Re Artù è esistito?

Re Artù è stato un leggendario sovrano britannico ,e, nonostante la sua esistenza sia incerta, è al centro di molte opere, dai videogiochi alla musica passando ovviamente per il cinema. Basti pensare al classico Disney “La spada nella roccia” o al film “King Arthur”. Ma è possibile affermare che questa figura mitica sia esistita davvero? Qual è il confine labile tra realtà e finzione?

Re Artù nella leggenda

Inutile dire che la figura di Artù è stata definita perlopiù dalle opere del ciclo arturiano e da quelle ad esso ispirato, dagli scritti di Chretien de Troyes fino alle iterazioni più moderne.

Talvolta diverse opere del ciclo arturiano hanno grandi differenze a livello narrativo e di setting, con personaggi dai nomi o background differenti, ma è comunque possibile riconoscere dei punti di riferimento tradizionalmente accettati. Difatti le opere letterarie descrivono Re Artù come un sovrano giusto e benevolo che risiede con la sua corte a Camelot, e che si riunisce coi suoi feudatari attorno alla tavola rotonda, simbolo di collaborazione e uguaglianza tra le parti. Artù ha come fido consigliere il Mago Merlino che a sua volta fu braccio destro del padre Uther Pendragon.

Artù brandisce spesso la sua fida spada Excalibur che alcuni reputano come prova del suo diritto divino di reggenza. In alcuni testi Artù estrae Excalibur dalla roccia, ciò a simboleggiare la sua predestinazione al governo del regno Britanno-romano (versione riportata poi ne La spada nella roccia), in altri è semplicemente un’arma leggendaria forgiata nella magica isola di Avalon.

Re Artù
Re Artù

La tavola rotonda

La tavola rotonda è indissolubilmente legata alla figura di Re Artù, essa è infatti presente in buona parte delle rielaborazioni più o meno moderne della leggenda arturiana, e ha un valore fortemente simbolico, infatti la forma circolare non permette la presenza di un posto d’onore e quindi fa sì che non ci siano conflitti di prestigio in quanto tutti sono seduti in un posto di egual importanza.

Essa non è presente nei primissimi resoconti della leggenda di Artù, infatti appare per la prima volta nel Roman de brut di Robert Wace, poeta normanno del XII secolo che rielabora una cronaca precedente di Goffredo di Monmouth ampliandola con elementi inediti. Wace spiega appunto che la tavola veniva adoperata per evitare dispute tra i vassalli di Artù che non avrebbero accettato di sedere ad un posto di minore importanza rispetto agli altri.

Un altro poeta successivo, Layamon, nel suo poema Brut afferma che un precedente violento litigo tra i vassalli durante un banchetto natalizio aveva convinto un falegname della Cornovaglia a realizzare la celebre tavola.

Entrambi i poeti affermano di essersi ispirati a leggende celtiche e bretoni anche se alcuni studiosi rintracciano come fonte di questo topos alcune biografie di Carlo Magno nelle quali era citata una tavola rotonda decorata con la mappa di Roma. La leggenda della tavola, rimaneggiata e ampliata di volta in volta da autori diversi, ebbe così tanta eco che addirittura Re Eduardo III nel XIV secolo giurò di rievocare e ristabilire l’ordine della tavola rotonda in maniera affine a quella Arturiana, ma alla fine vi rinunciò.

Re Artù e Ginevra

Nel ciclo Arturiano vi è una moltitudine di personaggi entrati nell’immaginario collettivo, tra i quali ricordiamo Merlino, Ginevra, Lancillotto, Morgana, Parsifal, Galvano e tanti altri.

Ginevra, la moglie di Artù, compare nella leggenda già dalle primissime fonti, sia orali che scritte. A citarla per la prima volta in un testo scritto è ancora Goffredo di Monmouth nella sua cronaca, che la descrive come consorte di Artù, il quale le affida la reggenza durante la campagna militare di Artù contro i romani nell’Europa continentale. Quindi, Modred, nipote di Artù, la seduce e la sposa usurpando il trono dello zio.

Celebre è anche la storia della relazione adulterina tra Ginevra e Lancillotto, approfondita da Chretien de Troyes nei suoi scritti, in particolare in Lancilotto o Il cavaliere della carretta, dove Lancilotto appare per la prima volta nella sua veste più conosciuta, ossia quella di abilissimo e onorato cavaliere e amante di Ginevra. Egli infatti parte alla ricerca della regina che era stata rapita dal malefico Re Malegeant e seduce la regina durante il tentativo di salvataggio.

In questa prima versione della storia già appaiono i topos che poi saranno onnipresenti a seguire come il tema dell’adulterio, quello dei servigi e delle imprese nelle quali Lancillotto si prodiga per il bene della regina e quello della servitù disinteressata nei confronti di quest’ultima visti il suo status di onorato uomo d’armi e il suo amore per Ginevra.

Lancillotto scorta Ginevra da Re Artù
Lancillotto scorta Ginevra da Re Artù

Una distinzione necessaria

Ma dove nasce la leggenda di questo re mitico, capace di sconfiggere nemici temibilissimi e di portare in alto valori nobili di fratellanza e coraggio?

Innanzitutto è necessario compiere una precisazione letteraria, infatti la figura di Artù è riportata e narrata da tantissime fonti differenti, in lingua inglese ovviamente ma anche in latino e altre lingue. È interessante notare che per alcuni studiosi l’Artù dei primissimi testi nei quali è citato non corrisponde a quello più famoso e “convenzionale”, difatti è più che probabile che l’Artù della leggenda e delle imprese storiche contro temibilissimi invasori sia un risultato di una celebre cronaca di Goffredo di Monmouth, ossia Historia Regum Britanniae (Storia dei Re di Britannia) e delle opere successive a essa ispirate.

Goffredo di Monmouth e la leggenda di Re Artù

Goffredo di Monmouth fu un vescovo cattolico gallese vissuto nel 12mo sec. d.c. , celeberrimo per la sua cronaca storica (con grandi elementi di fantasia) intitolata Historia Regum Britanniae, che ebbe grandissima diffusione in tutta l’Europa durante il basso medioevo e che inspirò col tempo la nascita di un insieme vastissimo di opere che oggi definiamo come Ciclo Arturiano. Fu proprio questa fantasiosa cronaca a definire la figura di Re Artù, successore del padre Uther Pendragon, monarca di stirpe britanno-romana avvelenato dai Sassoni durante una campagna militare. Vista la situazione drammatica dovuta anche all’avanzata dei Sassoni guidati dal duca Colgrin, il vescovo Dubricio incorona Artù e quest’ultimo forma un esercito per marciare verso York e difendere il suo regno minacciato dagli invasori germanici. Qui Artù riesce a sconfiggere Colgrin che aveva dalla sua anche il supporto di Scoti e Piti, e a difendere i confini del suo regno.

In un successivo scontro Artù riesce da solo a sconfiggere ben 470 dei nemici, grazie alla sua abilità superlativa e alla sua formidabile spada Caliburn. In seguito egli sottomette anche l’Irlanda, l’Islanda, il sud della Svezia, la Norvegia, la Dacia, l’Aquitania e la Gallia. Ovviamente nelle cronache sono riportati anche fatti fantasiosi come l’uccisione da parte di Artù di un gigante spagnolo che aveva rapito la nipote del Re di Normandia. Infine Artù soccombe per via delle ferite mortali avute nella battaglia di Camlann, dove aveva sconfitto il nipote Mordred che in precedenza aveva tentato di usurpargli il trono. La maggior parte dei filologi germanici reputa la cronaca di Goffredo poco veritiera non solo per la presenza dei già citati elementi indubbiamente fantasiosi e volutamente esagerati, ma anche per la poca contestualità con opere precedenti e successive.

Il “vero” Re Artù

Come già detto, la maggior parte degli storici reputa le cronache di Goffredo di Monmouth come fittizie o comunque come una commistione di elementi tra il fantastico e lo storico. Per quanto il vescovo abbia aggiunto particolari sicuramente derivati dal folklore e dalle leggende, è anche vero che egli probabilmente si sia ispirato a cronache e testi precedenti, probabilmente di origine gallese, che citavano questo personaggio a metà strada tra mito e realtà, in particolare la cronaca Historia Brittonum e il poema di origine gallese Y Gododdin.

La cronaca cita Artù non come re, ma semplicemente come “Dux Bellorum”, quindi un condottiero militare, ed elenca 12 battaglie nelle quali Artù ha guidato i suoi soldati alla vittoria, mentre il poema gallese Y Gododdin cita Artù fugacemente e semplicemente come termine di paragone, infatti l’autore descrive uno dei guerrieri all’interno dei versi  come “forte, ma non quanto Artù”, proprio a indicare la mitica abilità in battaglia di costui, anche se poi non approfondisce questo aspetto.

La battaglia del Monte Badon

Tornando alla Historia Brittonum, è interessante notare che una delle battaglie vinte da Artù si svolge presso Il Monte Badon, luogo geograficamente incerto ma citato in molte cronache e testi dell’epoca, in particolare anche da altre due cronache precedenti, ossia De Excidio et conquestu Britanniae di Gildas e Historia Ecclesiastica anglorum del Venerabile Beda.

Gildas, l’autore, visse nello stesso secolo della battaglia (VI sec. d.c.) quindi gli storici lo reputano una fonte più o meno attendibile, infatti è egli stesso ad affermare che la battaglia ebbe luogo nell’anno della sua nascita, ma non riporta i nomi dei generali militari, cosa che invece fa Beda nella sua cronaca successiva, riportando come leader dei Romano-Britanni Ambrosio Aureliano, condottiero probabilmente esistito (più fonti sia latine che anglosassoni lo citano) portando quindi molti storici a considerare la sua figura come l’ispirazione principale di Artù visto che, in testi differenti, gli autori li citano come condottieri della medesima battaglia.

Una teoria affine è stata presa in considerazione anche dallo storico Valerio Massimo Manfredi nel suo libro L’Ultima legione. Infatti nel romanzo storico del 2002 lo studioso italiano racconta le vicende del dux bellorum Aureliano Ambrosio e dell’ultimo imperatore dell’impero d’occidente Romolo Augustolo, che dopo aver sconfitto orde di barbari nella battaglia del monte Badon, sposerà Ygraine e diverrà padre per l’appunto del futuro Re Artù.

Un esito ancora incerto

È sicuramente difficile ricostruire gli avvenimenti storici di una certa fase del medioevo caratterizzata perlopiù da invasioni, migrazioni e grandi cambiamenti a livello geopolitico. In questo contesto si inserisce la leggenda di Artù che sicuramente in principio aveva uno scopo nazionalistico e mitico, volto a dimostrare i natali nobilissimi di quello che a breve sarebbe diventato uno dei regni più potenti d’Europa, e che poi aveva assunto le caratteristiche, vista anche la grande diffusione, di un corpus di grande consumo letterario, volto agli ambienti cortesi di tutto il continente che vedevano in questi scritti una rappresentazione giocosa e romantica dei loro valori.

Detto ciò, non è assolutamente possibile dimostrare l’esistenza di Artù, o perlomeno non è ancora possibile individuare un personaggio storico sovrapponibile totalmente alla figura di questo monarca leggendario, pertanto è probabile che la leggenda continui a vivere ed appassionare per tanto tempo ancora.

Mario Setaro