Hotel Chevalier: l’amore secondo Wes Anderson

Hotel Chevalier è un cortometraggio girato da Wes Anderson nel 2007, con Jason Schwartzman e Natalie Portman. In una stanza di un hotel a Parigi, si consuma l’ultimo slancio di una storia d’amore complicata e tormentata, ormai finita. hotel chevalier hotel chevalier 

Il tempo si ferma, nell’Hotel Chevalier (che è in realtà l’Hotel Raphael, situato nel 16e arrondissement di Parigi), ci si perde fra le inquadrature dei dettagli, minuziose e accurate, i colori quasi anestetizzanti della fotografia, l’ambiente assortito ma anonimo, le pareti gialle e bianco gesso e una musica lievemente nostalgica. Il protagonista si trova lì, in quell’albergo, proprio per rifugiarsi in un luogo senza tempo, in cui le cose non vanno avanti, e dove non ci si può guardare indietro, dove non c’è il rischio che il tempo lasci traccia. Tutto resta identico giorno dopo giorno, come in tutti gli hotel, con la donna delle pulizie che passa a rifare la stanza, il cameriere che porta il vassoio con il cibo e poco dopo lo riporta via, l’arredamento curato ma, in fondo, impersonale.

Hotel Chevalier

Il corto è un prologo, ma potrebbe essere anche un epilogo, del film The Darjeeling Limited (Il terno per Darjeeling), diretto da Anderson nel 2007; in realtà, è un pezzo di storia a se stante, che potrebbe esistere anche senza il film a cui è legato. I due amanti provano a rivivere la loro passione, a ritrovarsi, e nel momento stesso in cui lo fanno, si accorgono di esser giunti alla fine della loro storia.
L’idea geniale, da parte di Anderson, è di associare questa situazione ibrida alla camera di un hotel, qui tutto è perfettamente sinergico, le parole e i dialoghi dei personaggi trovano il loro proseguimento nei dettagli ripresi fra i cambi di scena, i discorsi restano sospesi, spezzati, e i gesti, gli sguardi, i suoni, lasciano intendere ciò che i personaggi non hanno detto. Un insieme di sentimenti e sensazioni imprecisate e indefinibili che non sono odio, non sono amore, forse rimorso, nostalgia e tenerezza, e soprattutto voglia di dimenticare.

La prima immagine di Jason Schwartzman, lo vede steso in accappatoio giallo, tutt’uno con il decoro della stanza, perfettamente in armonia e in equilibrio con il luogo. Quest’armonia viene improvvisamente interrotta dallo squillo del telefono, è la sua ex a chiamare (Natalie Portman), arrivata a Parigi per incontrarlo. Passa mezz’ora, in cui il protagonista si prepara, è elegante e impeccabile, forse un po’ troppo, mette una canzone non adatta alla situazione e tutto sembra troppo artificioso, facendo trasparire il disagio e l’ansia causati dalla situazione. Arriva lei, capelli corti e impermeabile scuro, sicura di sé, e subito la scena acquista più naturalezza. È già chiaro che i due andranno a letto insieme, l’hanno già fatto, si piacciono, si vogliono, ma questo non basta a superare l’imbarazzo e il distacco che la distanza ha creato, e non sanno da dove cominciare.

Hotel Chevalier

Dopo una breve perlustrazione della stanza da parte di lei, e poche parole scambiate, qualcuno bussa alla porta, interrompendo questo momento che sembra protrarsi all’infinito. È il cameriere con il vassoio del catering, il pretesto è colto al volo, e appena lui esce dalla porta, i due si baciano appassionatamente. Di colpo, l’uomo le propone di andare sul balcone per condividere la sua vista di Parigi, e lì, nell’inquadratura finale, si capisce che hanno ritrovato la loro intimità e che probabilmente passeranno una bellissima serata, a condividere un po’ di amore e un po’ di Parigi insieme, per l’ultima volta.

Non ci sono immagini forti, dialoghi accesi, improvvisi cambi d’umore o di situazione, tutto segue lo stesso ritmo dall’inizio alla fine, e non lascia né una tristezza eccessiva, per la fine dell’amore, né una grande nostalgia; non è il finale di una tragedia, tutto è addolcito e sospeso, le sensazioni si fondono tra loro senza che una risalti rispetto alle altre. È proprio questo che colpisce di più dei film di Wes Anderson, e in particolare di questo corto, la capacità di restare in equilibrio fra le differenti emozioni, dando un tocco poetico e delicato ad ogni storia. Con la voglia di portare nella vita reale un po’ di questa poesia, possiamo concludere, citando le parole di una canzone: «Vorrei l’amore dei film di Wes Anderson, tutto tenerezza e finali agrodolci hotel chevalier

Francesca Rybcenko

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