Il ciuccio napoletano tra sport ed esoterismo

Napoli è una città passionale, la casa delle arti, delle tradizioni e degli uomini. Il suo legame con il passato si percepisce nell’aria, girovagando per i vicoli permeati di antichi racconti e di usanze. Parthenope è conosciuta nel mondo anche grazie ad alcuni simboli, divenuti col tempo delle vere e proprie icone, diffondendo sovente l’immagine di una città – cartolina. La pizza, il Vesuvio, Pulcinella, il mare, Totò, chi più ne ha più ne metta… .

Tuttavia, alcuni simboli custodiscono una storia interessante e un significato misterioso, che, ancora una volta, ci svelano il volto esoterico e oscuro di una Napoli che sa incantare non solo per le sue bellezze paesaggistiche.

Tra i vanti di Napoli e dei napoletani, un simbolo che ha alle spalle una storia e che, dietro il velo della popolarità, cela un arcano simbolismo: il ciuccio, meglio noto come o’ ciucciariello, icona dell’ormai prestigiosa SSC Napoli.

il ciuccio

Il ciuccio: la mascotte del Napoli e dei napoletani

il ciuccioSe la Vecchia Signora vanta una zebra e l’Inter il biscione, a richiamare il simbolo visconteo di Milano, così come la Roma deve la lupa al suo glorioso e leggendario passato, al Napoli perché è toccato il ciuccio?

Le lancette dell’orologio devono andare indietro fino al 1926, anno di nascita dell’Associazione Calcio Napoli (l’attuale denominazione SSC Napoli compare a partire dal 1964). Il colore azzurro delle maglie, la seconda pelle del mitologico Maradona dei tempi andati, fu adottato per onorare la storia della città e dei Borbone. Il primo stemma ritraeva un cavallo rampante, simbolo di Napoli e del Regno delle Due Sicilie. Il Corsiero del Sole rappresentava l’indole impetuosa e passionale del popolo napoletano e di una città che era diventata dominante.

Nel 1926, l’Associazione Calcio Napoli intraprende il suo primo campionato nazionale, il cui insuccesso deluse i molti tifosi del club. In quell’occasione, nel bar “Il Brasiliano” un tifoso amareggiato esclamò:

Ma quale cavallo rampante?! Stà squadra nostra me pare ‘o ciuccio ‘e Fechella: trentrè chiaje e ‘a cora fraceta.

Secondo una leggenda popolare, Fechella possedeva un asinello malconcio, che utilizzava per i trasporti di vettovaglie e masserizie. Nei giorni seguenti, un settimanale satirico partenopeo, il “Vaco ‘e pressa”, paragonò in una vignetta il Napoli al ciuccio di Fechella. Da quel momento il ciuccio diventa l’emblema della squadra calcistica ed espressione del popolo napoletano.

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Capo-tifoso azzurro che guida il ciuccio in un giro di campo nello stadio San Paolo negli anni Sessanta.

Nel 1933, il giornalista fondatore del Mezzogiorno Sportivo, Felice Scandone, su Calcio illustrato così raccontò del ciuccio napoletano:

Il Napoli dei primi anni era proprio come quest’asino. Anche quando riusciva qualche volta a prendere il trotto (vale a dire quando otteneva qualche sporadica vittoria) era per…pochissimo tempo. La classica corsa dell’asino, insomma. Come e perché il “ciuccio” si sia trasformato in un bizzarro cavallino che quest’anno corre e corre (e come!) è ormai storia che tutti conoscono. Ma in quel di Napoli (e soprattutto in quelle tre confraternite di arcitifosi che sono la Torrefazione Azzurra, il Bar Brasiliano e la Birreria Amoroso) non vogliono sentirne di rinunziare al “ciuccio”. Forse perché si è, in fondo, sempre un po’ scettici, conoscendo la…natura del poco nobile animale (chi nasce asino non può morire cavallo…) forse perché si sono affezionati all’orecchiuto, forse anche perché il “ciuccio” è più intonato alla rumorosa, schietta e caratteristica allegria napoletana.
Sebbene il ciuccio napoletano sia diventato l’emblema di una tifoseria appassionata ed euforica, non si può ignorare il suo carattere fortemente esoterico, quell’aspetto che va oltre la realtà apparente delle cose.

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Il ciuccio napoletano

L’esoterismo dell’asino: oltre gli archetipi

Il popolo napoletano ha conferito al ciuccio la dignità che probabilmente questo quadrupede non ha da sempre ricevuto. L’asino, impiegato sia nella faticosa mansione di trasportare merci e uomini, sia come termine di paragone di un individuo sciocco o testardo, è un astro arcano nel cielo della simbologia.

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Seth-asino

Fra gli Ittiti e gli Hyksos, l’asino era ritenuto un animale regale e sapiente, in quanto dotato di orecchie lunghe, le quali rappresentano l’organo attraverso il quale si accede alla conoscenza del mondo sovrasensibile.

Il mito isiaco racconta la morte di Osiride per mano di Seth, rappresentato da un asino rosso, che qui assume una accezione negativa. L’opposizione Horus – falco e Seth – asino conduce ad interpretare il mito come il racconto di una lotta tra luce e tenebre. L’asino diventa sinonimo di morte, pur mantenendo la sua saggezza. Da questo mito sembra discendere l’intero aspetto negativo dell’asino, penetrato nel famoso Asino d’oro di Apuleio, fino alla moderna favola di Pinocchio.

Nell’antica Grecia, l’asino veniva sacrificato ad Apollo, il quale aveva trasformato le orecchie del re Mida in quelle di asino per aver preferito la musica di Pan alla sua. L’asino era anche la cavalcatura di Dioniso, come per gli eroi e i principi di India e Cina. Inoltre, nel mondo della cristianità l’asino ricopre ruoli positivi: viene scelto da Gesù per il suo ingresso a Gerusalemme e da Maria per la fuga d’Egitto. Tuttavia, i bestiari medievali attribuiscono all’asino significati demoniaci, in particolare all’onagro, una specie più selvatica, inteso come animale del crepuscolo.

Questi archetipi non impediscono di fornire una ipotesi inter nos relativa alla simbologia dell’asino. Il ciuccio ha a che fare con l’aspetto “grezzo” di noi stessi: una sorta di materia primordiale in attesa di trasformazione, un po’ come Lucio; è l’involucro che contiene una conoscenza (o coscienza) che deve essere ancora svelata e raggiunta.

L’uomo sta vivendo la fase dell’asino: una bestia da soma che soccombe sotto il peso di una società troppo materialista, nella quale c’è poco spazio per l’essere. Sotto la pelle d’asino c’è la spiritualità, una materia grezza in attesa di trasformazione.

E se Chagall poteva dipingere se stesso con la testa di un asino, immerso in una atmosfera onirica e favolosa, di certo noi possiamo accettare di essere un pò…ciucci!

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Chagall, Sogno di una notte di mezza estate

Giovannina Molaro

Bibliografia:

C. Gatto Trocchi, Enciclopedia illustrata dei simboli, Gremese Editore, 2004

N. Ordine, Simbologia dell’asino. A proposito di due recenti edizioni, in «Giornale storico della letteratura italiana», CLXI, 1984

Sitografia:

http://www.riccardocassero.it/ilciuccio.htm

https://angeloxg1.wordpress.com/2011/05/03/calcio_napoli_simboli_e_storia/