The Happy Prince: analisi del film su Wilde

Rupert Everett è sia regista che attore, nel film The Happy Prince. Everett è Oscar Wilde, il famoso esteta, autore di romanzi come Il ritratto di Dorian Gray, maestro di opere teatrali quali L’importanza di chiamarsi Ernesto, aforismi, poesie, e fiabe, come Il principe felice.

The Happy Prince: l’amore per Oscar Wilde

È il 1897, Oscar Wilde (Rupert Everett) è appena uscito dalla prigione. La sua condanna? La sua omosessualità. Probabilmente accusato dal suo amante Alfred “Bosie” Douglas (Colin Morgan), Wilde fu condannato a due anni di carcere e lavori forzati. In prigione scrisse la famosa lettera “De profundis” indirizzata a Douglas.

Una volta uscito di prigione, Wilde arriva a Dieppe. Qui assume la fittizia identità di Sebastian Malmouth,e trascorre i suoi giorni con gli amici Reggie Turner (Colin Firth) e Robert “Robbie” Ross (Edwin Thomas). Oscar non ha più rapporti con sua moglie, Costance Lloyd (Emily Watson) e i suoi due figli.

Nonostante abbia cercato di nascondere la sua vera identità, Wilde viene presto scoperto, divenendo vittima di atti di omofobia. A questi reagisce con veemente violenza, disgustato dall’ipocrisia che ha riscontrato non solo nella sua terra natia, ma anche in Francia.

Decide quindi di scrivere al suo vecchio amante Bosie, causando la gelosia di Robbie che lo ama profondamente. Bosie e Wilde riparano a Napoli, alloggiando in una villa a Posillipo. I due danno vita a orge omosessuali sotto gli occhi sconcertati delle donne che abitano in villa. I problemi sorgono quando la madre di Douglas non invia più al figlio i sussidi per sostenersi. Offre 200 sterline a Wilde e la rendita al figlio, come premio per la loro necessaria separazione.

The Happy Prince

Cosi i due si lasciano, e nel mentre, la moglie di Oscar muore. Wilde torna a Parigi, incontra Bosie che frattanto ha ricevuto l’eredità del padre, divenendo ricco. Douglas non aiuterà mai il suo vecchio amante, costretto a vivere di stenti. Conoscerà anche due fratelli parigini. Con il maggiore avrà rapporti, mentre il più piccolo gli chiede la fiaba del Principe felice.

Wilde avrà grossi problemi di salute, e sul letto di morte chiederà l’estrema unzione cattolica. Morirà dopo aver raccontato la fiaba, che narrava anche ai suoi figli, tra i suoi unici amici rimasti.

Al funerale è presente anche Douglas, il quale avrà una discussione con Robbie. Quest’ultimo gli contesta di non aver mai aiutato l’amico nei momenti di difficoltà. Douglas è però convinto che le sue parole sono dettate dall’invidia, perché Robbie non è mai stato ricambiato da Oscar. Tuttavia, si scoprirà che sarà Robbie ad essere seppellito accanto a Wilde, mentre Douglas morirà di stenti, e solo, nel 1945.

The Happy Prince: la prima esperienza da regista per Rupert Everett

Rupert Everett ha sempre amato Oscar Wilde. Lo considera come Cristo, umano e divino al tempo stesso. Everett ha condotto una lunga pièce teatrale riguardo Wilde per anni, per convincere i finanziatori alla produzione del film. Ci è riuscito, ma ha anche affermato che è stata una lunga lotta. Everett è empatico nei confronti di Wilde. Si sente, in parte come lui. Non paragona il suo genio alla sua bravura di attore e regista, ma la vita si.

Everett, come Wilde, è gay. Come lo scrittore, Everett è giunto a Londra provenendo da altre città. Gli anni in cui il regista è approdato nella capitale inglese erano però gli anni 70. Anni in cui da poco l’omosessualità era diventata un tema scottante e trattato alla luce del sole. Everett ha affrontato tutto il cammino LGBT, divenendone parte.

Per il regista, interpretare Wilde è stata una grande occasione. Lo scrittore è descritto nel suo lungo cammino, “dagli allori all’inferno”. È circondato dai suoi pochi affetti, dall’amore così complicato per un uomo egoista e narcisista come Douglas. Nei pochi flashback del film, si nota un Wilde molto paterno con i suoi figli. Saranno proprio loro le ultime apparizioni sul letto di morte.

Raccontare Wilde, ma soprattutto la sua morte, è stato per Rupert un viaggio quasi autobiografico. Everett ha ricordato, nella morte dell’autore (che fu, forse, per sifilide), il cammino luttuoso dei suoi amici morti per AIDS.

Wilde è descritto come un uomo particolarmente dinamico, altamente snob, un po’ lussurioso. Tutto sommato un amante della vita e del buon gusto. Sono drammatiche le scene della non più malcelata omofobia della quale Wilde è vittima. Molto ambiguo anche il rapporto con la moglie. Wilde prova affetto per la donna, e si sente in colpa per averla fatta soffrire così tanto.

Riguardo l’esperienza da regista, per Everett è stato importante l’apporto del direttore della fotografia. Questa è infatti splendida nella pellicola. Everett è andato anche incontro a trasformazioni, per meglio interpretare la parte. Gli sono state aggiunte delle protesi dentarie, e delle grosse imbottiture, e parrucche. Wilde teneva molto all’acconciatura, alle vesti stravaganti. E poi era un uomo molto grosso e alto, dai denti sporgenti.

Everett non sa se la prima esperienza da regista sarà anche l’ultima. Ha però ammesso che il lavoro da regista diventa sempre più complicato, e che è “troppo vecchio” per poter iniziare una nuova carriera. È certamente notevole il lavoro fatto per “The Happy Prince”, un film che illustra con voluttuosità, lentezza e malinconia la vita di un grande genio.

Aurora Scarnera