Scrittura e scrittoranti negli “Esercizi di stile”

Nella storia della letteratura europea la figura dell’autore ha subito numerose trasformazioni. In alcuni periodi totalmente anonimo ed in secondo piano, in altri vero e proprio vate del destino degli uomini, nel nostro tempo gode di una particolare rinomanza che lo vede al centro di un dilemma circa la sua stessa identità.
Raymond Queneau, nella sua attività letteraria, si è più o meno velatamente interrogato sulla figura dell’autore in quanto narratore, nello specifico interprete di un messaggio arbitrario, spesso insostenibile nella sua forma stessa o basato su idee senza vigore. Si passa dai primi esperimenti, in forma eterodiegetica, delineanti la figura del giovane intellettuale privo di talento e colmo di amor proprio protagonista de “Gli ultimi giorni” (1936), da Sally Mara, autrice irlandese inventata dall’autore quale sua controparte immaginaria, e nel cui nome fu pubblicato ad esempio “Troppo buoni con le donne” (1947); alla crisi del narratore incapace di afferrare la realtà dei suoi personaggi come in “I fiori blu” (1965), fino alla sua definitiva sconfitta per mano dell’indisciplinato protagonista d’inchiostro di “Icaro involato” (1968), fuggito dalle pagine del suo autore.

Tuttavia, la più precisa, sistematica – e perché no speranzosa – descrizione dell’attività dell’autore viene effettuata, circa a metà del suo percorso letterario, in quell’opera senza eguali nell’attività queniana e nella letteratura del nostro tempo, il grande catalogo delle forme della scrittura degli “Esercizi di stile”, pubblicato per la prima volta nel 1947.

esercizi di stile
Un giovane Queneau a colori

Il contesto degli Esercizi di stile

Sebbene pubblicata ben quindici anni prima della nascita dell’Oulipo, il gruppo letterario legato all’autore che ha consacrato il più vasto concetto di letteratura potenziale, l’opera queniana presenta comunque una contrainte di base, ovvero una implicita ‘regola’ compositiva che, fungendo da impalcatura allo scritto, ne assicura e ne motiva la genesi stessa.
Ispirata alla celebre “Arte della Fuga” di Bach, Queneau vi pone in evidenza una situazione estremamente banale, ovvero il racconto di un breve alterco su di un autobus sovraffollato, osservato da un terzo personaggio narrante, riprodotta però secondo diversi stili, in tutto 99, variando quindi un testo base che resta nascosto al lettore.

Gli stili di Queneau sono i più disparati, spaziando dal campo della forma poetica, del linguaggio narrativo o specialistico, delle figure retoriche e dei generi teatrali, alla parodia di certi atteggiamenti della scrittura contemporanea, di alcuni tic linguistici del quotidiano, fino alla semplice esecuzione di giochi di parole, come il lipogramma già attestato nell’antichità. Come ha dimostrato Umberto Eco, eccezionale traduttore dell’opera, Queneau negli “Esercizi di stile” si dimostra capace di padroneggiare la retorica applicandola ad un tema qualsiasi, la grande ribalta del ‘banale’ tanto presente nell’ottica del Novecento. Queneau lascia così trapelare un intento ironico ed umoristico, portando la regola al parossismo e realizzando una doppia comicità, sulle figure retoriche e sulla retorica generale come istituzione.

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Lo ‘scrittorante’

Questo riaffermare le regole della retorica classica, inoltre, mostra la sua visione della letteratura come mezzo per una primitiva (rispetto all’epoca oulipiana) affermazione al lettore dell’esistenza di regole coscienti e studiate, sebbene il suo compito sia quello di trovarne di nuove, più consone al pensiero moderno; regole che tengano conto di esercizi di stilelinguaggi evoluti, teorie nuove – come quella degli atti linguistici –, e che rispecchino quindi il pensiero novecentesco.

Come ha rilevato Stefano Bartezzaghi, basandosi sul titolo e la descrizione dell’opera, si ha l’impressione di ritrovarsi con un libro di didattica, quasi pensato per allievi; un’idea per niente fuori luogo, dato che l’espressione usata da Queneau all’interno della prefazione ad un’edizione preliminare è “Traiter le même sujet”: basti sapere che si tratta di una formula presa in blocco dal lessico scolastico francese del tempo; tuttavia, i ‘discenti’ di quest’opera sono i lettori, che assumono un ruolo centrale.

Infatti tutti gli esercizi che riguardano la figura del narratore convergono idealmente nel cinquantesimo degli esercizi di stile, dal titolo Maladroit (Maldestro in italiano), che secondo Bartezzaghi “È il punto in cui il piano dell’espressione degli Esercizi di stile si trova cucito con quello del contenuto, dove l’aspetto di manifesto letterario si salda indistinguibilmente alla struttura formale dell’opera”¹.
Nella versione in lingua originale sono espresse ansie e paure legate all’attività della scrittura, alla difficoltà dello scrivere sino all’uso stesso della lingua e delle sue strutture fisse, dal terrore della pagina bianca all’incertezza di afferrare le regole compositive, in uno stile estremamente colloquiale. Alla fine, il narratore non è in grado di raccontare l’alterco sulla linea S:

Je n’ai pas l’habitude d’écrire. Je ne sais pas. J’aimerais bien écrire une tragédie ou un sonnet ou une ode, mais il y a les règles.
Ça me gêne. C’est pas fait pour les amateurs. Tout ça est déjà bien mal écrit.²

In sintesi, si tratta di una vera e propria disamina dei mostri che la letteratura potenziale avrebbe in seguito tentato di combattere, e un limpido esempio dello stile dialogico appartenente a molti romanzi queniani.
Sulla falsariga di un noto proverbio francese, “C’est en forgeant qu’on devient forgeron” (=”È forgiando che si diventa mastro di forgia), Queneau conia, per bocca del ‘maldestro’ narratore dell’esercizio, “C’est en écrivant qu’on devient écriveron”, tradotto come “È scrivendo che si diventa scrittoranti“.
La frase, inserita da Queneau nella fascetta pubblicitaria che accompagnava l’edizione originale degli Esercizi di stile, rappresenta un vero e proprio invito alla scrittura, e la chiave di volta dell’opera.
Inoltre, l’identità d’autore delineata da Queneau è qualcosa di diverso da quella tradizionale preservata in Francia da alcuni luoghi di ‘culto’ delle lettere, come l’Académie Française o l’editore Gallimard, ponendosi in una veste alternativa dal grande ricamo di innovazione.

Possiamo immaginare che questo invito, questa nuova immagine di autore, assieme alla lista degli esercizi di stile non ancora sviluppati lasciataci dall’autore (e riportata nella più recente edizione Einaudi), consistano in una sua eredità: la trasformazione della letteratura in un gioco per tutti, fruibile da chiunque, magari grazie anche alle future scoperte e ai lavori oulipiani. In questa dimensione metaletteraria, il titolo e la citazione giocano in coppia, spiegandoci un vero fine dell’opera: il narratore impacciato trasla l’ammirazione del lettore per l’abilità queniana in un invito ad impadronirsi di queste tecniche. Gli esercizi di stile appartengono anche al lettore futuro scrittorante: avvezzo ad uno stile a tratti mordace, autoironico, pirotecnico ed incredibilmente efficace, in grado di rivelare notizie sul mondo, sulla società e sulla lingua con uno sguardo al di fuori da tutto, imparziale ed enigmatico.

Daniele Laino

Bibliografia:
Queneau R., Esercizi di stile, Ed. Einaudi con testo a fronte, a cura di U. Eco – S. Bartezzaghi.
1. Pag. 291.
2. Pag. 114.