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La cupeta o copeta: tipico torrone natalizio del Sud

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O’ Copèt gergalmente detto,  ovvero  lacupeta, da cui deriva il nome “ copetaro”, era un dolce conosciuto già al tempo dei Romani. Deriva dal verbo latino “cupere” che significa “desiderare”, da cui proviene anche “cupidigia” e “Cupido” dio dell’Amore.

Antica definizione etimologica della “Copeta”

Esso viene citato da antichi autori, tra cui Livio che lo considera l’antecedente del torrone beneventano; Marziale lo annovera, insieme al cardone, alle cipolle e agli intestini tra i prodotti tipici e prelibatezze del Sannio, nel suo tempo; Varrone lo definisce il “cibo del desiderio”. Questo dolce, secondo alcuni, avrebbe origini arabe e potrebbe derivare anche da “qubbaita” cioè “dolce”.

O’Copèt, come dolce caratteristico campano, è ritrovato anche in documenti del Cinquecento ed è circoscritto precisamente alle aree geografiche di Avellino, Benevento e Salerno. Durante il Cristianesimo, divenne dolce tipico del Natale.

Esso è un intreccio tra il croccante alle mandorle ed il torrone. La ricetta della sua preparazione era tramandata gelosamente di padre in figlio ed il mestiere del “maestro copetaio” si svolgeva prevalentemente al pubblico, tra i banchetti in strada, dove ancora oggi, durante le feste padronali, è possibile trovarne ma di già confezionato. Qualcuno, per assonanza,  associa al termine “o’ copèt ” quello di “stella cometa”.

La copeta… e Marcantonio Colonna

Nel dizionario etimologico della lingua italiana, sotto la voce “copèta” si legge: “dolce fatto di mandorle e pistacchi o noci, e miele cotto; sorta di pasta con zucchero farcita di nocciole” . Nel passato esso fu protagonista di un’iniziativa generosa da parte di Marcantonio I Colonna, che diffuse l’usanza di distribuire “o’ copèt” ad ogni capofamiglia per augurare al popolo un lieto Natale, a partire dal 1625.

La copeta con mandorle e nocciole

La famiglia Colonna non distribuiva personalmente questo dolce, ma sovvenzionava, tramite vassalli, i forni dei feudi sotto la loro giurisdizione, affinché ne fornissero la comunità.  Il panetto dolce veniva donato il giorno della Vigilia di Natale e consumato il giorno seguente a colazione, perché il 24 dicembre era vietato mangiare dolci, fino al momento della messa di mezzanotte. Questa dolce tradizione continuò fino al 1816, cioè fino a quando i Colonna non rinunciarono ai loro territori.

La ricetta della copeta

Gli ingredienti per fare la copeta classica sono essenzialmente due o tre: mandorle sgusciate, zucchero e miele. Per una ricetta più completa:

-1 kg. Noci o mandorle tritate

-600 gr. Miele millefiori

Procedimento:

Scaldare il miele in una grande pentola detta, in pasticceria, “polsonetto” ( tipica casseruola di rame dalla forma semisferica con manico di legno ) e lasciare sobollire finché non diventa caramello. Quando il miele comincia a rapprendersi ed è pronto, versare le noci e mescolare continuamente per evitare  che si bruci. Lasciar cuocere per circa 20 minuti a fuoco medio. Una volta pronto, stendere il composto su un piano di marmo o, comunque, una base fredda. Spianarlo ad un’altezza di mezzo centimetro e , poi, tagliare nel modo che si gradisce; solitamente la forma è quella rettangolare della cd. “ stecc’ e’ copèt “. Disporre i pezzi di dolce sulla carta forno e conservare al fresco per almeno venti giorni.

Polsonetto in rame

Nella tradizione campana ci sono tre diversi tipi di “copèt ” : la nera con mandorle non sgusciate; la bianca con mandorle spellate, la macinata con mandorle pelate e tritate. Esistono anche altre varianti che prevedono l’utilizzo di pistacchi, il sesamo, la vaniglia, il limone, il vino cotto ecc.. per rendere tutto più interessante ed aromatizzato.

Nell’avellinese, il comune di Dentecane è molto famoso per la produzione di torroni tra cui la copeta, ampiamente distribuiti un po’ in tutta Italia; così come noto è il torrone di Benevento, dove furono i Borboni, nel 1800, a valorizzare ” o’ copèt”  locale; basti oggi pensare ai torroncini ,detti anche croccantini, ricoperti al cioccolato, tipici di San Marco dei Cavoti.

Insomma, la copèta, in tutte le sue salse e versioni: morbida o dura, bianco o al cioccolato, alle nocciole o alle mandorle … è una prelibata leccornia dal sapore antico, forse per alcuni troppo stucchevole, ma per augurio, pur sempre presente sulle nostre tavole natalizie. Questo dolce antico unisce l’arte alla tradizione e fonde con armonia il passato con il presente.

Pasqualina Giusto

Sitografia:

http://www.villasantostefano.com/villass/carlo_cristofanilli/la_copeda/index.htm

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Pasqualina Giusto

Nata il 12 Settembre 1985. Vive in Irpinia, terra a cui sono ispirati molti dei suoi articoli. Ha frequentato la Facoltà di Scienze Giuridiche presso" Università degli Studi del Sannio" e la Facoltà di Lettere Moderne presso la "Federico II". Appassionata di tradizioni e cultura popolare, ha all'attivo un'esperienza come redattrice per la testata online "La Cooltura" nella sezione "Folklore".

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