Crisi di Sigonella: cause, protagonisti e conseguenze

La Crisi di Sigonella, avvenuta in Italia nel 1985, è stato uno degli eventi più intensi della storia repubblicana italiana. Non si tratta, infatti, soltanto di una crisi diplomatica, o di un evento tra i tanti della Guerra Fredda. Esso rappresenta un episodio di difesa dell’autonomia nazionale.

Oggi, l’evento suscita ancora interesse per come ha ridefinito la politica estera italiana, il ruolo dell’Europa nel Mediterraneo e il concetto di terrorismo.
Comprendere la crisi di Sigonella, dunque, significa innanzitutto comprendere tutto ciò.

Le cause della crisi di Sigonella

L’Italia degli anni Ottanta

Per iniziare a parlare correttamente della Crisi di Sigonella, occorre porla nel giusto contesto storico, quello dell’Italia degli anni Ottanta.
Nel 1985, il mondo attraversava l’ultimo decennio di Guerra Fredda, e nei paesi atlantisti era massiccia la presenza statunitense. Il Mediterraneo, intanto, era scosso dai conflitti mediorientali, tra i quali il conflitto israelo-palestinese.

In questo contesto, l’Italia in politica interna si stava riprendendo dopo i sanguinosi anni di piombo, caratterizzati dal terrorismo politico. In politica estera, invece, cercava, attraverso il suo premier, il socialista Bettino Craxi, di mantenersi autonoma.
Seguendo questo corso politico, Craxi entrò anche in rotta con la linea atlantista. Proprio in questo contesto di tensione geopolitica, dunque, s’inquadra la crisi di Sigonella.

Il dirottamento dell’Achille Lauro

La crisi di Sigonella cominciò il 7 ottobre 1985, con il dirottamento della nave da crociera Achille Lauro. Autori del sequestro furono quattro militanti del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina. Durante il sequestro, i terroristi uccisero Leon Klinghoffer, un cittadino statunitense di religione ebraica.

L’impatto sull’opinione pubblica fu enorme. La gestione della messa in sicurezza della nave passò all’Italia, paese di cui la nave batteva bandiera. Sul piano internazionale, invece, Stati Uniti e Israele esercitavano pressione affinché si catturassero e condannassero i colpevoli. In particolare, il presidente Ronald Reagan spingeva gli Stati Uniti a intervenire personalmente nella vicenda.

La nave da crociera Achille Lauro, dirottata durante la crisi di Sigonella
La nave da crociera Achille Lauro

La gestione italiana della crisi di Sigonella

Il dirottamento dell’Achille Lauro scatenò una mobilitazione politica da parte del governo Craxi. Quest’ultimo era costituito da tre figure principali: il socialista Bettino Craxi, il democristiano Giulio Andreotti, e il repubblicano Giovanni Spadolini.
Il Presidente del Consiglio Craxi era interessato a mantenere, nonostante la pressione internazionale, la gestione della crisi. Il Ministro della Difesa Spadolini convocò le forze armate e del controspionaggio.

Il Ministro degli Affari Esteri Andreotti, invece, contattò telefonicamente uno degli esponenti più importanti dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, Yasser Arafat. Quest’ultimo, tuttavia, si dichiarò totalmente estraneo alla vicenda, e favorevole a una risoluzione diplomatica della crisi.

L’atterraggio a Sigonella

Il governo italiano, in accordo con quello palestinese, tentò la via diplomatica avvalendosi della mediazione di Abu Abbas, leader del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina. Quest’ultimo riuscì a convincere i dirottatori ad arrendersi, offrendo loro una via di fuga diplomatica verso l’Egitto.

Nella notte tra il 10 e l’11 ottobre, tuttavia, il presidente Reagan ordinò a quattro caccia statunitensi di affiancare l’aereo egiziano che trasportava i terroristi. I militari statunitensi, dunque, costrinsero l’aereo egiziano a fare rotta verso la base aerea di Sigonella, in Sicilia. Quest’ultimo era un aeroporto militare italiano che comprendeva una Naval Air Station della Marina statunitense.

Lo scontro Italia-USA a Sigonella

Il premier Craxi, in contatto telefonico col portavoce di Reagan, il consulente della CIA Michael Ledeen, intendeva consentire l’atterraggio, ma a patto che i terroristi fossero presi in custodia dalle autorità italiane.
Ad atterraggio eseguito, membri del corpo dei Carabinieri e della VAM, ossia la Vigilanza Aeronautica Militare, come da ordini segreti di Craxi circondarono l’aereo.

Lo stesso fecero i soldati della Delta Force statunitense, circondando il cordone di forze armate italiane, con l’obiettivo di prelevare i terroristi. A questo punto, però, un secondo cordone italiano accerchiò i militari statunitensi.
Scoppiò così, dunque, la crisi diplomatica di Sigonella, con forze armate italiane e statunitensi, alleate, che si puntavano addosso le armi.

I protagonisti della crisi di Sigonella

Chi era Bettino Craxi

Bettino Craxi è stato una delle figure più influenti e discusse della storia politica italiana.
Nato nel 1934, divenne segretario del Partito Socialista Italiano nel 1976, periodo in cui il partito soffriva un’emorragia di voti, schiacciato tra i due principali partiti, la Democrazia Cristiana e il Partito Comunista Italiano.

Alle redini del partito, tuttavia, riuscì ad attirare ad esso un gran bacino d’affluenza elettorale, accentuando la linea riformista e rompendo con la tradizione marxista. Questo successo portò il PSI ad essere tra i protagonisti del cosiddetto Pentapartito, un’alleanza di governo costituita dai cinque principali partiti politici italiani.

Nel 1983, poi, riuscì a porsi alla guida del Pentapartito stesso, divenendo Presidente del Consiglio. In queste vesti, fu protagonista di scelte delicate, tra le quali, appunto, la gestione della crisi di Sigonella.

Chi era Ronald Raegan

Ronald Raegan è stato il quarantesimo presidente degli Stati Uniti d’America, dal 1981 al 1989. Ex attore di Hollywood e legato al Partito Repubblicano, Raegan apportò alla sua presidenza un forte carattere conservatore e il suo carisma comunicativo.
Nel contesto della Guerra Fredda, Raegan, in politica estera, attuò una linea durissima contro l’Unione Sovietica, dipingendola come il male assoluto, da sconfiggere ad ogni costo.

Gli Stati Uniti di Raegan, infatti, dichiararono come obiettivo quello di affermare la propria leadership globale e di uscire vittoriosi dal confronto con l’arcinemico sovietico. Questo obiettivo portò Raegan a potenziare gli investimenti militari e promuovere strategie di intervento nei conflitti internazionali. Questa strategia, tuttavia, gli attirò le critiche feroci di politici e intellettuali di fede democratica.
Altra battaglia di Raegan era quella contro il terrorismo internazionale, contro il quale reagì aggressivamente in diversi contesti, tra i quali proprio la crisi di Sigonella.

Cos’è il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina

Il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, abbreviato in FPLP, è un’organizzazione politica e militare fondata nel 1967 da George Habash.
Nato come movimento marxista-leninista, e intransigentemente in lotta col sionismo israeliano, esso si pone l’obiettivo di liberare i territori palestinesi dall’occupazione coloniale israeliana. Nonostante sia tra le fazioni di punta dell’OLP, ossia l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, il FPLP si è sempre posto in una posizione autonoma.

Il movimento, dichiarandosi portavoce della classe lavoratrice palestinese, tra gli anni Settanta e Ottanta si rese protagonista di azioni armate contro Israele, con lo scopo di attirare l’attenzione internazionale sulla causa palestinese. A differenza di altre fazioni dell’OLP, infatti, il FPLP ha sempre rifiutato qualsiasi compromesso con Israele.
Proprio tra queste azioni armate e radicali si pone, dunque, il dirottamento dell’Achille Lauro durante la crisi di Sigonella.

I protagonisti della Crisi di Sigonella
da sinistra verso destra: Yasser Arafat, Ronald Raegan, Bettino Craxi e Abu Abbas

Le conseguenze della crisi di Sigonella

La risoluzione della crisi di Sigonella

Nella crisi di Sigonella, Reagan e Craxi alimentarono lo scontro diplomatico Italia-USA anche attraverso contatti telefonici diretti.
Il presidente statunitense, che aveva promesso agli americani una linea durissima contro il terrorismo, pretendeva il prelievo dei terroristi poiché sull’Achille Lauro c’era stata una vittima statunitense. Dal canto suo, invece, Craxi insisteva che il crimine era avvenuto su una nave italiana, e che dunque spettasse all’Italia trattenere e nel caso processare i terroristi.

Di fronte a questa presa di posizione, e per non andare contro il diritto internazionale, Reagan ordinò ai militari statunitensi di ritirarsi. Questa vicenda mise in netto contrasto la visione giudiziaria della lotta al terrorismo, rappresentata dall’Italia, con quella militare, sostenuta invece dagli Stati Uniti.

La crisi di governo

In seguito agli aventi, vennero a galla, tuttavia, le lacerazioni interne al Pentapartito.
In Parlamento si accese, infatti, un duro scontro tra filo-israeliani e filo-americani da una parte, tra i quali il repubblicano Spadolini, e filo-palestinesi dall’altra. Questi ultimi, durante la crisi di Sigonella, avevano trovato i maggiori esponenti nel premier socialista Craxi e nel democristiano Andreotti.

Nel suo discorso alla Camera, Craxi spiegò al Paese la vicenda e la gestione adottata dal suo governo, e trovò a sorpresa l’appoggio del Partito Comunista Italiano. Quest’ultimo, infatti, seppur strenuamente all’opposizione, condivideva la linea d’azione craxiana per Sigonella.
Il premier socialista ribadì ancora una volta che la gestione della crisi dovesse essere italiana, motivando ancora una volta in questo modo le sue azioni. La Camera alla fine rinnovò la fiducia al governo, che sopravvisse alla crisi.

La ricomposizione della crisi diplomatica di Sigonella

Dopo il ritiro della Delta Force statunitense, la magistratura italiana assunse la gestione giudiziaria.
Il tribunale di Genova processò i quattro dirottatori e li condannò all’ergastolo. I due ambasciatori palestinesi sull’aereo egiziano, tra cui Abu Abbas, furono trattenuti e interrogati, ma poi lasciati ripartire per insufficienza di prove.

Questa decisione irritò il presidente Reagan, che aveva chiesto il ritiro della Delta Force dietro la promessa di condanna di tutti e sei i palestinesi a bordo. In seguito agli eventi di Sigonella, però, durante un incontro negli Stati Uniti, il premier italiano Craxi dichiarò di non aver avuto altra scelta e che il suo modo di agire era l’unico capace di risolvere la crisi.
Alla fine, Italia e Stati Uniti ricucirono i rapporti. L’ex Segretario di Stato Henry Kissinger dichiarò all’ambasciatore italiano: “Noi fummo costretti ad arrabbiarci, voi eravate costretti a liberarlo.”

Conclusione

Oggi la crisi di Sigonella continua ad attirare attenzione, accademica e giornalistica, poiché fa riflettere sia sul passato che sul presente.
Negli anni Ottanta, infatti, in un mondo cristallizzato nella lotta bipolare tra Ovest ed Est del mondo, una decisione come quella italiana, di scontrarsi con un alleato come quello statunitense, suscita sicuramente ammirazione. Ciò per il coraggio di un Paese di difendere la propria autonomia nazionale di fronte alla prepotente ingerenza di un Paese straniero.

Un atto, tuttavia, assolutamente da non fraintendere con il sovranismo che dilaga oggi in Italia e in Europa. La gestione della crisi di Sigonella, infatti, seppur per certi versi drastica, non mirò mai a mettere in discussione il concetto di comunità.

Bibliografia

  • U. Gentiloni Silveri, Storia dell’Italia contemporanea 1943-2019, il Mulino, Bologna 2019.

Salvatore Tuccillo