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La teoria del tutto: il film su Stephen Hawking

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La teoria del tutto è un adattamento cinematografico del libro Verso l’infinito, scritto da Jane Wilde Hawking, ex moglie di Stephen Hawking.

Ed è solo con questa importantissima informazione che ci appare chiara la chiave di lettura del film: il punto di vista di Jane.

Infatti, nonostante il titolo rimandi al suggestivo appellativo con cui i fisici teorici indicano un’ipotetica teoria capace di spiegare tutti i fenomeni conosciuti con una sola e straordinaria equazione, in questo film non ci si concentra in modo preponderante sulle scoperte scientifiche di Hawking perché la questione centrale di tutto il film è ben altra.

Nonostante il titolo sia (forse volutamente) fuorviante, la scelta è insindacabile: si tratta di avere a che fare (per la prima volta nella filmografia dedicata a Hawking) con non più il genio della fisica, ma con un uomo che soffre di una malattia durissima visto e raccontato dalla donna che lo ama. Potremmo essere tuttavia indotti a pensare che il titolo vorrebbe intendere che è semplicemente l’amore incondizionato a darci la forza di andare avanti e superare anche gli ostacoli più duri.

Nonostante il punto di vista fosse proprio quello di Jane, però, le motivazioni che la spingeranno ad allontanarsi da Stephen sono analizzate e descritte in modo ambiguo e poco chiaro. Pare quasi che il suo allontanamento sia dovuto più ad una questione di comodità, a una ricerca di un uomo che si prenda finalmente cura di lei, cosa che Hawking effettivamente non ha mai avuto la possibilità di fare.

I sentimenti e le emozioni in questo film la fanno da padrona. Il direttore della fotografia (Benoît Delhomme) fa in modo che le luci e colori (grazie al color correction) siano strettamente connessi con le esperienze emotive dei protagonisti. Colori caldi e luce diffusa per i momenti sereni e colori freddi, ambienti chiusi e poco luminosi nei momenti difficili. Tuttavia i cambi repentini di filtro rendono il tutto artificioso e fastidioso, in alcune scene, poi, risulta poco chiaro quale sarebbe il motivo dell’uso di un fortissimo filtro blu.

Tuttavia, risulterebbe difficile non prestare attenzione a Eddie Redmayne, che ha dimostrato grandi capacità attoriali: ha magistralmente saputo accordarsi con i cambiamenti, soprattutto fisici, di Hawking senza farcelo mai apparire finto o esasperato.

Altro elemento di forza di La teoria del tutto è sicuramente la colonna sonora di Jóhann Jóhannsson: l’islandese è stato in grado di comporre una colonna sonora sempre elegante, efficace e mai invadente.

Durante il film ci sono comunque anche brani non originali: Wagner (il musicista preferito di Hawking) e nella sequenza finale c’è la Cinematic Orchestra con Arrival of the birds and transformation: brano che, sincronizzandosi perfettamente alle immagini che si susseguono, sicuramente riesce ad avere un grande impatto emotivo, rapendo e trascinando con sé lo spettatore.

«Guarda cosa abbiamo fatto», queste sono le parole del protagonista prima che il nastro si riavvolga e ci faccia ripercorrere tutta la loro storia; rivediamo tutti gli avvenimenti che in un modo o nell’altro hanno segnato la loro vita fino a giungere il punto in cui per la prima volta si sono scambiati degli sguardi.

Tirando le somme: James Marsh non riesce a entrare nell’intimità di queste due vite e a scavare nel profondo senza rendere tutto troppo sentimentalistico e artificiale: pur di arrivare a toccare le corde più elementari dell’empatia decide di manipolare la successione temporale di alcuni episodi (Jane che decide di concedersi a Jonathan e contemporaneamente Hawking che ha una crisi respiratoria e viene ricoverato d’urgenza) giusto per rendere questa scena strappalacrime e ricca di pathos.

La teoria del tutto non può essere considerato un capolavoro. Nonostante questo, però, è un film da vedere poiché ha comunque degli elementi oggettivamente belli e ben studiati: la recitazione dell’attore protagonista e lo straordinario lavoro di Jóhann Jóhannsson; i quali, anche da soli, valgono il prezzo del biglietto.

Cira Pinto

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Cira Pinto

Cira Pinto, nata a Torre del Greco l'8 dicembre del 1990. Cresciuta tra le videocassette Disney e le ginestre che tanto hanno ispirato Leopardi, decide il suo futuro accademico guardando ''Biancaneve e i sette nani''. Laureata al corso di laurea magistrale in Filosofia presso l'Università di Napoli Federico II con una tesi in Filosofia Morale dal titolo ''Il cinema come arte del tempo. l'analisi deleuziana, tra classicità e modernità''. Ha frequentato il corso di Analisi e critica cinematografica e quello di Sceneggiatura alla scuola di cinema, televisione e fotografia Pigrecoemme. Collabora con LaCOOLtura da gennaio 2015.

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