La storia del cavallo coniato durante la congiura dei baroni

La congiura dei baroni fu un movimento di risposta alla tendenza della monarchia aragonese di sperimentare, verso la metà del XV secolo  un nuovo modello amministrativo nel Regno di Napoli. Ciò avrebbe portato al superamento del sistema  feudale su cui si reggevano le strutture istituzionali e politiche del regno. A farsi portavoce di questo rinnovamento  fu il re Ferdinando I (Ferrante) il quale tentò di limitare il potere dei baroni e  accentrare nella figura del re tutta una serie di poteri e prerogative dell’aristocrazia terriera, m alla lunga ciò portò ad una reazione di quest’ultima: infatti nacque, come forma di protesta più o meno spontanea, una rivolta che prende il nome di congiura dei baroni

La risposta dell’aristocrazia

La reazione non tardò a manifestarsi. Il vento della congiura colpì il regno tra  1485 e il 1486. In quegli anni, alcuni baroni tentarono di tramare Ferrante, portando avanti un movimento sovversivo e rivoluzionario. Si suole indicare questo movimento come  congiura dei baroni. Questi ultimi infatti, cominciarono col denunciarono le nefandezze del sovrano aragonese a Innocenzo VII, con cui si allearono.

Sin dai tempi degli Angiò il pontefice  vantava influenze sia dirette che indirette nel regno. Inoltre erano presenti all’interno del regno isole papali, quali Benevento e Pontecorvo, che insieme a Terracina furono rivendicate dalla monarchia aragonese. La rivolta scoppiò all’Aquila il 26 settembre 1485, dove il presidio napoletano venne sconfitto e la città si subordinò all’autorità papale. Iniziò nella zecca cittadina una coniazione del tutto nuova: fu infatti battuto una variante del cavallo, a nome di Innocenzo VIII.

Il Cavallo aragonese

La congiura dei baroni
Cavallo aragonese di Ferdinando I

Il cavallo è un nominale in rame emesso per la prima volta a Napoli 18 aprile 1472 e poi nelle altre zecche del regno (Amatrice, Capua, Sulmona e L’Aquila). Questa nuova moneta recava al fronte l’effige del re, e sul retro un cavallo con la legenda EQVITAS REGNI, che stava ad indicare, con un gioco di parole inerente l’equitazione, un chiaro riferimento alla stabilità monetaria contro le frodi (in quanto questo nuovo nominale venne battuto in rame puro).

Si conoscono innumerevoli varianti del cavallo napoletano, ma tutte conservano gli stessi motivi iconografici. Ciò che cambia nelle varianti è la legenda o altre piccoli particolari, come la posizione della T nell’ esergo. Tuttavia, la fisionomia del cavallo coniato durante la congiura dei baroni si discosta profondamente dalla tipologia  standard.

Il cavallo aquilano: la moneta della discordia

La zecca dell’Aquila  aveva dunque coniato un nuovo cavallo a nome del papa Innocenzo VII.

La congiura dei baroni
Cavallo coniato all’Aquila durante la rivolta dei baroni

Sul fronte della moneta possiamo osservare le chiavi decussate e triregno entro un circolo perlinato. Sulla legenda vi è riportato ° +° INNOCENTIUS ° PP° VIII. Sul retro invece notiamo l’ Aquila coronata verso sinistra entro un circolo perlinato. La legenda riporta la dicitura * AQUILANA ° LIBERTAS*.

La congiura dei baroni
Variante poco comune del cavallo aquilano

Sia il fronte che il retro fanno dunque riferimento all’ autorità papale, che da quel momento aveva abbracciato la città ribelle, e che presto si sarebbe dovuta estendere nel resto del regno.

Del cavallo  preso in esame esiste una variante molto rara, di cui si conoscono pochi esemplari. Si differenzia soprattutto per il tipo di impugnatura delle chiavi decussate, che risulta essere ad anello.

Il cavallo e la congiura dei baroni: rarità e ribattitura

La congiura dei baroni
Cavallo aquilano ribattuto

I cavalli aquilani risultano abbastanza rari. Questo è dovuto sia al breve arco temporale nel quale furono coniati, sia al fatto che successivamente furono  ribattuti.  Tale procedura era abbastanza frequente nel medioevo: nel caso della congiura dei baroni,  la ribattitura delle monete coniate all’Aquila assunse un significato soprattutto ideologico.

Con la riconciliazione di Miglionico e con l’arresto e il processo dei baroni ribelli, la congiura rientrò. Non c’era più motivo di tollerare la circolazione di monete avverse all’autorità regia. Gran parte dei cavalli aquilani fu così ribattuta, in modo da eliminare, a livello monetario,  ogni traccia o riferimento alla rivolta.

Domenico Iadanza