Golpe Borghese: storia, protagonisti e conseguenze

Il cosiddetto “Golpe Borghese” è stato uno degli eventi più oscuri e misteriosi della storia politica italiana. Questo colpo di Stato, seppur non riuscì ad essere attuato, rappresenta ancora oggi un punto di svolta. La sua pianificazione, infatti, avvenne nel cuore dell’Italia democratica, in un periodo dove il Paese cercava a tutti i costi di tagliare i ponti con il suo passato fascista.

Comprendere il Golpe Borghese vuol dire, inoltre, capire la fragilità dell’Italia tra gli anni Sessanta e Settanta. Un paese diviso, socialmente e politicamente, segnato da tensioni che lo resero vittima di complotti e deviazioni.

La storia del Golpe Borghese

La strategia della tensione

Per comprendere il Golpe Borghese, bisogna analizzare un altro fenomeno storico, politico e sociale: la cosiddetta strategia della tensione. Tra la fine degli anni Sessanta e per tutti gli anni Settanta, l’Italia usciva dal boom economico e affrontava una profonda crisi sociale ed economica. Il Paese viveva una fase estremamente instabile e mostrava fratture sempre più evidenti.

Da un lato cresceva un forte movimento studentesco e operaio, nato dal Sessantotto, che chiedeva riforme sociali radicali. Dall’altro lato il mondo conservatore rifiutava tali cambiamenti e vedeva quelle richieste come una minaccia. Il conservatorismo italiano e internazionale, infatti, nel clima della Guerra Fredda, temeva un rafforzamento comunista. Per questo motivo alcuni ambienti conservatori appoggiarono i movimenti neofascisti, come Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale.

Il primo atto simbolico di questo clima, definito dalla stampa britannica “strategy of tension”, fu la strage di Piazza Fontana del 12 dicembre 1969, attribuita proprio ai neofascisti.

Il progetto del Golpe Borghese

Con strategia della tensione, dunque, s’intende tentativi di sovvertimento dell’ordine pubblico attraverso azioni radicali come attentati e rapimenti. Nel sorgere di questo fenomeno, dunque, s’inserisce il Golpe Borghese, avvenuto la notte tra il 7 e l’8 dicembre 1970.

Il golpe fu progettato, sin dal 1969, da Junio Valerio Borghese, reduce della Repubblica Sociale Italiana, attraverso il suo movimento Fronte Nazionale, di forte matrice neofascista. Quest’ultimo trovò forte collaborazione tra i già citati movimenti neofascisti e settori delle Forze Armate, dei servizi segreti e del mondo politico, interessati a un sovvertimento dell’ordine pubblico in chiave autoritaria.

Il piano, infatti, fu abbracciato da tutti coloro che si ritenevano convinti che la democrazia italiana fosse troppo fragile per resistere all’instabilità. Avevano come obiettivo, dunque, quello di rendere l’Italia un paese sottomesso a un regime militare e autoritario, alla stregua della Spagna di Franco, del Portogallo di Salazar e della Grecia dei colonnelli.

Le intenzioni del piano golpista

Il Golpe Borghese prevedeva l’occupazione di ministeri politici chiave, come quello della Difesa e dell’Interno, dei sistemi di telecomunicazione, e dunque delle sedi RAI, e la deportazione dei dissidenti politici.

I dettagli del piano, annunciato al paese attraverso un proclama da leggere in seguito all’occupazione delle sedi RAI, furono poi scoperti dagli inquirenti in seguito alla vicenda. Borghese, intenzionato a porsi a capo del nuovo regime, aveva in serbo alleanze politiche con Spagna, Portogallo e Grecia, paesi, come già accennato, affini al suo piano politico.
Inoltre, metteva in conto anche la richiesta di prestiti economici agli Stati Uniti, per risollevare l’Italia dalla crisi economica. In cambio, Borghese avrebbe promesso l’invio di truppe italiane in Vietnam e nel sud-est asiatico, in chiave anticomunista.

L’attuazione del Golpe Borghese

Il piano entrò in azione nella notte tra il 7 e l’8 dicembre 1970, quando centinaia di congiurati si concentrarono a Roma. Alcuni settori delle forze dell’ordine offrirono complicità ai militanti di Avanguardia Nazionale, guidati dal neofascista Stefano Delle Chiaie. I militanti irruppero nel Ministero dell’Interno, sottrassero armi e munizioni dall’armeria e le distribuirono ai cospiratori.

Altri gruppi attesero l’avvio di ulteriori operazioni. Un gruppo guidato dal tenente dei paracadutisti Sandro Saccucci doveva arrestare i dissidenti politici. Un altro gruppo, guidato dal generale dell’aeronautica Giuseppe Casero, doveva occupare il Ministero della Difesa. Uomini del Corpo Forestale, invece, si appostarono vicino alle sedi RAI.
Le indagini successive indicarono anche un ruolo per Licio Gelli, futuro capo della loggia massonica P2, che doveva prelevare il Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat e consegnarlo al Fronte Nazionale. Altre fonti d’indagine indicarono una mobilitazione di cospiratori anche in Veneto, Toscana, Umbria e Calabria.

I protagonisti del Golpe Borghese

Chi era Junio Valerio Borghese

Junio Valerio Borghese, conosciuto come il “Principe Nero”, è stata una delle figure più controverse del Secondo Dopoguerra italiano. Discendente di una prestigiosa famiglia aristocratica, Borghese aderì al fascismo e divenne comandante della Xª MAS, un reparto della Marina militare. Dopo l’armistizio del 1943, Borghese aderì alla Repubblica Sociale Italiana, divenendo un personaggio molto celebre per diverse sue operazioni militari contro navi britanniche.

Nel Dopoguerra, Borghese, per il suo carisma e il suo celebre passato militare, divenne un punto di riferimento per il panorama neofascista e anticomunista italiano. Attorno a lui, infatti, gravitavano tutti coloro che ritenevano la democrazia italiana troppo fragile, e dunque bisognosa di una svolta autoritaria. Per questo scopo, Borghese e i suoi adepti consideravano un colpo di Stato in Italia necessario. Cominciò così, dunque, ad essere progettato il Golpe Borghese.

Junio Valerio Borghese, ideatore del Golpe Borghese
Junio Valerio Borghese

Qual era il contesto politico

Nel dicembre 1970, quando avvenne il Golpe Borghese, l’Italia era guidata dal governo Colombo.
Quest’ultimo, presieduto dal democristiano Emilio Colombo e sostenuto da democristiani, socialisti, socialdemocratici e repubblicani, si inseriva nel solco del centro-sinistra organico, facente riferimento all’alleanza tra DC e PSI. Il governo Colombo era nato da pochi mesi, in un contesto teso a causa delle tensioni economiche e dei perenni timori del mondo conservatore italiano per l’avanzata delle sinistre.

Dal 1963, infatti, grazie all’operato di mediazione del democristiano Aldo Moro, vi era stata la già citata alleanza di governo tra democristiani e socialisti, con chiaro intento riformista. Verso la fine dei governi di centrosinistra a guida Moro, inoltre, vi era stato l’epocale fenomeno politico e sociale del Sessantotto che, attraverso la peculiare alleanza di studenti e operai, aveva iniziato a scardinare il mondo conservatore italiano.
In questo contesto, dunque, cominciò a maturare il progetto del tentato golpe.

Le conseguenze del Golpe Borghese

Il fallimento del Golpe Borghese

Con tutti i cospiratori appostati, armati e pronti, il progetto era ormai in piena fase di realizzazione. All’improvviso, però, alle ore 01:49 dell’8 dicembre, una telefonata dello stesso Borghese segnò l’annullamento del piano, che si risolse in un nulla di fatto.
I motivi per i quali Borghese decise di annullare il golpe così improvvisamente restano tuttora nebulosi, nonostante le indagini.

La Commissione parlamentare d’inchiesta formulò due ipotesi principali. La prima vedeva l’annullamento del piano per il venir meno degli appoggi promessi, non essendo stato assicurato l’appoggio finale degli Stati Uniti. La seconda, invece, vedrebbe l’annullamento come parte stessa del progetto, considerato in questo caso più una sorta di messaggio simbolico e ammonitore che una vera e propria insurrezione.
In seguito all’annullamento del golpe, Borghese fuggì in Spagna, a Cadice, dove passò gli ultimi anni della sua vita.

Le indagini e i processi

L’Italia scoprì il Golpe Borghese nel marzo 1971, grazie alle notizie dei giornali e a un discorso del ministro dell’Interno Franco Restivo, che lo confermò pubblicamente.
Nel 1971 partirono le indagini, con l’interrogatorio di Vito Miceli, direttore del SID, che sapeva del golpe ma negò la complicità degli apparati di sicurezza.

Nel 1974 le indagini dimostrarono la collaborazione di Licio Gelli e della P2. Gli investigatori affidarono il documento al ministro della Difesa Giulio Andreotti, che lo consegnò alla procura omettendo dettagli, tra cui il ruolo della P2.
Andreotti ammise di aver escluso tali informazioni perché le giudicava inessenziali per il processo e nocive per i soggetti coinvolti. Le indagini del 1991 confermarono la partecipazione di Gelli e il suo compito di prendere in custodia il presidente Saragat.

Nel luglio 1978 la Corte d’assise di Roma inflisse 46 condanne per associazione sovversiva, ma assolse gli imputati dall’accusa di insurrezione armata.

Copertina dell'articolo di giornale riportante la notizia del Golpe Borghese
Copertina dell’articolo di giornale riportante la notizia del Golpe Borghese

Gli attori nazionali e internazionali

Nel corso degli anni le indagini hanno rivelato diversi attori nazionali e internazionali coinvolti nel Golpe Borghese.
La massoneria italiana, ad esempio, ebbe un ruolo significativo, sia tramite la P2 sia tramite il Grande Oriente d’Italia, un ordine massonico nato nel 1805. Quest’ultimo mise in contatto Borghese con vari ambienti italiani.

Tra questi emerse anche quello mafioso. Negli anni Novanta le testimonianze del pentito Tommaso Buscetta e le dichiarazioni del giudice Giovanni Falcone evidenziarono il ruolo di Cosa Nostra in alcune fasi del golpe. Esponenti mafiosi, infatti, erano presenti a Roma durante la notte degli eventi con il compito di uccidere il capo della polizia Angelo Vicari.

Alcuni documenti desecretati mostrarono, inoltre, che l’ambasciatore statunitense a Roma era a conoscenza di un tentativo insurrezionale e aveva avvisato di ciò il governo americano. Nonostante ciò, però, restano dubbi sul grado di partecipazione degli Stati Uniti al progetto golpista.

Il Golpe Borghese nella cultura di massa

Il Golpe Borghese ha ricevuto numerosi riferimenti musicali e cinematografici, sia negli anni subito successivi sia in tempi recenti, confermando la sua presenza nell’immaginario collettivo italiano.

Nel cinema spicca il film Vogliamo i colonnelli di Mario Monicelli del 1973, una caricatura del golpe, che prefigura un colpo di stato ispirato a quello greco. Nel film compare un generale dell’aeronautica, che subisce il pensionamento forzato per la sua partecipazione a un tentativo di golpe, creando così un parallelismo con Borghese.
Più recentemente la serie Non ci resta che il crimine ha citato il golpe attraverso un personaggio che, tornato per una serie di eventi nel 1970, si infiltra nella compagnia di Borghese per sventare il piano.

In musica, invece, hanno citato il golpe sia Rino Gaetano sia il gruppo Elio e le Storie Tese, rispettivamente in Scusa Mary del 1980 e Sabbiature del 1991.

Conclusione

Il Golpe Borghese, ancora oggi, resta avvolto nel mistero.
Le indagini, infatti, hanno portato a galla fatti provati e fatti ancora da chiarire, come il motivo dell’annullamento del golpe da parte di Borghese e la natura o la veridicità di alcune implicazioni nazionali e internazionali, ancora oggi più supposte che provate.

Il Golpe Borghese, tuttavia, dovrebbe avere il compito di stimolare la riflessione dei moderni osservatori. Esso, infatti, sicuramente fa riflettere sui rischi della polarizzazione politica, ma anche sul carattere dannoso della paura del cambiamento sociale, con tutti i suoi effetti paralizzanti.

Bibliografia

  • U. Gentiloni Silveri, Storia dell’Italia contemporanea 1943-2019, il Mulino, Bologna 2019.

Salvatore Tuccillo