Vacanze e turismo: ha senso parlare di tempo libero?

tempo liberoUna volta scoccato il solstizio d’estate, si alzano le colonnine di mercurio e si dà il via al periodo dell’anno più caldo, più giocoso, più spensierato. Si parla di vacanze estive per bambini e studenti, e delle ferie pagate per i lavoratori che desiderano “staccare la spina” – come si fa alle macchine – per godere del famoso, e tanto desiderato, tempo libero.

Iniziano così le corse alle prenotazioni e al riempimento delle valigie, accompagnate dalle lunghe code sulle autostrade e dai check-in negli aeroporti e negli hotel.  Le vacanze estive – che sono la trasposizione in larga scala del weekend – sono indispensabili per la rigenerazione degli italiani e della popolazione occidentale; tuttavia esse sembrano un “dovere”, come si può dedurre dalle parole dello scrittore e giornalista Stefano Bartezzaghi:

Rilassarsi è la laicissima forma di sacralità incarnata nel weekend, e non significa una cosa sola. È il dolce far niente, ma è anche il contingentamento strenuo dei tempi, fra attività sportive e parasportive, culturali e paraculturali, sociali e parasociali. Il jogging, lo shopping, l’happy hour, il brunch, lo zapping… il weekend diventa tutto un weekending, una somma di gerundi che si fanno sostantivi, durate che diventano cose: da fare.[1]

L’analisi presentata da questo articolo prende spunto da quest’estratto e si propone di rispondere ad una semplice domanda: ha ancora senso parlare di tempo libero?

Tempo libero, sappiamo cos’è?

La scansione del tempo è completamente legata all‘attività umana: il concetto in sé non ha origine ed è universale, ma la sua divisione e gestione è legata ai contesti storico-sociali. La società post-industriale ha un ruolo di spicco nel discorso sul tempo, il quale viene associato ai ritmi lavorativi; tutto ciò che non è lavoro – e quindi non procura profitto – viene definito tempo libero, nettamente separato dal primo. Libero da cosa? Dal lavoro, appunto.  Per fornire  una definizione del loisir è possibile ricorrere alle parole del sociologo Joffre Dumazedier, primo studioso del concetto.

Questo tempo è concesso all’individuo dalla società quando quest’ultimo ha assolto, in base alle norme sociali vigenti, i propri impegni professionali, familiari, socio-spirituali e socio-politici. L’individuo si libera quindi  a modo proprio della fatica rilassandosi, della noia divertendosi, della specializzazione professionale sviluppando in maniera seria le capacità del corpo o dello spirito. [2]

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La tipica vacanza proposta dai tour operator.

Una forma speciale di tempo libero: le vacanze

Tornando all’estratto di  Bartezzaghi, è possibile sottolineare l’attenzione non sul concetto generale di tempo libero ma su una delle sue attività. Dopo aver parlato di doveri del weekend, si parla di doveri del periodo estivo: è necessario prenotare, viaggiare, spostarsi da casa, così da poter rispondere in modo soddisfacente alla domanda: “cosa fai quest’estate?”

Insomma, si deve organizzare una vacanza! Il termine, inteso come spostamento e viaggio, è un fenomeno antico quanto l’uomo ma espresso, con il passare del tempo, in forme e modi diversi. La prima differenza riguarda lo status sociale: se, prima dell’800, viaggiare era sinonimo di ricchezza, in epoca moderna nasce il turismo di massa, concentrato sul motto “tutti e dappertutto”. I turisti non vivono più a stretto contatto con gli abitanti dei luoghi visitati ma usufruiscono di strutture lontane dai centri abitati. Nascono, successivamente, i tour operator, agenzie specializzate nella vendita di pacchetti vacanze completi di alloggio, trasporto, assicurazione e tutti i servizi necessari ai viaggiatori.

Si crea, così, un mercato nel quale il prodotto da vendere è il tempo libero degli italiani e dei cittadini occidentali, il quale viene acquistato al prezzo più stracciato possibile. Tuttavia, secondo la definizione di Dumazedier, il tempo libero dovrebbe essere lontano dall’attività lavorativa; invece esso ne diviene la merce principale.

La scelta delle vacanze e i falsi bisogni

Il concetto di tempo libero, per il senso comune, è certamente positivo, sinonimo – come già citato – di liberazione, di perfezionamento di sé, di riposo. Il contesto sociologico, però, non risparmia il loisir da critiche negative. 

La domanda che è possibile porre, al termine di quest’analisi, riguarda la scelta: sono gli italiani – o in generale gli occidentali – a scegliere le proprie vacanze? I sociologi della Scuola di Francoforte condurrebbero la risposta sul concetto dei falsi bisogni. Le vacanze, come qualsiasi altra forma di tempo libero, manipolano le coscienze generando negli individui bisogni che non dipendono dalla loro volontà; così facendo, l’individuo crede di aver bisogno di una vacanza, affida l’organizzazione a esperti del settore e crede di scegliere tra le offerte preconfezionate che in realtà sono già strutturate dalla società.

Ne deriva, in questo modo, la creazione di un popolo di turisti i quali si spostano verso zone altrettanto turistiche grazie ad un circolo vizioso il cui unico denominatore è il tempo libero. Com’è possibile tutto ciò? L’individuo vede il tempo libero non come una risorsa – come, ad esempio, l’otium greco – , ma come una condanna; esso è tempo vuoto che va riempito con l’offerta estiva migliore possibile.

Buone Vacanze.

Alessandra Del Prete

Fonti

[1] S.Bartezzaghi, Il tempo libero preso per la coda, da “La Repubblica”, 31 marzo 2004

[2] Joffre Dumazieder, Sociologia del tempo libero, Franco Angeli Editore, 1993

Per maggiori informazioni: http://www.treccani.it/enciclopedia/tempo-libero_(Enciclopedia-delle-scienze-sociali)/