House of Cards: la terza stagione è gradita

Dal 27 febbraio i venerdì sera su Sky Atlantic hanno acquistato un sapore diverso, che solo chi ormai è avvezzo alla caccia di serie tv ‘con gli attributi’ può fiutare. La terza stagione di House of Cards è uno di quei ritorni che si aspetta con la stessa ansia con cui si marina la scuola per la prima volta, quando davvero non si sa cosa aspettarsi. E a questo proposito verrebbe subito da fare i più sentiti ringraziamenti a Netflix, il colosso dello streaming online che ha reso possibile iniziare a concepire il mondo dei telefilm in maniera diversa. La prima tv di House of Cards in Italia, infatti, risale solamente al 9 aprile dello scorso anno, e pensare che in meno di un anno si è riusciti ad offrire ai telespettatori una mole di prodotto che, in altri casi, avremmo dovuto aspettare fremendo per almeno un triennio, mette quel tanto che basta questa serie ad un alto indice di gradibilità.

Dove eravamo rimasti?

Frank Underwood (Kevin Spacey), freddo uomo politico e astuto stratega e calcolatore, finalmente ha concluso il suo iter politico, che da un posto mancato come Segretario di Stato lo ha condotto pian piano a diventare il Presidente degli Stati Uniti d’America. Non male, insomma, per chi crede che il potere sia tutto. Anche più dei soldi. D’altra parte, è forse questo uno dei punti su cui la serie ha voluto più insistere nelle prime due stagioni e che, inevitabilmente, nella terza cerca di inquadrare sotto un altro punto di vista. Raggiunto il potere, infatti, diventa difficile tenerselo stretto; e se dalle prime inquadrature dell’episodio pilota il buon vecchio Underwood sembra nel pieno controllo di sé e della situazione, così tanto da degnarsi addirittura di orinare sulla tomba del padre senza la minima paura di essere visto da qualcuno, andando avanti le impressioni verranno ben presto smentite. Il nuovo presidente degli Stati Uniti d’America, infatti, non riscuote il benché minimo gradimento tra la popolazione che, come poi avverrà per i membri del suo stesso partito, lo considera alla stregua di un mero tappabuchi, che sta solo occupando lo spazio temporale necessario tra il dimissionario Walker e le presidenziali del 2016.

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Foto direttamente dalla scena della cena di gala organizzata in occasione della visita del presidente russo Petrov alla Casa Bianca. Come saprete, non sarà un incontro perfettamente proficuo (House of Cards, 3×03).

Siamo nel 2014 e la maggioranza al Congresso vacilla, Underwood ha nominato  vicepresidente un fantoccio messo nello studiolo ovale a fare da comparsa e davanti a lui la necessità di dover compiere scelte drastiche lo mette a dura prova anche al cospetto dei governi stranieri, che sembrano rispettarlo fin troppo poco. Al presidente sembrano essere rimasti veramente vicini solo pochi eletti, dal fedelissimo Mitchum come sua guardia del corpo, passando naturalmente dalla moglie Claire e l’inarrivabile Doug.

House of Cards è ancora una questione di ‘frankocentrismo’?

Checché se ne dica, per quanto la terza stagione di House of Cards, complici anche i diversi cambi alla regia, abbia come obiettivo il rivelarsi non più solo come un semplice telefilm riguardante la politica, il soggetto principale della scena rimane – anche se in maniera non così evidente – ancora Frank, sconfortato e inspiegabilmente a tratti debole. Dietro di lui, però, questa volta emergono alcuni tra i personaggi che fino a poco tempo prima gli avevano fatto solo da ombra, e che non esiteranno a mettere sotto pressione lo stesso uomo del quale in passato hanno più volte avuto paura mista a profondo rispetto.

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Uno dei momenti di House of Cards in cui il reale si fonde con l’impossibile: Frank Underwood viene colto dalla moglie Claire sconfortato e in lacrime. Inizierà in questo frangente una, e la sola, delle scene di sesso più inquietanti mai viste.

Ed ecco venir fuori la first lady, Claire, che desidera avere sempre più un ruolo di prima importanza nell’amministrazione pubblica, tanto da convincere il marito a farsi nominare (con qualche difficoltà) Ambasciatrice alle Nazioni Estere, ma ancora di più Doug, che dopo anni e anni al servizio del suo fedele e rispettato amico, potrà ben presto diventare un nemico agli occhi di Frank. Sotto questo aspetto, infatti, le prime due puntate si incentrano stranamente sulla figura del fido aiutante, che avevamo lasciato in bilico fra la vita e la morte, e che ora ritroviamo, qualche mese dopo, in perfette condizioni mentali, anche se l’incidente ha pregiudicato alcune delle sue facoltà motorie.

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Douglas Stemper ritrova, dopo l’incidente, il suo amico e capo il presidente Frank Underwood (House of Cards, 3×02).

La terza stagione di House of Cards, in onda ogni venerdì sera su Sky Atlantic, si prospetta paradossalmente concentrata su un aspetto della vita politica che più volte abbiamo dimenticato di tirare in ballo, e cioè l’umanità. Dopotutto, anche i più potenti un giorno perderanno; attenzione, perché questa volta gli ostacoli degli obiettivi di Frank potranno non più essere solo delle leggi non varate o un mucchio di sondaggi negativi sul suo operato, ma qualcosa che intacchi più da vicino le sue debolezze, i suoi rapporti più intimi. A buon intenditor poche parole.

Nicola Puca 

Fonte immagine in evidenza: finalreel.co.uk

Fonte media: seriangolo.it  /melty.es