Il dialogo interreligioso tra apertura e identità

Si è tenuto ieri, Martedì 3 marzo 2015, presso il Seminario vescovile di Nola la presentazione del libro di Francesco Iannone, Una Chiesa per gli altri. Il Concilio Vaticano II e le religioni non cristiane (Cittadella Editrice). Tre i relatori intervenuti al convegno: il Rabbino Vittorio Bendaud, coordinatore dell’associazione Fondazione Maimonide; il Padre Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terra Santa; l’Imam della Moschea di Milano Yahya Pallavicini, vicepresidente della Comunità Religiosa islamica italiana.

Il dialogo: una questione di identità

I relatori hanno subito messo in evidenza l’originalità del libro di Iannone nel quadro della letteratura di riferimento. L’imam Pallavicini, infatti, ha fatto notare che il libro non si esaurisce in una raccolta di documenti conciliari né in una descrizione di esperienze personali. L’autore ha invece svolto un lavoro per così dire interdisciplinare in un dialogo interno tra sforzo di comprensione umana, teologica e intellettuale.

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Il Concilio Vaticano II

Anche il rabbino Bendaud ha messo in evidenza il fatto che i saggi sul dialogo interreligioso partano di solito dalla storia delle relazioni tra la Chiesa cattolica e le altre religioni, per poi proseguire con i documenti del Concilio Vaticano II (1962-1965), e principalmente da Nostra Aetate. A Iannone viene invece riconosciuto il merito di aver affrontato il tema del dialogo interreligioso anche alla luce delle quattro costituzioni dogmatiche, a partire dalla Lumen Gentium. Ad uno sguardo superficiale, la svolta conciliare potrebbe sembrare solo il tentativo di creare uno spartiacque rispetto al passato: il tentativo di ristabilire una relazione amichevole col popolo giudeo.

In effetti, se a partire dall’Illuminismo il dialogo era inteso soprattutto in funzione della pace sociale, i padri conciliari optarono per un salto di qualità. Essi non videro infatti nel dialogo solo un’esigenza secolare, ma soprattutto un modo autentico di vivere la propria fede. Solo nel confronto con l’altro, la Chiesa poteva meglio penetrare il mistero di se stessa, con la capacità di ripensarsi nella continuità. Una delle grandi novità del Vaticano II fu quindi, anche se spesso non colta nella sua specificità, il dialogo come questione religiosa.

La fatica del dialogo interreligioso e il rischio dell’altro

Tutti i relatori si sono espressi contro la banalizzazione del dialogo interreligioso che non può vivere solo delle suggestive istantanee degli abbracci tra i leaders. Né d’altro canto il dialogo si può fondare su calcoli strategici, ddialogoi bassa politica della convenienza, o sulla pretesa di convincere l’altro. Secondo Padre Pizzaballa il dialogo con l’alterità crea sempre una tensione che costringe a ripensare se stessi e a rivedere le proprie convinzioni. Il dialogo interreligioso è quindi come un pellegrinaggio che ci fa fissare i confini per poi superarli, preservando però la propria identità. Aprirsi al dialogo vuol dire però esporsi anche alla sconfitta e all’incomprensione, anche se il fine non è quello di raggiungere un accordo.

Qual è il principale ostacolo del dialogo? Per l’Imam Pallavicini è l’incapacità di sapersi relazionarsi prima di tutto con Dio e poi col prossimo. Spesso il dialogo interreligioso è mortificato dalla saccente pretesa di sapere tutto dell’altro, proiettando su di esso le proprie costruzioni. Per questo il dialogo spesso diventa di fatto un monologo che impedisce ogni relazione. La vera apertura all’altro è scomoda perché comporta anche lo studio delle altre religioni ed esige onestà intellettuale.

Una Chiesa per gli altri

In conclusione, l’autore ha ricordato che la Chiesa non può mai essere per se stessa. L’aver fatto dell’altro l’ospite d’onore del Concilio ha permesso alla Chiesa di comprendersi meglio. Il Vaticano II però si svolse negli anni della fiducia, con papa Giovanni XXIII, il presidente Kennedy e Krusciov. Se il credente è un esperto di incontro, cosa può fare negli anni della paura? Questo l’angoscioso dilemma a conclusione della presentazione seguita con interesse da una sala colma di gente. Ha moderato il dibattito il prof. Pasquale d’Onofrio.

Ettore Barra