Tarantismo: un ritmo per l’anima del Mezzogiorno

Le origini del Tarantismo

Il Tarantismo è un fenomeno storico-religioso che si diffuse nell’Italia meridionale (soprattutto in area salentina), dal Medioevo fino al ‘700 ed inizi ‘800. Le sue origini sono da ricercarsi nel mondo antico, nelle tradizioni delle civiltà classiche che attribuivano alla musica una funzione catartica e terapeutica; basti pensare ai riti dionisiaci delle Baccanti praticati in tutta la Grecia. Con l’avvento del Cristianesimo, questi orizzonti mitico-rituali entrarono in crisi; i nuovi credi esaltavano figure femminili più riservate e meno contrastanti con quelle precedenti maggiormente calate in atmosfere magiche, ritenute troppo eccessive poiché troppo “invasate”.

Tarantismo
Donna tarantolata

Fu in questo contesto che divenne significativo il riferimento a San Paolo, protettore dei “tarantolati”. Gli antichi rituali finirono così per riversarsi nella pratica del tarantismo, da cui poi deriverebbe la tipica espressione morsicato dalla tarantola o ancora più gergalmente detto ” tene l’artèteca “ per esprimere un senso d’inquietudine ingovernabile, accompagnata da un’irrefrenabile frenesia irrazionale.

Tarantismo
Tarantola su tamburello

Il morso della taranta riguardava per lo più donne appartenenti al mondo contadino, che, pizzicate dal ragno, cadevano in uno stato di trance, di depressione ed inerzia, dal cui torpore si destavano al suono di una musica segnata dal ritmo del violino, della fisarmonica e del tamburello (detti “strumenti di cura”) che inducevano la “morsicata”  ad eseguire una danza forsennata e delirante, quasi ossessiva.

L’importanza della musica nel tarantismo

Tarantismo
Musicanti e tarantolata

Secondo credenze popolari, il tarantismo era una vera e propria malattia causata dal morso della Lycosa tarantula  che provocava questo stato di malessere generale dove musica, danza e colori rappresentavano gli elementi fondamentali della guarigione. Taranta – morso- veleno diventano simboli capaci di risolvere i conflitti dell’inconscio. Si trattava di un vero e proprio esorcismo musicale coreutico-cromatico. Il ragno finisce per assumere qui un valore metaforico, diviene infatti un animale carico di significati negativi e positivi presso moltissime culture, può rappresentare: la laboriosità da un lato ed il morso che avvelena dall’altro.

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La terra del rimorso –
De Martino

Ad approfondire lo studio del fenomeno fu l’antropologo Ernesto de Martino  nel 1959 che scrisse molto a riguardo (“Il mondo magico“, “ La terra del rimorso“, ” Sud e magia “, ” Il ritorno del Dio che balla“); egli attribuiva al reale morso della taranta il pretesto per risolvere traumi, frustrazioni e conflitti interiori. La musica diventa l’elemento principale; la “tarantata” giaceva al suolo o sul letto, udendo il ritmo incalzante cominciava a torcersi, a muovere la testa e le gambe, strisciando sul dorso quasi ad identificarsi con il ragno.

Alzatasi poi in piedi, iniziava a ballare come quasi a voler scacciare il ragno stesso, come a voler lottare contro l’insetto, immaginando di calpestarlo ed ucciderlo con il piede che batteva la danza. Passo su passo cercava il suo equilibrio spirituale fino a perdere i sensi e, stremata, crollava a terra. Come se ci fosse una morte simbolica seguita da una nuova rinascita! La donna tarantata si diceva così graziata da “Santu Paulu” e, condotta presso la cappella, beveva l’acqua sacra del pozzo, sinonimo di purificazione. Questi erano definiti i giorni della tarantolata, giorni speciali durante i quali alle donne era concesso di fare ciò che volevano; una sorta di Carnevale dove le classi subalterne si riscattavano dalla precarietà della condizione in cui vivevano.

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Folla riunita intorno alla tarantata

La figura di san Paolo all’interno del tarantismo è collegata alla leggenda che narra come il santo un giorno, durante le sue predicazioni in Giudea, si ritrovò circondato da serpi, vipere e bisce che riuscì a scacciare con il segno della croce.

Il tarantismo oggi

Tarantismo
ballerina di taranta

Studiosi moderni attestano  che la pratica del tarantismo si fonda sul principio della bio-energetica: il passaggio da un’energia bloccata attraverso la danza (dal caos al cosmo) ; uno stato di malessere psico-fisico che trova risoluzione proprio nel momento musicale. Come se la musica vorticosa contribuisse ad armonizzare le forze in lotta e ristabilisse l’equilibrio a tal punto da poter parlare di musico-terapia. Il tarantismo oggi è quasi del tutto scomparso nella sua forma originaria o, tutt’al più, si è evoluto sotto altri aspetti, essendo mutate le componenti socio-economiche, storico-culturali e religiose che ne erano alla base.

Si sente parlare di nuovi tarantati o tarantati del terzo millennio, ovvero di nuove generazioni che, affascinate dalla musica popolare legata proprio a quelle ataviche tradizioni e ritualità, riportano in auge sempre con maggiore frequenza quelle melodie battenti divenute oramai parte integrante del panorama folkloristico che contraddistingue l’Italia del sud.

Tarantismo
“tammorra battente”

Assistiamo così al passaggio dal tarantismo alla taranta intesa come ballo che, se un tempo, costituiva un rito di guarigione quasi paragonabile alle pratiche sciamaniche, oggi è motivo di divertimento e parte integrante del repertorio di tradizione popolare. L’ancestrale fenomeno del tarantismo ha definitivamente perso il carattere negativo di esclusione sociale per divenire patrimonio culturale di grande importanza che rivaluta un genere musicale in cui si riconosce l’identità di un popolo.

Pizziche tarantate, balli di san Vito, danze in cui si simulano corteggiamenti o anche combattimenti tra uomini (Torre Paduli), notti della taranta (Melpignano) etc… sono l’esempio di una musica che sembra conservare intatta quell’energia capace di farci danzare la vita ed incontrare gli altri!

Pasqualina Giusto

Bibliografia:

“Il mondo magico”, “La terra del rimorso”, “Sud e magia”, “Il ritorno del Dio che balla” di Ernesto De Martino

Fonti Multimediali:

https://www.youtube.com/watch?v=igUTPVPdA-E