Napoli e Campania

Sposalizio: il matrimonio di una volta

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Sposalizio: il matrimonio di una volta, quando l’amore era proibito e vissuto come tabù. Quando i sentimenti erano puri e la vita più semplice.

 Non ci sono più quelli di una volta … quei matrimoni che duravano una vita!”

E’ questa una tipica espressione che spesso ci capita di sentire, un’affermazione dal sapore nostalgico ed amaro verso un passato che si percepisce come lontano e tramontato, alla ricerca di valori persi o, forse solo cambiati. Ma , come era davvero lo sposalizio di una volta, quando il matrimonio era considerato necessario perché socialmente utile?

Quando si “faceva l’ammore”

Ai tempi, “fare l’ammore” significava semplicemente che due innamorati si frequentavano con innocenza e sotto “sorveglianza” ; tutto aveva inizio con un lungo periodo di fidanzamento, carico di proibizioni ed ammonimenti, proiettato al tanto agognato sposalizio. I due giovani che provavano tra loro un sentimento passionale, a stento potevano parlarsi e dialogare o scambiarsi effusioni amorose, poche e “rubate” erano le occasioni per stare insieme e , sempre sotto l’occhio accorto dei familiari , di fronte ai quali, i languidi sguardi erano il solo modo di comunicarsi un amore combattuto, sospirato, ostacolato o, talvolta, combinato!

A scuola, nelle chiese, nei luoghi pubblici, donne ed uomini erano tenuti a stare divisi; non vi era dunque, grande possibilità di scambiarsi parola e ci si accontentava di occhiate fugaci. Quando le ragazze non andavano a lavorare nei campi, dovevano aiutare le madri nelle faccende domestiche e preparare il  corredo,  apprendendo l’arte del ricamo  dalle “sarte-maestre” oppure dalle suore.

Esposizione del corredo

Quando uscivano per recarsi ad attingere acqua alle fontane, erano sempre accompagnate ed eventuali corteggiamenti avvenivano a distanza o in segreto, ricorrendo spesso a messaggi scritti su pezzi di carta fatti, poi, recapitare all’ amato/a in qualche modo. Altre occasioni per vedersi erano: la messa domenicale e i giorni di festa, in chiesa, dove, mentre con la bocca si pregava il Signore, con il cuore si era altrove!

Dal fidanzamento allo sposalizio

Corteo nuziale di una volta

Lo sposalizio, alias il matrimonio, era “affare” di cui si preoccupavano i genitori e spesso avveniva più per interesse che per vero amore autentico. Tutto era basato sull’entità, l’ammontare e le condizioni della dote che la donna portava nell’ unione contrattuale.

I futuri sposi accettavano con rispetto, obbedienza e sottomissione le volontà e le decisione delle rispettive famiglie; era a quel punto che si dava inizio al cd. fidanzamento ufficiale ( trasut’ in casa), quando il giovane chiedeva la mano della ragazza,seguito da altre formalità e festeggiamenti con scambi di doni, dolci, liquori caserecci e danze accompagnate dal suono del grammofono o dell’organetto.

Sino al giorno fatidico dello sposalizio, per i due giovani, anche darsi un bacio era impresa difficile perché la ragazza, pur condividendo l’ardente desiderio, ne sfuggiva le occasioni (almeno stando ai racconti!!!), per non tradire la ferrea disciplina imposta dai genitori. Riuscivano essenzialmente a scambiarsi espressioni allusive e sguardi ammiccanti; l’apice del romanticismo si riversava nelle ore di serenate al chiaro di luna, quando il fidanzato omaggiava  l’innamorata con il suono di fisarmoniche e mandolini sotto la sua finestra, svegliando e rallegrando anche il resto del vicinato.

Serenata

Nei giorni che precedevano lo sposalizio  a casa della futura sposa, veniva esposta la dote, tirata fuori settimane prima dai bauli che sapevano di canfora e naftalina e, lavato ed inamidato, tutto veniva approntato e messo in bella mostra. “Lo corredo” ( lenzuola ricamate e tutto l’occorrente necessario ad affrontare la vita coniugale)  era un vero e proprio status symbol  , che andava ad aggiungersi all’ “appuntino” ovvero i “capitola” (note trascritte su fogli in cui si elencavano i beni).

Gli invitati alla cerimonia erano molto meno di quelli presenti in uno sposalizio-nozze moderne, ci si limitava ai parenti, al “compare” di battesimo e cresima e, qualche amico d’infanzia, oltre agli ovvi testimoni; tuttavia alla cerimonia spesso s’intrufolavano i vicini di casa ed abitanti del quartiere. Gli abiti degli sposi erano essenziali, nella migliore delle ipotesi abito bianco o ocra per la donna e, vestito nero, blu o marrone per l’uomo, a volte riciclati, arrangiati al momento, prestati o cuciti da pezzi di stoffa avanzati ( “lo vestito re’la festa”). Le bomboniere, non sempre presenti, venivano fatte a mano, di solito centrini realizzati a ferri o uncinetto per contenere i confetti.

Il fotografo ( chi poteva permetterselo) con la sua macchina a fuoco immortalava i momenti più salienti e, tra le poche, non poteva di certo mancare la classica foto sulla gradinata con tutto il parentado dopo la celebrazione del parroco e dopo che la sposa avesse fatto il suo ingresso in chiesa al braccio del padre (o di chi ne faceva le veci) in seguito ad un lungo corteo-processione.

Classica foto di nozze del passato

Infine, i festeggiamenti avvenivano in casa tra pochi intimi il più delle volte e, dove, a farla da padrone, era il vino di cantina, vanto ed orgoglio dello sposo e di qualche parente che lo aveva prodotto; il tutto allietato da balli, tarantelle e quadriglie. La sana semplicità ed armoniosità dei matrimoni di una volta!

I ceci della sposa

Di usi, curiosità e superstizioni inerenti lo sposalizio, ne è piena la storia della tradizione non solo campana, nazionale ma anche mondiale, e basta aprire internet per trovare di tutto e di più, ma un’usanza caratteristica che è nota a pochi e che ritroviamo a Pescasseroli , in Abruzzo, è quella dei “Ceci della sposa” che si tiene i primi di agosto: una manifestazione che ci riporta un po’ indietro, e che consiste in una sfilata per i viottoli del borgo di donne che indossano vestiti da sposa di ogni epoca.

I ceci della sposa-Pescasseroli

Un trionfo di pizzi e merletti, veli, organze che tingono le stradine di tenui colori pastello, accompagnati da musiche popolari e cortei di gente. La sfilata ha tre tappe, alla cui conclusione, gli sposi offrono agli spettatori i “ceci” preparati per l’occasione. I “ceci della sposa” , che rappresentano un momento conviviale, e sono preparati secondo un’antica tradizione, insaporiti con liquori ed aromi,  tostati con la sabbia, vengono poi setacciati e messi in sacchettini da donare.    Paese che vai … usanza che trovi!

Pasqualina Giusto

Sitografia:  

http://luoghidavedere.it/luoghi-da-vedere-in-italia/luoghi-da-vedere-in-abruzzo/pescasseroli-ceci-della-sposa_5544

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Pasqualina Giusto

Nata il 12 Settembre 1985. Vive in Irpinia, terra a cui sono ispirati molti dei suoi articoli. Ha frequentato la Facoltà di Scienze Giuridiche presso" Università degli Studi del Sannio" e la Facoltà di Lettere Moderne presso la "Federico II". Appassionata di tradizioni e cultura popolare, ha all'attivo un'esperienza come redattrice per la testata online "La Cooltura" nella sezione "Folklore".

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