Estinzione del Devoniano: la fine dell’età dei pesci

Le estinzioni di massa sono periodi nei quali la vita sull’intero pianeta si avvicina pericolosamente al tracollo totale. Gli ambienti e gli ecosistemi sono colpiti a livello globale da profondi scombussolamenti , che fermano di fatti la proliferazione della biodiversità e mettono a serio rischio l’esistenza delle specie.

Gli studiosi hanno osservato cinque eventi, denominati Big Five, nei quali si sono verificati a livello globale grandi fenomeni di estinzione. Se alcuni di questi sono vicini ad una ricostruzione soddisfacente, altri, come quello del tardo Devoniano, sono maggiormente avvolti nel mistero, e si è ancora lontani dall’individuare cause plausibile che possono aver messo in ginocchio il mondo in quel periodo.

Il Devoniano: l’età dei pesci

Il Devoniano fu un periodo molto florido per la biodiversità. La vita esplose negli ambienti acquatici, dove si differenziarono tantissime specie di animali e di piante. I fondali marini conobbero una straordinaria ricchezza di organismi, sia per abbondanza che per diversità: l’alta distribuzione di coralli, che formavano strutture a barriera assai diverse e molto più estese di quelle odierne, e le biocostruzioni delle stromatoporoidi, delle spugne che conobbero la fine proprio col Devoniano, caratterizzavano gli ambienti marini di quel periodo. Questi offrivano habitat a tantissime altre forme di vita, sia tra gli invertebrati che tra i vertebrati, che stavano conoscendo una prolifica radiazione evolutiva.

devonianoL’ambiente di scogliera fu dominato dai brachiopodi, ma si ritrovano anche fossili di ammoniti, trilobiti ed echinodermi. I vertebrati si diffusero in ambiente marino, ma spopolarono letteralmente nelle acque basse e negli estuari: si differenziarono con successo radiazioni di enormi placodermi, pesci corazzati, gli acantodi, i dipnoi e i primi squali, per arrivare ai primi tetrapodomorfi, pronti ad uscire dalle acque, per “cercare fortuna” in nuovi ambienti.

Le terre emerse invece conobbero i primi colonizzatori nei scorpioni, nei millepiedi e negli altri artropodi che per primi vi si avventurarono, cominciando ad esplorare il nuovo mondo verde che si era creato attorno agli spicchi d’acqua. In un primo momento si diffusero soltanto alcuni ragni, acari ed insetti apterigoti; successivamente si diversificarono con successo. Questi animali erano predati dai vertebrati che cominciavano ad occupare le nicchie rappresentate dalle acque basse e la costa circostante.

Le prime piante terresti apparvero già sul finire del Siluriano: essere erano piccole e simili a giunchi, ed erano strettamente legate all’ambiente acquatico, rimanendone fortemente dipendenti a causa del sistema radicale a tubero. A partire dal medio Devoniano invece si diffusero equiseti e licopodi arborei in tanti ecosistemi.

La misteriosa estinzione del Devoniano

Con l’estinzione di massa del Devoniano circa l’82% della vita sul pianeta scomparve. Sebbene non fu il fenomeno più violento tra quelli dei Big Five, essa è forse quella riguardo cui il rimangono più interrogativi ancora da chiarire. Di fatti non si riescono a riconoscere le cause scatenanti, in modo da ricostruire questo evento in maniera precisa.

I paleontologi hanno riconosciuto diverse fasi di mini-estinzioni lungo un ampio arco temporale, che coinvolge i periodi Frasniano e Femeniano, cominciando circa 390 milioni di anni fa e terminando 367, quasi sul finire del Devoniano stesso.

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Un placoderma

Durante questi eventi furono colpiti maggiormente gli ambienti marini, e tra questi soprattutto quelli di acque basse e di scogliera. La crisi colpì infatti direttamente le barriere coralline e le biocostruzioni sponginee, che vantavano un’estensione immensa. Ciò causò un collasso globale degli ecosistemi di acqua costiera, decretando il declino di tutti gli organismi ed esso legati, cosicché gli habitat del Famenniano risultarono assai diversi rispetto a quelli del Frasniano. Molte specie di coralli, come i tetracoralli, scomparvero insieme alle stromatoporoidi e altre spugne silicee, con danni indiretti ai brachiopodi (già assai colpiti durante l’estinzione dell’Ordoviciano) ed ai bivalvi.

Anche le specie bentoniche di acqua bassa risentirono degli effetti del

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Acantodi

collasso: gli enormi pesci corazzati placodermi si estinsero, e la stessa sorte toccò alla maggior parte degli acantodi, anche noti come squali spinosi. Tra i microrganismi il fitoplancton pelagico costiero conobbe il più alto tasso di estinzione mai registrato.

La ricostruzione di questo periodo ha portato all’osservazione di forti fluttuazioni climatiche, con un abbassamento globale della temperatura. Le specie di acqua profonda e quelle dulciacquicole conobbero infatti diversa survivorship, essendo più adattate ai climi freddi.

L’estinzione fu selettiva per le specie che vivevano nei pressi dell’equatore, mentre quelle di alte latitudini furono risparmiate. Questo perché il tracollo è molto probabilmente legato a fattori climatici, causati secondo alcuni da fenomeni di up-welling, che hanno portato ad una risalita di acque anossiche, con effetti disastrosi per le specie che richiedono alti quantitativi di ossigeno, come appunto i coralli e gli altri costruttori di scogliera.

Lorenzo Di Meglio

Bibliografia

Micheal J. Benton – Paleontologia dei Vertebrati – Franco Lucisano Editore

Sitografia

http://www.bbc.co.uk/nature/extinction_events/Late_Devonian_extinction