Antoine Fuqua ha presentato al cinema il suo ultimo lavoro, “Southpaw“, uscito nelle sale italiane il 2 settembre 2015 dopo un battage pubblicitario fatto di poster desaturati, immagini di Jake Gyllenhaal grosso il doppio con il sangue sparpagliato tra pettorali e paradenti, trailer che illustravano con cura la trama fin quasi alla fine, urla da ring, Rachel McAdams tutta curve e gomme da masticare, l’“I am phenomenal” della voce di Eminem strillato su titolo e schermata nera. So fuckin’ cool. Mh.
Soggetto e sceneggiatura (spoiler)
Billy Hope (Jake Gyllenhaal) è un campione dei pesi medio-massimi, e ha già vissuto il suo sogno americano: è cresciuto in orfanotrofio, è vero, e ha pure affrontato galera e
Bene. Chiaro il concetto: Hope è felice. Concetto successivo: nulla è per sempre. La povera Maureen all’improvviso non c’è più. E quindi Hope perde la bussola.
Terzo concetto: se perdi la bussola va tutto in rovina. Al che, Antoine Fuqua avrebbe potuto non dare per scontata la docilità dello spettatore, il quale capisce facilmente dove tutto vuole andare a parare, ma forse storce il naso all’improbabilità con cui l’Universo nell’apparente giro di ventiquattro ore (la scansione dei tempi è affidata all’immaginazione dei più volenterosi) dà addosso al povero Billy Hope, troppo tonto per fare qualcosa in tempo. Insomma, tra dinamiche oscure e cattiveria dei cattivi, soldi casa e figlia se ne vanno tra debiti e droga.
A questo punto la fantasia va in vacanza, molto lontano. Un vecchio allenatore dei bassifondi accetta di raccogliere i cocci dell’ex professionista, lui un po’ si riprende, e allora gli viene proposto il grande match del riscatto, quello che, non si sa bene perché o come, risolverà tutti i suoi problemi materiali e morali, quindi montaggio casuale di lui che corre, salta la corda e scazzotta allenandosi, poi arriva il grande giorno, inizia il match, e Billy ne prende un sacco, ma poi, in un impeto di forza d’animo…
Gli interpreti e i personaggi
Oltre alla già citata Rachel McAdams, che recita troppe poche scene per permettere alla sceneggiatura di rovinare il proprio personaggio (scene di cui una in mutande e una da morta), abbiamo un agente (50 Cent)
Tutti totalmente insignificanti.
Lo scopo di Southpaw
Qual era lo scopo di Fuqua? Cosa voleva essere “Southpaw”? Qualche indizio ce l’abbiamo: tutto è buio e dai contorni marcati, la fotografia sporca e il sonoro graffiante, felponi neri e catene, un po’ di leopardato dove serve, e tanto sangue su occhi ammaccati.
Doveva essere la versione gangster di un film di pugilato, forse, un film di intrattenimento dalla trama banale ma dal forte impatto visivo. Ma tutto è disordinato, e soprattutto il montaggio è sgangherato, il giorno e la notte si susseguono in eterni grigiori, le scene concitate sono in realtà solo confuse, e tutto il resto è lento e noiosissimo.
Insomma, quale che fosse lo scopo iniziale, quello generale del film – tra dialoghi insensati e avvenimenti improbabili – è irreperibile.
Chiara Orefice