Il male per Agostino: l’errore che dà certezze

Il male per Agostino “non è una sostanza, perché se fosse una sostanza sarebbe un bene”. Il male, che appartiene all’universo del non-essere è una mancanza di bene.

Si fallor, sum

Non potevamo che iniziare così questa full immersion nella teoretica agostiniana; ai più accorti non sarà sfuggita la somiglianza con un’espressione più nota della storia filosofica, quella cartesiana (“cogito, ergo sum“). Andiamo con ordine e torniamo al nostro Agostino.

Agostino: “se mi inganno, sono”

Male
Cartesio pensa: “Male! Agostino mi plagia!”
Poi ricorda di non essere ancora nato

La citazione iniziale – la cui traduzione è “se mi inganno, sono” – precede “infatti chi non è, non può nemmeno ingannarsi”. Questa è una delle espressioni che Agostino usa per confutare lo scetticismo – che pure lo aveva affascinato in passato – il quale non può sconfessare quella verità, anche se fosse l’unica, secondo cui l’uomo ha certezza di sé poiché pensa e vive.

Come si arriva, dunque, alla verità secondo Agostino? Essa si scopre tramite la ragione che, tra l’altro, concepisce il mondo come governato gerarchicamente in quanto segue una scala di gradi dalla perfezione crescente; l’uomo, inoltre, capisce di conoscere, di essere e di vivere – vita, conoscenza ed esistenza sono attributi propri dell’uomo – e riesce anche a riconoscere la propria posizione nel mondo-scala.

Se dunque l’uomo è tale in quanto conosce, dobbiamo ora chiederci da dove provenga la conoscenza; per Agostino essa è attività dell’anima ed il Nostro è talmente convinto di ciò che afferma che ritiene veritiero quanto detto anche per quanto riguarda la sensazione. Quest’ultima è un’esperienza che l’anima compie per corpus – attraverso il corpo – in quanto è l’anima a dare vita al corpo stesso per poi servirsi degli organi di senso per arrivare alla rappresentazione.

Dio come prima verità

In realtà, per Agostino, “la facoltà più eccellente dell’animo umano non è quella con cui esso sente le realtà sensibili bensì quella con cui le giudica“; naturalmente è l’anima a possedere i parametri di giudizio perché il mondo esterno, che muta continuamente, non può certo fornirli. Esiste, però, una Verità che rende tali tutte le altre verità – chiamiamole minori per comodità: Dio.

Egli è artefice di verità che si trovano nell’anima ma che non possono essere state create da essa e Agostino, che vuole occuparsi anche di ciò che afferma la scienza, sostiene che “anche le conoscenze che sono trasmesse dalle scienze non possono essere comprese se non sono illuminate da qualcos’altro”. Rammentate l’Uno di Plotino, l’idea somma di Bene di Platone? Sono chiare le influenze di questi pensatori nel nostro Agostino?

In Agostino, a differenza di quanto invece sostiene Plotino, l’anima non è autosufficiente nel tentativo di arrivare alla luce e alla verità in quanto deve necessariamente rivolgersi a Dio; la filosofia vera allora è la vera religione dato il ruolo fondamentale di Dio nel processo di scoperta della verità.

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Plotino, indignato perché Agostino ha “preso in prestito” la sua idea

Da dove nasce il male?

Ora è tempo di porre una domanda fondamentale: “si Dues est, unde malum?” Insomma, essendo Dio creatore del mondo, ed essendo infinitamente buono, perfetto et similia, come è possibile che esistano dolore, peccato, male e sofferenza? Facile rispondere a questa domanda: il male non esiste.

Ricordate quando parlammo di Plotino e dicemmo che il male non ha realtà ontologica? Esattamente questo intende dire Agostino quando afferma che il male non esiste: privo di realtà ontologica, il male “non è una sostanza, perché se fosse una sostanza sarebbe un bene”.

Il male, che appartiene all’universo del non-essere è una privazione, una mancanza di bene; per intenderci, la sordità è certamente un male ma deve essere intesa come una mancanza, mancanza di udito. Abbiamo detto che sono molti i punti in comune con Plotino ma c’è una differenza fondamentale tra costui ed Agostino: mentre il primo ritiene la materia il primo male, Agostino è uno strenuo difensore della bontà che permea tutto il creato e tale bontà è perfettamente espressa dall’ordine che Dio ha conferito alla propria creazione.

Il male volontario, dunque il peccato, altro non è che la rottura di quest’ordine presente in ogni essere; il peccato è la scelta di un bene minore e non di uno superiore. L’uomo è in grado di commettere peccato perché possiede il libero arbitrio. Grazie al concetto di libero arbitrio si difende Dio dall’accusa di essere fonte del male tramite le sue creature.

Se l’uomo fosse in grado di fare solo il bene sarebbe dunque identico a Dio e ciò, naturalmente, non è possibile; il tutto si gioca nello spazio della libertà personale che rende l’uomo pienamente ed unicamente responsabile della scelta del male.

Con queste ultime considerazioni abbiamo concluso il nostro excursus nel pensiero agostiniano; in realtà tanto altro ci sarebbe da dire ma è bene proseguire ed andare avanti. Adesso conosciamo anche il pensiero del grande Agostino! Soddisfatti?

Luigi Santoro

Fonti

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Fonte immagini media I; II

Fonte citazioni: Agostino, De civitate Dei, XI, 26; Agostino, De vera religione, XXIX, 53; Agostino, Confessioni, VII, 12

Per ulteriori approfondimenti: F. Cioffi, Il testo filosofico II, Bruno Mondadori