Crisi depressiva nei giovani: ecco le cause

Il periodo dell’adolescenza è, normalmente, il periodo critico per eccellenza in senso evolutivo: è, infatti, un momento di passaggio grazie al quale si entra a far parte del mondo adulto. Eppure non è raro osservare, negli ultimi tempi, tantissimi giovani affetti da crisi depressive che sfociano, nel peggiore dei casi, in episodi di suicidio.

Crisi depressiva Fussli
“Il silenzio” – Johann Heinrich Füssli

Nella società odierna, quella dell’apparenza, spesso si tende a sottovalutare il disturbo mentale perché non è possibile osservarlo concretamente: invece c’è, esiste e si manifesta nei giovani molto più di quanto possiamo immaginare. Cosa c’è dietro questi comportamenti?  Tutto nasce all’interno della famiglia, il luogo delle prime socializzazioni.

Giovani in crisi = famiglie in crisi.

Nel senso comune, si tende spesso a parlare di famiglie “normali” identificandole con ambiti familiari nei quali si vive serenamente, dignitosamente e lontani da qualsiasi forma di criminalità. Di conseguenza, i giovani di queste famiglie non dovrebbero manifestare alcun tipo di crisi depressiva. Tuttavia capita frequentemente di osservare il contrario. Come è possibile?

In sociologia si parla di famiglie funzionali e disfunzionali: per capire il concetto di famiglia disfunzionale, chiariamo quello complementare di funzionale (comunemente definita “normale”).

[Le famiglie funzionali] Sono formate da persone che sanno mostrarsi sensibili ai sentimenti, alle necessità, ai pensieri e ai desideri degli altri. Nelle famiglie funzionali tutti i membri possono liberamente esprimere cio’ che sentono, pensano o desiderano. I problemi vengono affrontati in modo aperto ed efficace. [1]

È  vero che la disfunzionalità di una famiglia è data soprattutto dai gravi problemi di droga, alcool e violenze; ma, nel caso più comune, è la mancanza di comunicazione ad impedire ad una famiglia di svolgere le proprie funzioni e a farla entrare in crisi. Potremmo quindi trovarci di fronte ad una famiglia nella quali non ci sono i problemi appena enunciati, ma comunque non potremmo definirla funzionale poiché carente nella comunicazione.

Bisogna tener conto, inoltre, che il giovane in crisi è stato un bambino non ascoltato, poco amato in quel momento fondamentale che, in psicologia, prende il nome di attaccamento. Il primo legame affettivo di ogni fanciullo è quello con la famiglia, in particolare con la figura materna: numerosi psicologi dello sviluppo hanno riconosciuto l’importanza del legame affettivo con la madre.

Gli studi di John Bowlby hanno portato alla conclusione che l’attaccamento è un passaggio fondamentale nell’infanzia ed è definito come un sistema dinamico di relazioni a base innata: il bambino sviluppa nel primo anno di vita una relazione speciale con la madre, rapporto che lo segnerà anche in quelli futuri. Inoltre, Bowlby e i suoi collaboratori si sono resi conto che l’attaccamento non è uguale per tutti, delineando diverse tipologie:

  • Attaccamento sicuro: il bambino ha un forte legame con la madre e, in un ambiente nuovo, esplora e interagisce con lei; in sua assenza è turbato ma si sente sicuro di sé.
Crisi depressiva attaccamento
Maternità – Gustav Klimt
  • Attaccamento trascurante: il bambino, in un ambiente nuovo, esplora ignorando la mamma ed è indifferente alla sua assenza. Ciò deriva dal comportamento della madre, molto attento ai bisogni fisici e poco a quelli emotivi.
  • Attaccamento insicuro-ambivalente: se la mamma risponde ai bisogni del bambino in modo imprevedibile e incoerente quest’ultimo, in un ambiente sconosciuto, non lo esplora e le resta attaccato morbosamente; in sua assenza piange.
  • Attaccamento insicuro-disorganizzato: il bambino è disorientato e ha spesso comportamenti contraddittori.

Sono le ultime due tipologie a fornire le basi per il carattere di adolescenti insicuri e inclini a crisi depressive: il giovane non ascoltato e con un legame debole con la famiglia ha più probabilità di sviluppare una personalità evitante, antisociale e timorosa di essere giudicata.

Esclusione dalla vita sociale.

La mancanza di comunicazione in famiglia si riversa anche nelle relazione sociali (scolastiche e non).                               Prendiamo in considerazione un libro (poi divenuto film): La solitudine dei numeri primi. Esso ci permette di capire come un legame debole con la famiglia possa rendere l’adolescenza un momento ancora più critico, accompagnato dalla solitudine suggerita dal titolo.

I due protagonisti, Alice e Mattia, si sentono “numeri primi” per via delle storie vissute durante l’infanzia; entrambi sviluppano una personalità caratterizzata principalmente dallo scontro generazionale con il mondo adulto e, nell’adolescenza, disagi psicologici (rispettivamente anoressia e autolesionismo). Sia il libro che il film sono un chiaro esempio di esclusione sociale, derivata da un rapporto insicuro con la famiglia.

Nell’epoca della globalizzazione, a peggiorare la situazione è la presenza dei new media che si fanno strada nelle vite degli adolescenti, ancor di più in quelle dei giovani in crisi. È normale osservare il mondo giovanile alle prese con le più disparate tecnologie senza accorgerci che, molti di loro, trovano un vero e proprio rifugio nel mondo virtuale, estraniandosi da quello reale.

Il passo, tratto dal libro “Sfamiglia” del sociologo Paolo Crepet, fa riflettere su come la famiglia disfunzionale e la presenza dei new media possano incidere profondamente sulla vita dei giovani:

Se -come avviene nel Nordest- più del novanta per cento delle donne lavora anche fuori casa, ciò significa che alle sette del mattino i tre-quattro componenti la famiglia stanno insieme per un quarto d’ora davanti a moka, latte e biscotti punto. Poi, la diaspora: a casa resta il gatto, o il cane, unico essere vivente che nel pomeriggio accoglie i più giovani,i primi ad entrare in base agli orari autoreferenziati delle nostre scuole. Altrimenti, pronti a emergere su chiamata del telecomando, ci sono esseri umani virtuali dentro la scatola-televisore o sulla superficie piatta del PC.

Per concludere, i disturbi mentali (giovanili e non) sono malattie a tutti gli effetti e vanno tenute sotto controllo a partire dalla più tenera età. Ovviamente, quella presentata è un’analisi sugli effetti più estremi: le crisi depressive adolescenziali non sono eventi rari, ma neppure si manifestano in tutti i giovani. Il più delle volte, infatti, l’adolescenza si presenta solo come un momento di passaggio, critico ma comunque destinato a svanire.

Alessandra Del Prete

Fonti

[1] Oliverio Ferraris Anna, Ma di famiglia ce n’è una sola, Il corriere della sera

Elisabetta Clemente, Rossella Danili- Psicologia. Mente Apprendimento Relazioni Educazione – paravia

Fonte immagini: Google