Riccardo Cocciante: un profilo

Cocciante (1)

Sessantanove anni da poco compiuti (20 febbraio) per Riccardo Cocciante, cantautore, interprete, compositore e musicista nato a Saigon, in Vietnam, da padre italiano e madre francese.

Trasferitosi tredicenne a Roma, probabilmente per sfuggire al duro conflitto che sarebbe esploso di lì a poco nello stato asiatico (Guerra del Vietnam), inizia a farsi notare esibendosi nei club capitolini, fino a quando non riceve, nel 1972, un contratto con la RCA Italiana (casa discografica che ha lanciato, tra gli altri, De Gregori, Venditti, Dalla, Mango), per la quale esordisce nello stesso anno con Mu.

Il sodalizio artistico con l’etichetta durerà fino al 1982, per un totale di nove album.

Nel 1983 passa alla Virgin Records, registrando il nuovo album Sincerità negli Stati Uniti, insieme ai musicisti della rock band Toto. Nel 1989 si trasferisce a Miami, per poi tornare in Italia nel ’91, anno in cui trionfa alla quarantunesima edizione del Festival di Sanremo, con il brano “Se stiamo insieme“.

Si dedica, intanto, con sempre maggiore passione all’attività di compositore, che lo condurrà ad essere autore di tre opere musicali, quali Notre Dame de Paris (1998), Le petit prince (2002) e Giulietta e Romeo (2007), ispirate rispettivamente alle opere di Hugo, Antoine de Saint-Exupérì e Shakspeare.

Ha pubblicato anche dei 45 giri con gli pseudonimi di Riccardo Conte e Richard Cocciante, nome, quest’ultimo, con il quale è famoso anche in Francia.

Artista estremamente versatile, che si è ben diviso tra musica italiana, francese e musical. La sua più celebre marca di fabbrica è il modo di cantare, arrabbiato e disperato. Il suo difetto, invece, sta nel non aver saputo mai produrre un album che suonasse davvero perfetto. Ogni suo lavoro infatti, tolto davvero un paio, coniugava brani estremamente pregevoli ad episodi decisamente scialbi ed incolori

 

ALCUNI ASCOLTI (1972-82):

Mu (1972)

L’esordio avviene con un concept album di stampo filosofico-religioso, avvicinabile al progressive, genere che In Italia avrebbe avuto la sua esplosione proprio in quell’anno, con le opere prime del Banco del mutuo soccorso e della PFM (rispettivamente Banco del Mutuo soccorso e Storia di un minuto).

Album di nove tracce, suddiviso in quattro parti composta ciascuna da due brani, cui si aggiunge un’introduzione generale. Tra i musicisti Carlo Rustichelli.

Lavoro estremamente coraggioso, dalle sonorità molto particolari (sono utilizzati synth, sitar, flauto, arpa indiana) ma, nel complesso, poco assimilabile e un po’ confusionario.

Però merita un ascolto, soprattutto dagli amanti del genere!

mufront

 

Poesia (1973)

Per il secondo lavoro si scelgono, invece, sonorità più semplici, che fanno ricorso a testi d’amore abbastanza ingenui, scritti da Marco Luberti e Paolo Amerigo Cassella, insieme già a lavoro per testi di Fiorella Mannoia. Musiche di Cocciante.

Dieci tracce, il cui punto di forza sta nei cori (Lei, Asciuga i tuoi pensieri al sole), nei passaggi strumentali molto delicati, specie di chitarra (Poesia) e nell’evoluzione improvvisa di alcuni brani (E parlarle d’amore sarà imbarazzante).

Si consigliano quelli già citati e, in aggiunta, Soli, con tastiere e batteria incalzanti, che creano un atmosfera suggestiva.

 poesia

 

Anima (1974) 

Otto tracce, ancora testi di Luberti e Casselli, stavolta decisamente migliori.

In Bella senz’anima, in continuo crescendo, emerge la voce rabbiosa e graffiante di Cocciante, adattissima nel contesto. Quando finisce un amore è un altro brano riuscitissimo, con un inizio molto suggestivo, fatto di quelli che sembrano essere sospiri.

L’odore del pane è un bozzetto narrativo-riflessivo di solo piano, Se io fossi ricorda vagamente, nel suo inizio, il sonetto S‘i’ fosse foco, di Cecco Angiolieri

Altro brano interessante: Il mio modo di vivere.

anima

 

L’alba (1975)

Dopo il buon Anima, si torna a livelli più bassi. Ai dieci testi il solito Luberti, che lavorerà con Cocciante per altri tre album.

A salvare tutto ci pensa Era già tutto previsto, molto intensa. Non male il dialogo di Canto popolare. Discreti i due brani al piano Smania e La morte di una rosa. Evitabile il resto.

l'alba

 

 

Concerto per Margherita (1976)

Importante album di transizione, in cui cambiano notevolmente le sonorità, che si fanno più ricche e pompose. Il nome di “concerto” da l’idea di musica da camera, effettivamente molto presente nell’album. Aumentano a dismisura le parti strumentali. Testi più maturi e poetici (Primavera). Ad arrangiare i dieci brani Vangelis, compositore greco di musica elettronica. 

Di fatto è un concept album basato sull’amore. A passaggi bucolici e delicati (Inverno, Primavera), fa da contrappunto Violenza, racconto di uno stupro che spezza l’incanto. Quando me ne andrò da qui è un pensiero alla donna amata, in punto di morte.

Si consigliano: Margherita, Primavera, Inverno, con la sua tromba delicata e Quando si vuole bene.

concerto per m

 

Riccardo Cocciante (1978) 

Insieme ad Anima, il miglior lavoro dei ’70. Le sonorità ereditano tanto dall’album precedente. I testi, ormai, si fanno sempre migliori. Nove tracce. Le migliori: Notturno, Storie, A mano a mano, Stornello d’amore, La lunga strada.

riccardococciante

 

E io canto (1979)

Lavoro più pop del lotto, di nove tracce. Brani migliori: Qui nel mio cuore, Il treno, Canzone ad un amico, Piove, Il cappello.    

Io canto

 

ALTRI ASCOLTI:

Celeste nostalgia, Un buco nel cuore, Un nuovo amico (con testi di Mogol, storico paroliere di Lucio Battisti).

 

Roberto Guardi