Boezio e la Consolazione della Filosofia (De consolatione philosophiae)

In questo articolo ci occuperemo di Severino Boezio, autore del De consolatione philosophiae, che molta fortuna ebbe nel periodo successivo alla morte del filosofo, avvenuta per ordine del re Teodorico.

Boezio e il De philosophiae consolatione

Boezio
Boezio morì a 50 anni. Ditemi voi, ora, se questo qui sembra uno di 50 o di 500 anni. La filosofia fa male alla pelle.

Anicio Manlio Torquato Severino Boezio è stato un filosofo Romano vissuto tra il 475 e il 525 d.C. Obiettivo di Boezio è il recupero e la risistemazione di tutta la sapienza filosofica antica, dalla logica alla teologia; la modestia fatta persona, insomma.

Per il nostro Boezio, il mondo antico possiede un sapere unitario e certo che rende l’uomo assolutamente privilegiato rispetto a tutti gli altri esseri viventi; e questa sapientia tipica dell’uomo si incarna nella Filosofia che si presenta nel De philosophiae consolatione – è latino, non sono impazzito, non ancora almeno: La consolazione della Filosofia – come una donna la quale va a consolare Boezio nel carcere dove è rinchiuso.

Il De philosophiae consolatione è l’opera che Boezio compone attorno al 523 mentre, incarcerato a Pavia, attende la propria esecuzione; suddivisa in cinque libri, l’opera vede un sapiente uso del prosimetro, ovvero un genere letterario abbastanza raro che vede l’alternarsi regolare di prosa e poesia – Boezio se ne serve in modo talmente preciso che un certo Dante Alighieri lo userà come modello per la Vita Nova.

Nell’opera vediamo un Boezio privo di speranze, sconfitto dai malvagi sempre vincenti sul bene, che oramai ritiene irrealizzabili tutti i desideri e le ambizioni degli uomini; entrando nella cella di Boezio, il primo atto della Filosofia è quello di scacciare le Muse che tentavano invano (perché non la poesia, ma solo la conoscenza del vero può portare l’intelletto umano alla comprensione del reale e di quell’ordine invisibile che sta alla base degli eventi) di consolare il nostro Severino.

La Filosofia comincia quindi a dialogare con il proprio discepolo al fine di arrivare a comprendere la verità ma, per ottenere questo obiettivo, non bisogna che sia una filosofia qualunque a fare da strumento ma solo la vera Filosofia, quella di Socrate e dei presocratici, quella di Platone e di Aristotele; una Filosofia unica e invincibile.

Bisogna guardare come guarda Dio!

Boezio
Ecco lo sguardo di Dio che tutto vede. Inquietante.

Boezio, nel riprendere la neoplatonica tripartizione gerarchica delle facoltà della conoscenza umana parla di sensibilità (sensus), ragione discorsiva (ratio) e intelletto noetico e intuitivo (intellectus); per quanto riguarda la teologia e la metafisica, l’unico procedimento corretto è il terzo, quello dell’intellectus, perché, al fine di cogliere l’oggetto divino, che è di molto superiore alle capacità della mente umana. Quest’ultima si sforza di toccare le vette delle proprie capacità cercando di fare propria una visione intuitiva dell’essere in sé, visione che rispecchia il modo in cui la divinità coglie le cose.

Tale è dunque il fine della filosofia, perseguito da filosofi come Socrate, Platone e Aristotele, i quali hanno cercato di arrivare alla comprensione vera per poi insegnarla a tutti gli altri (Mito della Caverna, presente?); e questo elevarsi dell’umana mente alla funzione intuitiva dell’intellectus è un tentativo di divenire simili al modo di conoscere di Dio dato che “tutto ciò che è oggetto di conoscenza viene conosciuto non secondo la sua natura, ma secondo la natura e le capacità del soggetto conoscente” .

In questo continuo tentativo di perfezionare il procedimento conoscitivo sta la consolazione dell’uomo da parte della Filosofia – se non si fosse capito, con tutto questo parlare di divinità e di Dio, la teologia è la scienza più alta facente parte della filosofia; e infatti, nella consolatione, la Filosofia afferma che le sofferenze di Boezio derivano proprio dal suo non riuscire a elevarsi fino a guardare il mondo con lo sguardo di Dio.

Solo riuscendovi noterà come tutte le inconciliabilità che paventava – il destino dell’uomo è incompatibile con la giustizia e il bene, la libertà in contraddizione con la provvidenza divina et similia – derivino in realtà dalla discordanza tra conoscenza umana, per così dire – non voglio portarvi al suicidio – e conoscenza intuitiva, quindi divina:

la causa dell’oscurità di questioni di tale genere è nel fatto che il moto conoscitivo della razionalità umana non riesce a elevarsi fino alla semplicità della presenza divina; perché se, invece, si potesse riuscire a pensarla in qualche modo, più nulla resterebbe di ambiguo (…) tutto ciò che è conosciuto, infatti, viene compreso non tanto secondo la sua propria efficacia, quanto piuttosto secondo la capacità propria di chi conosce.

Dato che solo Dio è portatore della verità, la tensione dell’uomo verso la conoscenza intuitiva non ha fine in questa vita e la sapientia può solo aspirare a maggior perfezione affidandosi alle Scritture, tramite le quali la ragione umana riesce a far proprie verità cui non sarebbe mai giunta da sola e che sono superiori a qualsiasi comprensione intellettuale.

Luigi Santoro

Fonti

Fonte immagine in evidenza: www.reginamundi.info

Fonte immagini media: www.wikipedia.org; www.whitewolfrevolution.blogspot.com

Fonte citazioni: Severino Boezio, De philosophiae consolatione