A compiere questa titanica impresa è Sarah Gavron che avvalendosi delle preziose interpretazioni di attrici come Carey Mulligan, Helena Bonham Carter, Anne-Marie Duff e Maryl Streep decide di trasporre su pellicola un evento storico di importanza mondiale.

Stiamo parlando del movimento delle suffragette, gruppi distinti di donne (diverse tra loro per classe sociale, cultura, aspettative di vita) che nella prima metà del Novecento lottarono in prima linea, sacrificando la propria vita e i propri affetti più cari, per ottenere l’insindacabile diritto al voto, diritto di poter essere padrone della propria esistenza.

Vero motore della vicenda è Maud Watts (Carey Mulligan), giovane operaia di una lavanderia industriale, gestita dal signor Taylor, un uomo senza scrupoli che abusa quotidianamente delle sue lavoratrici. Quella di Maud è una vita ordinaria: un marito, un figlio, un ruolo in società espressamente inferiore a quello degli uomini.

Accanto, però, il rumore delle proteste di donne che combattono sotto la guida di Emmeline Pankhurst (interpretata da Meryl Streep), la fondatrice della Women’s Social and Political Union. Un frastuono che interferisce sempre di più nella quotidianità di Maud, la quale, come in una vera e propria metamorfosi, diviene sempre più consapevole dell’ingiustizia sociale e del ruolo delle donne, iniziando così a militare, dapprima timidamente poi sempre più convinta, in quest’ondata di proteste.

Maud vuole riscattare e riscattarsi per le violenze subite, per un voto concesso solo agli uomini, per una parità disprezzata e denigrata dalla società inglese dell’epoca. Arrestata più volte, sarà vessata e punita per le sue scelte da una società che non accetta la parità dei sessi. Perderà il lavoro e il figlio, (che è dato in adozione a una famiglia dell’alta borghesia londinese), ma ciononostante non si arrende in nome di quell’orgoglio puro e coerente, rappresentato da quei fiori sul petto, simbolo delle suffragette.

Sarà supportata da altre militanti, l’operaia Violet Miller (Anne-Marie Duff), la farmacista Edith Ellyn (Helena Bonham Carter) e la tenace guerriera Emily Davinson (Natalie Press), tutte figure femminili forti e determinate, che rappresentano un modello da seguire e verso cui tendere, di cui abbracciare la giustezza degli ideali, lontane anni luce dagli stereotipi cinematografici hollywoodiani.

Il punto di vista scelto dalla regista è inedito: non viene scelta la paladina del movimento, ma una donna comune fra tante. Lo spettatore s’immedesima pienamente nel cambiamento di Maud, capendone le dinamiche e le ragioni, aggrappandosi insieme a lei alla sete di giustizia delle suffragette.

La Gavron sceglie volontariamente di usare con discrezione la macchina da presa: mezzo silenzioso e distante, diventa una sorta di occhio onnisciente sulle situazioni e sugli eventi, un occhio privilegiato che lancia uno sguardo dal punto di vista di Maud, condividendone la focalizzazione (anche quando è esterna).

Anche nelle scene più drammatiche, quando la violenza deflagra senza pietà e non fa sconti per nessuno, la macchina da presa non indugia, ma entra nelle dinamiche, scava a fondo tra i corpi e le espressioni, regalando quasi un’esperienza simile al reportage fotografico di guerra che un puro, semplice, spettacolo di intrattenimento.

L’abile sceneggiatura di Abi Morgan rivela poi uno studio meticoloso del periodo storico e delle personalità scelte. Personaggi più veri del vero, realistici perché affondano nella realtà vera e propria, trasformandosi in mezzi per comunicare la testimonianza silenziosa di chi ha segnato la storia, pur non entrando, di diritto, tra le pagine di un manuale.

Le figure maschili sono volutamente di secondo piano; per una volta le protagoniste sono solo donne. Sottile, magistrale e potente, Suffragette sa incendiare gli animi, sa far venir sete di giustizia. La conquista dei diritti delle donne diviene testo e contesto, per sottolineare l’importanza di una lotta culturale e ideologica di cui, sfortunatamente, la nostra società ha bisogno.

Silvia Di Maio

suffragette

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Silvia Di Maio

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