Joseph Rudyard Kipling, lettera al figlio: “If…”

Joseph Rudyard Kipling è stato uno scrittore e poeta britannico nato nel 1865 a Bombay, in India, allora colonia britannica, da genitori benestanti. Dopo una breve parentesi adolescenziale di studio in Inghilterra, torna in India per intraprendervi la carriera di giornalista e scrittore. Dopo il successo dei romanzi di avventura “I libri della giungla” (1894-95), nel 1898 svolge l’attività di corrispondente di guerra in Africa meridionale, e durante la Prima guerra mondiale continua intensamente quest’attività dal fronte francese e italiano, nonostante in guerra abbia perso il suo giovanissimo figlio John. Kipling muore nel 1936, dopo aver dedicato gli ultimi anni della sua vita alla revisione delle proprie opere letterarie grazie alle quali era stato premiato con il premio Nobel nel 1907.

«In considerazione del potere dell’osservazione, dell’originalità dell’immaginazione, la forza delle idee ed il notevole talento per la narrazione che caratterizzano le creazioni di questo autore famoso nel mondo.»(Motivazione del Premio Nobel)

La lettera al figlio di Kipling

KiplingLa celebre poesia “If…” (“se…”) composta nel 1910 e inserita nella raccolta “Ricompense e fate” (“Rewards and Fairies”), Kipling la dedica al figlio John, tredicenne che quattro anni dopo si arruolerà volontario nell’esercito inglese impegnato in Francia contro i tedeschi morendo ben presto in battaglia. Il messaggio di Kipling è chiaro: vivere con pienezza la propria vita non è facile, ogni situazione va interpretata rispettando alcune regole interiori, l’umiltà, la pazienza, il coraggio, la tenacia, la sincerità, un giusto equilibrio fra immaginazione, sentimento e razionalità. Soltanto così, per Kipling, ogni istante dell’esistenza avrà significato, in quel viaggio breve ma fondamentale di cui ognuno sarà il protagonista, non soltanto spettatore.

“Se riesci a conservare il controllo quando tutti

Intorno a te lo perdono e te ne fanno una colpa;

Se riesci ad avere fiducia in te quando tutti

Ne dubitano, ma anche a tener conto del dubbio;

Se riesci a pensare e a non fare del pensiero il tuo scopo;

[..]

Se riesci a far fronte al Trionfo e alla Rovina

e trattare allo stesso modo quei due impostori;

Tranne la Volontà che dice loro: “Tieni duro!”

Tua è la terra e tutto ciò che è in essa,

E – quel che è più – sei un Uomo, figlio mio!”

Quasi tutta lirica è imperniata sulla ripetizione anaforica dei Se, che scandisce una seria di periodi ipotetici e lasciati provvisoriamente “in sospeso”, per trovare la proposizione “reggente” soltanto negli ultimi due versi, dove il discorso del poeta trova il proprio coronamento: se farai così…sarai un Uomo!

Probabilità e certezze

Il destinatario del messaggio è il figlio del poeta; ma la lirica esorbita dalla sfera privata di Kipling per estendersi a tutta una generazione di giovani che si accingevano, in quegli anni, a fare ingresso in una società sempre più complicata, tecnologica, conflittuale, allargata su spazi mondiali fino ad allora sconosciuti. A questa generazione il poeta si rivolge mettendola in guardia, esortandola a non prendere la vita come un gioco comodo da svolgere distrattamente: la vita che i giovani devono aspettarsi sarà molto complessa, prevede Kipling, malgrado tutte le occasioni e le incalcolabili ricchezze offerte dalla nuova società novecentesca. Per riuscire ad essere se stessi, i giovani dovranno far proprie e seguire alcune regole di comportamento, delle ipotesi di percorso.

Ragione e sentimento

Kipling anticipa tutta una serie di situazioni scomode, spiacevoli e controverse, che al figlio John capiterà di dover affrontare, trovando possibili, ma non facili, soluzioni. Quel che preme al padre è far capire che occorre mantenere la fiducia in se stessi ed affrontare ogni circostanza con atteggiamento critico ed equilibrio, cercando di cogliere validi insegnamenti sia dalle cose positive che da quelle negative. Occorre pertanto avere fiducia in se stessi, ma allo stesso tempo ascoltare le critiche; avere giusto equilibrio sapendo dosare la ragione e il sentimento; non esaltarsi nel Trionfo e non abbattersi nella Rovina, che Kipling ritiene “due impostori”, e all’occasione saper rimettersi in gioco e ricominciare tutto da capo; tenere in egual considerazione i potenti e gli umili; e infine valorizzare ogni istante concesso dalla vita. Racchiudendo tutte queste virtù, conclude Kipling, il figlio sarà padrone del mondo e di tutto ciò che appartiene alla sfera umana. Dicendo “Tua è la terra” il poeta si riferisce ad un equilibrio spirituale: capire la realtà, essere in armonia con se stessi e col mondo, questo significa essere Uomo: individuo partecipe nel costruire i veri valori in un inno alla vita con la premura che solo un padre verso suo figlio può avere.

Maurizio Marchese

Fonti:

Rudyard Kipling, Poesie, a cura di Ornella De Zordo, traduzione di P.Bottalla e S.Miliani, Milano, Mursia, 1987