Qualcosa è cambiato: l’analisi del film di Jack Nicholson

Sicuramente si parla di caso o di destino quando si uniscono le vite di tre personaggi completamente diversi e, chi più chi meno, fondamentalmente bizzarri.

Qualcosa è cambiato racconta tre storie di per sé tristi ma descritte in chiave ironica e divertente, perché James L. Brooks, il regista, non voleva di certo delle lacrime davanti allo schermo.

Qualcosa è cambiato Qualcosa è cambiato

Distribuito nelle sale cinematografiche nel 1997, la pellicola non solo ora si è aggiudicata un posto nella lista dei migliori 500 film mai prodotti, ma valse anche a far vincere il premio Oscar come migliore attore ed attrice protagonisti a Jack Nicholson, che aveva già precedentemente alzato due volte la statuetta d’oro, ed a Helen Hunt.

Qualcosa è cambiato: la storia

Melvin Udall (Jack Nicholson) è uno dei maggiori scrittori di romanzi rosa di New York, famoso e amato dal pubblico femminile, il cui unico problema risulata quello di essere razzista, misantropo, di soffrire di un disturbo ossessivo-compulsivo e fondamentalmente di non amare il genere umano o animale, tanto che lo vediamo alle prese con un tentativo di sbarazzarsi nello scarico dei rifiuti del cane del suo vicino di casa (Greg Kinnear, candidato all’Oscar come migliore attore non protagonista), tra parentesi pittore e gay dunque non proprio nelle grazie del protagonista. “Non bussi, non tocchi codesta porta, mai per nessuna ragione. Ci siamo capiti cuoricino?”

Qualcosa è cambiato

Ecco il secondo personaggio da presentare, Simon Bishop, un artista con una situazione familiare non proprio idilliaca alle spalle, che si ritrova ad essere aggredito nel suo stesso appartamento e a spendere tutto il suo patrimonio per le spese mediche. Purtroppo, questa è per lui una tragedia ma nessun male viene per nuocere ed, infatti, questo evento rappresenta il primo passo della strada del cambiamento di Melvin.

Non avendo nessun amico in grado di occuparsi del cagnolino Verdell o meglio nessuno desideroso di occuparsene, forse una piccola allusione del regista all’individualista e illusorio mondo della società elitaria, è proprio Melvin che viene designato come dog-sitter.

Che sia la presenza di un essere vivente senza alcuna grande pretesa e pronto a scodinzolare per ogni minima attenzione o semplicemente perché, privato della parola, Verdell non può sprecare con stupide chiacchiere il prezioso tempo del protagonista, fatto sta che dopo qualche settimana di convivenza forzata i due si ritrovano ad andare d’accordo e in Melvin qualcosa inizia a cambiare.

Qualcosa è cambiato

Finalmente arriviamo al terzo personaggio, Carol (Helen Hunt) cameriera del ristorante dove Melvin pranza tutti i giorni, madre single con un bambino affetto da gravi problemi d’asma che l’ospedale americano sembra non essere in grado o non interessato a curare; l’unica che riesca a sopportare il caratteraccio di Melvin e che stranamente venga da lui sopportata. Anzi più di sopportazione parliamo di un sentimento forte a tal punto da far sì che Melvin prenda a suo carico le costosissime cure mediche del bambino affinché Carol possa tornare a servirgli il suo pasto.

Ecco qui il caso, l’evento che riunisce i tre mettendoli nella stessa macchina in viaggio per accompagnare Simon a Baltimora a pregare l’aiuto dei genitori. Ma tra uno scrittore per il quale due chiacchiere con la vicina di casa terminano con un “Vada a vendere pazzia altrove, qui siamo già al completo” e un pittore depresso alla cui domanda “A cosa stai pensando?” risponde “A come morire soprattutto”, indubbiamente non si può presagire un viaggio tranquillo.

Ma alla fine qualcosa è cambiato perché un po’ alla “All you need is love” vediamo Melvin distaccarsi gradualmente, non senza problemi, dal suo stato di misantropia che lo aveva accompagnato per tutta la sua vita e ad aprirsi alle persone, spingendosi persino a dare asilo al pittore ormai senzatetto.

Ma per quanto la storia possa poi abbracciare i cliché delle commedie d’amore, con il rifiuto da parte di lei e il salvataggio in extremis di lui sorprendendola di notte sotto il suo appartamento, il film non perde nulla grazie all’interpretazione convincente di Jack Nicholson le cui battute da cinico pessimista sembrano seriamente essere frutto della sua mente… Che abbia conservato qualche ricordo del suo soggiorno al Overlook Hotel del 1980?

Celia Manzi