Anno nuovo, vita nuova: poesie e canzoni

Un altro anno è oramai giunto al termine. Mentre tiriamo le somme sui pregi e difetti di esso, allo stesso tempo ci apprestiamo ad accogliere quello nuovo con tutte le nostre incertezze e speranze. Ma com’è stato visto l’anno nuovo dagli scrittori? Come un segno di rinascita o una semplice stagnazione della condizione dell’uomo? Scopriamolo attraverso le parole di alcuni di loro.

Leopardi e il Dialogo di un venditore d’almanacchi e di un passeggere

Scritto nel 1832 e pubblicato nella seconda edizione delle Operette morali del 1834, si tratta di una delle prose più conosciute di Leopardi. In esso lo scrittore di Recanati immagina un colloquio tra un venditore di almanacchi, espressione dell’ingenua fiducia dell’uomo verso il futuro e un passante, incarnazione della consapevolezza che il piacere non si trova nella realtà ma nelle sole illusioni degli uomini.

Anno nuovo
Le corpoteur – Scuola francese (XVII secolo)

(…)

PASSEGGERE: Credete che sarà felice quest’anno nuovo?

VENDITORE: Oh illustrissimo, si certo.

PASSEGGERE: Come quest’anno passato?

VENDITORE: Più più assai.

PASSEGGERE Come quello di là?

VENDITORE: Più più, illustrissimo.

PASSEGGERE: (…) Non vi piacerebb’egli che l’anno nuovo fosse come qualcuno di questi anni ultimi?

VENDITORE: Signor no, non mi piacerebbe.

(…)

PASSEGGERE: Oh che altra vita vorreste rifare? La vita ch’ho fatta io, o quella del principe, o di chi altro? O non credete che io, e che il principe, e che chiunque altro, risponderebbe come voi per l’appunto; e che avendo a rifare la stessa vita che avesse fatta, nessuno vorrebbe tornare indietro?

(…)

Il passeggere sembra simpatizzare con il venditore, quasi a voler far intendere che asseconda le sue illusioni verso un futuro migliore e in controtendenza con la disillusione razionale di Leopardi. Tuttavia ciò non viene descritto con toni polemici, ma attraverso un linguaggio semplice e scorrevole. La sottigliezza ironica del dialogo fa emergere anche il pensiero di Leopardi sul futuro, che è ben descritto in un passo dello Zibaldone:

(…) nella vita che abbiamo sperimentata e che conosciamo con certezza, tutti abbiamo provato più male che bene; e se noi ci contentiamo ed anche desideriamo di vivere ancora, ciò non è che per l’ignoranza del futuro, e per una illusione della speranza, senza la quale illusione o ignoranza non vorremmo più vivere, come noi non vorremmo rivivere nel modo che siamo vissuti.

La diligenza di capodanno di Hans Christian Andersen

Anno nuovo
Hans Christian Andersen (1805-1875)

Interessante è anche, seppur lontano dalla profondità del dialogo leopardiano, La diligenza di Capodanno di Hans Christian Andersen. Si tratta di una poesia in cui lo scrittore danese descrive il passaggio dall’anno vecchio all’anno nuovo con un linguaggio metaforico.

Mezzanotte suonò sopra il villaggio
nella placida piazza solitaria…
le ore sobbalzano nell’aria
per la tacita volta senza raggio;
recava da lontano, intanto il vento
come un tintinnio garrulo d’argento,
e pel villaggio solitario; errare
un trotto di cavali si sentì;
un cavallo vicino, ecco nitrì
il gabellier si sporse per guardare;
qualche finestra ancor s’illuminò
e mezzanotte, lenta, risonò.
La diligenza a dodici cavalli
arriva con dodici signori.
e tutti, presto presto, venner fuori
con valige, con scatole, con scialli;
e il primo, un vecchio tremulo e bonario:
«Lode a Dio – esclamò – siamo in orario!»(…)

L’avvento dell’anno nuovo viene descritto con toni  narrativi. Prima il solenne rintocco di un orologio in una piazza non definita e poi la comparsa di una carrozza che interrompe il silenzio di quella piazza. Si tratta forse di una diligenza con a bordo delle persone ricche e benestanti. Si arriva poi all’atteso anno nuovo, introdotto da una metafora fantastica: quella di un uomo anziano che se ne va da questo mondo per lasciare spazio a quello”giovane”.

(…)

Era il trentun dicembre ed era l’ora
che l’anno vecchio, curvo, se ne va,
nel mare eterno dell’eternità
svanisce, si disperde, si scolora,
mentre vanno per ville e per tuguri
baci e abbracci, brindisi e auguri.

Lucio Dalla e l’anno nuovo “che verrà

Abbiamo visto l’anno nuovo attraverso due esempi letterari, ma anche il mondo della musica ha avuto modo di dire la sua sull’argomento. L’esempio proviene dal cantautorato italiano e da L’anno che verrà di Lucio Dalla.

La canzone, composta nel 1979 e posta come chiusura dell’album Lucio Dalla, rappresentò un manifesto per il passaggio dagli anni ’70 agli anni ’80. L’Italia si stava lasciano alle spalle un decennio segnato dalla violenza degli anni di piombo e ne L’anno che verrà Dalla descrive il clima poco sereno che il paese respira, immaginando di scrivere una lettera ad un suo amico.

 

Caro amico ti scrivo

così mi distraggo un pò

e siccome sei molto lontano

più forte ti scriverò.

(…)

Attraverso un tono ironico, Dalla compie una vera e propria analisi dell’anno trascorso. Come però il Leopardi del Dialogo, anche qui sono assenti toni polemici. Viene così espresso il desiderio di una vita libera e spensierata, che arriva a sconfinare nella speranza di un futuro migliore riversata nell’ anno nuovo.

Ci sarà da mangiare e luce tutto l’anno

anche i muti potranno parlare

mentre i sordi già lo fanno.

E si farà l’amore ognuno come gli va

anche i preti potranno sposarsi

ma soltanto a una certa età.

(…)

Ciro Gianluigi Barbato

Bibliografia

G.LeopardiPoesie e Prose– Meridiani

L.DallaParole cantate, le mie canzoni (a cura di Gianfranco Baldazzi) – Newton Compton