Istituzioni totali: le conosciamo davvero?

Le istituzioni totali nel tempo

L’istituzione totale è un particolare caso di organizzazione sociale – da considerarsi alla stregua di quella scolastica o sanitaria – che presenta la propria gerarchia di ruoli e regole, una propria burocrazia e, di conseguenza, un luogo fisico di riferimento: ciò che distingue le istituzioni totali rispetto a qualsiasi altra organizzazione è la principale caratteristica della presenza, al suo interno, di gruppi di persone per un periodo di tempo significativo. Per fare alcuni esempi, potremmo identificare come istituzioni totali gli ex manicomi, gli ospedali psichiatrici, conventi, collegi e, tra quelle più diffuse attualmente, le carceri.

Tutti i generi di istituzioni totali appena citati hanno radici antiche – basti pensare alla vita di Gertrude, la Monaca di Monza raccontata nel celebre romanzo manzoniano – e presentano tutte gli stessi caratteri: l’allontanamento e l’esclusione dell’individuo dalla società e il conseguente controllo (psicologico e fisico) operato su di esso. Discorso estraneo è quello del carcere, il quale rappresenta un’organizzazione abbastanza recente: nel Settecento, infatti, il termine prigione era utilizzato non con il significato moderno ma solo come luogo di detenzione – spesso associata alla tortura – prima dell’esecuzione pubblica del condannato.

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Fotogramma della serie tv American Horror Story ambientata in un ospedale psichiatrico nel 1964

Altri luoghi di tortura erano i manicomi, istituzioni totali fino al 1987, anno in cui la legge Basaglia ha consentito la chiusura dei manicomi come luoghi di supplizio lasciando il posto ai Centri di Salute Mentale, caratterizzati dall’apertura e dal dialogo fra paziente e medico e anche dall’abolizione di metodi di contenimento fisico quali isolamento e camicie di forza.

Quando il controllo sociale annulla i diritti

Qualsiasi società complessa che presenti un fitta rete di istituzioni esercita, attraverso esse, un controllo sociale, una serie di meccanismi che permettono il rispetto di norme socialmente accettate. Nel caso delle istituzioni totali, il controllo non avviene solo attraverso sanzioni o interiorizzazioni delle norme, ma anche attraverso l’appropriazione del tempo, dell’attività e, è opportuno aggiungere, della dignità delle persone. 

Uno degli assetti sociali fondamentali nella società moderna è che l’uomo tende a dormire, a divertirsi e a lavorare in luoghi diversi, con compagni diversi, sotto diverse autorità o senza alcuno schema razionale di carattere globale. Caratteristica principale delle istituzioni totali può essere appunto ritenuta la rottura delle barriere che abitualmente separano queste tre sfere di vita. [1]

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Asylums – Erving Goffman

Le parole citate sono quelle del sociologo Erving Goffman, uno dei primi a definire il concetto di istituzione totale nella sociologia della vita carceraria. Nel suo saggio-indagine Asylums, Goffman ha operato una denuncia nei confronti degli ospedali psichiatrici, ma le sue riflessioni possono essere ricondotte a qualsiasi genere di istituzione totale, compreso il carcere. Un detenuto, o un internato, secondo Goffman, rischia di avvicinarsi al meccanismo della spoliazione, il rischio di perdere la propria identità e la propria essenza umana per acquistarne una nuova, standardizzata, controllata dal sistema giudiziario: il detenuto diventa un fantoccio da sminuire e sradicare dal proprio contesto sociale.

Tenendo presente che il saggio del sociologo è stato pubblicato nel 1961, potremmo aspettarci, ad oggi, una situazione totalmente diversa. A tal proposito ritengo opportuno citare l‘articolo 27 della Costituzione Italiana:

La responsabilità penale è personale.[…] Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.

Il seguente articolo ribadisce la responsabilità di ognuno di noi di fronte ad un reato commesso, che va necessariamente punito, e il fine dell’istituzione carceraria: la rieducazione. Ma è realmente così? La situazione descritta da Goffman è cambiata?

La problematica centrale della situazione carceraria italiana è quella del sovraffollamento: spesso la capacità delle carceri è di gran lunga inferiore alle persone che realmente vivono al loro interno. Ma non è l’unico problema. Si sente spesso dire che “un detenuto esce dal carcere più criminale di prima“: quest’espressione contrasta palesemente con la funzione reale dell’istituzione penitenziaria descritta dalla Costituzione. Ciò avviene perché, nella maggior parte dei casi, i detenuti sono lasciati a loro stessi, senza un vero programma di riabilitazione sociale, nel peggiore dei casi trattati con violenza e superiorità da parte dei supervisori. Che genere di rieducazione è questa?

Un caso analogo è quello dei moderni Centri di Salute Mentale, che, ovviamente, non hanno nulla in comune con i vecchi manicomi, ma che in alcuni casi ancora non possono definirsi efficienti: l’uso – o l’abuso – di psicofarmaci e la violenza psicologica celata attraverso sguardi di disprezzo, rappresentano il crollo emotivo dei pazienti diversamente abili e mentalmente instabili.

Tutto è una conquista, anche le cose più scontate. Penso a cose semplici come fare una doccia, curare la salute, dormire su un cuscino, fare una passeggiata, una visita medica. Nulla può essere dato per scontato [2]

La situazione delle carceri e degli istituti psichiatrici non è sicuramente universale: esistono luoghi in Italia cheistituzioni totali effettivamente restituiscono dignità alla persona umana, attraverso la reintroduzione nel mondo del lavoro, i colloqui con psicoterapeuti e professionisti del settore; ma è pur vero – ed è effettivamente dimostrato – che numerosi di essi non hanno perso la connotazione data da Goffman di istituzione totale, per la tendenza a limitare l’identità sociale dei detenuti. In uno stato dovrebbero esistere queste differenze? Dovrebbe esserci questo tipo di disattenzione? È necessario essere fortunati nello scontare una pena e avere realmente la possibilità di essere rieducati e riabilitati? 

Alessandra Del Prete

Fonti

[1] Erving Goffman. ASYLUMS. Le istituzioni totali: i meccanismi dell’esclusione e della violenza. Trad. it. di F.Basaglia, Einaudi, Torino 2010

[2]  lettera di un ex detenuto ad Antonio Crispino e al Corriere della Sera – Una valida testimonianza

Per maggiori informazioni: Dal corpo al non corpo in una istituzione totale: il carcere – Foucault e Goffman

E.Clemente R.Danieli, Sociologia. Contesti e problemi del mondo socio-politico, Pearson Italia, Milano, 2012