Fori di Napoli: l’organizzazione della città greco-romana

L’organizzazione urbanistica delle città greche e romane era funzionale: ciò significa che ogni spazio della polis aveva una precisa funzione (politica, religiosa, commerciale). I Greci, gli inventori del sistema ortogonale e del successivo impianto ippodameo, erano soliti organizzare gli edifici della città in base alla conformazione fisica del territorio. Se la terra era pianeggiante, ad esempio, non poteva esistere l’acropoli, e così i templi erano posti al centro geografico della città; se la città, invece, presentava alture o colline, la distribuzione degli edifici pubblici poteva risultare molto diversa. Napoli, città della Magna Grecia, presentava un territorio particolare, in quanto dotata di numerose piccole alture, digradanti verso il mare. Già i coloni greci, così, pensarono di fornire la città non di una sola agorà, ma di ben due fori.

Uno o due fori?

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L’impianto urbanistico della città. I due fori corrispondono ai numeri 5 e 6.

Immaginiamo davanti ai nostri occhi il centro storico. Come sappiamo, gli antichi plateiai (futuri decumani) e stenopoi (futuri cardines) permangono tutt’oggi nel tracciato urbanistico. Il decumanus maximus corrispondeva all’attuale Via dei Tribunali, che taglia in due la città.

L’attribuzione delle colonne della Basilica di San Paolo Maggiore all’antico tempio dei Dioscuri spinse gli archeologi a individuare l’antico foro sotto Piazza San Gaetano.

L’agorà di una qualsiasi città greca, tuttavia, non era solo centro religioso, ma anche politico e commerciale: sorgevano, cioè, non solo i templi, ma anche gli edifici pubblici e il mercato. Dove erano collocati, dunque, gli altri edifici?

Il foro “inferiore”

Grazie agli scavi effettuati nella zona di San Gaetano, gli archeologi sono giunti alla conclusione che nell’antica Neapolis, sin dai tempi greci, esistevano non uno, ma ben due fori. La zona pubblica, cioè, era tagliata in due dal decumano maggiore. A nord di esso, si collocavano gli edifici pubblici, civili e commerciali.

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Le tabernae

Tutt’oggi, al di sotto della chiesa di San Lorenzo Maggiore, si possono osservare i resti dei monumenti e delle tabernae, i moderni “negozi”. Nel foro “inferiore”, dunque, la cittadinanza si riuniva in assemblea o si recava al macellum, il mercato antico.

Tutte le strutture, sorprendentemente, presentano tracce risalenti già al V/IV sec. a.C.: questo vuol dire che tale organizzazione della città era già greca, e i Romani la rispettarono senza modificarla.

Il foro “superiore”

Nel foro “superiore”, dunque nei pressi della chiesa di San Paolo Maggiore, sorgeva invece il centro religioso e di divertimento della città. Come è stato più volte detto, la stessa basilica di San Paolo sorge sull’antico tempio dei Dioscuri e, nei sotterranei di piazza San Gaetano, sono stati ritrovati anche i resti dell’antico teatro scoperto.

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Resti del tempio dei Dioscuri

Non è da escludere che tale collocazione degli edifici, digradanti verso il mare, avesse lo scopo di creare effetti spettacolari: seduti in teatro o all’interno del tempio si poteva osservare l’infinita distesa del Mar Tirreno.

Il sistema terrazzato

Ma dal punto di vista ingegneristico, come fu possibile tale “sdoppiamento” dell’agorà? Ritorniamo al principio. I Greci, come detto, organizzavano la città in base alla conformazione del territorio. Napoli, in particolar modo, presenta delle alture che si abbassano verso il mare.

Gli antichi coloni, così, pensarono di costruire gli edifici “in discesa”, sfruttando un sistema terrazzato, che verrà impiegato soprattutto in epoca ellenistica (basti pensare a Pergamo). I due fori, dunque, erano “contenuti” da sistemi di riempimento e collegati da scalinate, che digradavano verso il mare.

Un’unica lunga storia

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Ricostruzione della città greco-romana

Le tracce dell’antica città, che permangono tutt’oggi nell’urbanistica moderna, sono allora la dimostrazione dell’altissimo livello architettonico e della complessa organizzazione che Neapolis raggiunse già poco dopo la fondazione.

L’aspetto più straordinario, tuttavia, è la continuità che la città ebbe tra l’epoca greca e quella romana: merito dei latini fu rispettare l’antica urbanistica ed esaltarla.

La storia di Napoli risulta, così, un unico lungo percorso, le cui fasi non si “cancellano” a vicenda, ma si “sovrappongono”. Studiare Napoli, dunque, è un lavoro da veri “archeologi”: togliere strato su strato, senza mai perdere di vista la profonda omogeneità che lega tutte le fasi.

Alessia Amante