Better Call Saul – Torna presto Jimmy Scivolone!

E Vince Gilligan disse: “Facciamo Better Call Saul a immagine e somiglianze di Breaking Bad, e domini sulle reti televisive, quelle streaming e anche nelle recensioni”.

Da questa reinterpretazione in chiave analogica del mistero della creazione dell’uomo, possiamo subito introdurre l’argomento Better Call Saul, serie spin-off di Breaking Bad con cui si sono aperte le danze della serialità dell’anno nuovo e che, rispettando ogni aspettativa, ha raggiunto ottimi risultati di solito sia in quanto a scenografia che caratterizzazione dei personaggi. Nata da una costola della serie madre – per continuare, insomma, sulla scia delle metafore – Better Call Saul si è conclusa da pochi giorni dopo una prima stagione di dieci puntate (la seconda è in programma per i primi mesi del 2016).

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Parallelismi, e guardate un po chi c’è in Better Call Saul? Tuco Salamanca! Che sarà protagonista della seconda stagione dello spin-off neanche a pensarci su due volte.

Better Call Saul: un bilancio

Ed ecco come nella Bibbia della serialità moderna, alla voce “Vangelo secondo Vince Gilligan”, siamo subito pronti ad aggiungervi un altro stupefacente prodotto che merita di ampia considerazione, dal momento che è riuscito a fare di un personaggio marginale, di cui bene o male si conosceva ben poco, il poliedrico protagonista di una storia non così tutta rose e fiori, anzi una vicenda che a tratti assume espressioni seriamente drammatiche.

Saul Goodman diventa James “Jimmy” McGill, o per gli amici “Jimmy Scivolone”, un ragazzotto molto intelligente e dalle indubbie doti oratorie che, dopo aver passato i migliori anni della sua gioventù fra truffe, raggiri e vita di strada, decide di ripagare se stesso e suo fratello, che lo aveva tirato fuori da guai, laureandosi in legge e abilitandosi alla professione di avvocato.

La storia è sapientemente impianta su diversi fili conduttori, attraverso i quali siamo portati a conoscere sempre più da vicino i momenti topici della vita del protagonista, interpretato da un a dir poco convincente Bob Odenkirk:

Slippin’ Jimmy

Il primo è quello che abbiamo imparato a conoscere come “Jimmy Scivolone”, soprannome che il futuro Saul si faceva dare ai tempi in cui bazzicava la Chicago di notte e, insieme al suo amico Marco, metteva su truffe su truffe. Un ritratto spensierato e divertito di un uomo senza scrupoli e morale alcuna, sposato e ancora senza un lavoro; Jimmy vive giorno per giorno, si sbronza, si vendica dell’amante di sua moglie defecandogli addirittura nell’auto e, senza accorgersi dei due bambini al suo interno, finisce dietro le sbarre per molestie sessuali. Insomma, sarà solo grazie a suo fratello Chuck, avvocato di prestigio dello studio HHM, se Jimmy tornerà libero.

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James McGill, attorney at law

L’evoluzione di “Jimmy Scivolone” prende le sembianze dell’avvocato James McGill. Ebbene sì, il megalomane Jim segue le orme di suo fratello, verso cui si sentirà sempre in debito, e diventa avvocato. Respinto dallo stesso studio in cui da tempo ha solo portato il caffè – si pensa perchsaul-1.4-hanging-chad-e1424795019154é non in ottimi rapporti con Howard, il direttore della HHM – James decide di mettersi in proprio e di fare tutto da solo, lavorando onestamente e senza troppi sotterfugi. Il risultato, be’, sarà uno studiolo arrangiato sul retro di un salone di bellezza, tante scartoffie inutili, neanche una segretaria e due casi potenzialmente decisivi a cui lavorare. Si specializza in diritto per gli anziani, dedicando anima e corpo ai suoi clienti e venendo rispettato da tutti men che meno proprio dal fratello Chuck, che intanto ha maturato una specie di allergia all’elettricità (ragion per cui non esce di casa da almeno un anno neanche a prendere il giornale) e che sta tramando alle sue spalle perché non venga assunto alla HHM.

Better Call Saul: epilogo promettente

Ed è a questo punto che, proprio nelle ultime puntate (con particolari riferimenti al finale della 1×10 “Marco”), iniziano a porsi le vere basi del mito del personaggio di Breaking Bad, di quell’avvocato che, di fronte alla possibilità di venire assunto in uno studio in California e iniziare lì una nuova carriera, fa marcia indietro e volta pagina, sicuro di intraprendere un nuovo inizio, una nuova vita. “To do the right thing” diventa solo un ricordo nella filosofia di un uomo ormai evoluto, che non distingue più il giusto dallo sbagliato, perché l’importante è solo fare il proprio lavoro. Un po’ la filosofia, se vogliamo, dello schivo e zen 1939866_908688325826567_6542396210698827744_nMike Ehrmantraut, il tirapiedi più onesto degli Stati Uniti si potrebbe dire, fantastico nell’interpretazione di Jonathan Banks e anch’esso incredibilmente forte e definito, nonché protagonista assoluto dell’episodio migliore della prima stagione (1×06, Five-O).

E sulle note di Smoke on the Water dei Deep Purple, Better Call Saul si abbandona ad un finale tipicamente “gillighiano”, che potrebbe concludere una serie piuttosto che una stagione, praticamente senza colpi di scena evidenti o situazioni in sospeso (nessun cliff hanger, perché forse lo è a suo modo già Breaking Bad). Non nascondiamo che è tanta la voglia di tornare in quel di Albuquerque e di scoprire davvero come il primo Saul si sia messo in proprio, come abbia iniziato a interfacciarsi con la criminalità e, soprattutto, quali siano stati i prezzi da pagare.

Regia a cui si deve rimproverare davvero poco, quella di Gilligan e Gould, che è quasi maniacale, spasmodicamente attaccata ai particolari, a volte ossessiva, ma funzionale a creare un clima realistico e sospeso tra il tragico e il comico. Significativa la scarsa presenza di colonne sonore, quella sigla breve e un po’ country che solo a vederla fa molto “caldo deserto del New Mexico”, quel jingle dell’ascensore della HHM che sembra forse esserci entrato nella testa anche quando dormiamo.

Insomma, per questa volta mettetevi comodi e aspettate un anno. Abbiamo visto tanto di Breaking Bad in Better Call Saul e magari, nell’attesa, potremmo illuderci di fare il contrario. Iniziate a prendere posto, perché se questo è proprio uno spin-off di “quella” serie lì, allora two is megl ca uan.

Ah, stickers! (Cit)

Nicola Puca

Fonte immagine in evidenza: www.vertele.com