Leonia, la città del consumismo di Calvino

Leonia

Leonia è una delle città che Italo Calvino immagina descritta da Marco Polo a Kublai Khan ne Le città invisibili” (1972), opera che oscilla fra il racconto filosofico e quello fantastico-allegorico.

Tra le relazioni del viaggiatore, quella sulla città di Leonia ricorda la situazione di molte metropoli moderne. Infatti a Leonia i cittadini consumano cibi e oggetti in quantità industriali rinnovando ogni giorno abiti, soprammobili, arredamenti, producendo una montagna di rifiuti accatastati alla periferia della città che nessuno sa smaltire.

“La città di Leonia rifà se stessa tutti i giorni: ogni mattina la popolazione si risveglia tra lenzuola fresche, si lava con saponette appena sgusciate dall’involucro, indossa vestaglie nuove fiammanti, estrae dal più perfezionato frigorifero barattoli di latta ancora intonsi, ascoltando le ultime filastrocche che dall’ultimo modello d’apparecchio.”

Leonia, come le altre città “invisibili” di Calvino è una città-simbolo di qualcos’altro: un mondo squilibrato preda di una schizofrenia consumistica che consuma e spreca molto più di ciò di cui ha davvero bisogno.

Leonia: sublimazione dell’usa e getta

Con un procedimento narrativo noto e utilizzato in più occasioni Italo Calvino parte da una realtà immaginaria quasi surreale, per cogliere, in maniera esagerata e paradossale ma efficace, un problema concreto che riguarda da vicino la società in cui viviamo. Ogni giorno gli abitanti di Leonia gettano via le cose vecchie e le sostituiscono con cose nuove. La conseguenza di un tale comportamento è una montagna di rifiuti che rischia di sommergere la città.

“Sui marciapiedi, avviluppati in tersi sacchi di plastica, i resti di Leonia d’ieri aspettano il carro dello spazzaturaio. Non solo i tubi di dentifricio schiacciati, lampadine fulminate, giornali, contenitori, materiali d’imballaggio, ma anche scaldabagni, enciclopedie, pianoforti, servizi di porcellana: più che dalle cose di ogni giorno vengono fabbricate vendute comprate, l’opulenza di Leonia si misura dalle cose che ogni giorno vengono buttate via per far posto alle nuove.”

La situazione di Leonia, che “rifà se stessa tutti i giorni”, gettando via gli oggetti vecchi di un solo giorno per rinnovarsi costantemente, in un continuo spreco di denaro e di energie, è solo apparentemente assurda. Forse noi non ci permettiamo di gettare nell’immondizia cose “vecchie” di un giorno, ma il nostro desiderio di possedere oggetti sempre nuovi, alimentato dal dilagante consumismo che caratterizza la società in cui viviamo ricorda molto l’atteggiamento degli abitanti di Leonia.

“Il risultato è questo: che più Leonia espelle roba più ne accumula; le squame del suo passato si saldano in una corazza che non si può togliere; rinnovandosi ogni giorno la città conserva tutta se stessa nella sola forma definitiva: quella delle spazzature d’ieri che s’ammucchiano sulle spazzature dell’altroieri e di tutti i suoi giorni e anni e lustri”

Leonia: consumare per produrre

Leonia

La moderna società dei consumi, basata sulla produzione frenetica di oggetti di qualsiasi tipo, che negli ultimi tempi è diventata in molti casi una sovrapproduzione (ovvero, l’offerta ha superato la domanda dei consumatori), ci induce continuamente, attraverso le mode e la pubblicità, a spendere per smaltire le scorte industriali accumulatesi.

Il vero piacere, a Leonia come nella nostra società, diventa allora quello di poter gettare via il vecchio, di potersi rinnovare ogni giorno, rincorrendo continuamente un successo ed un lusso effimeri e sfrenati, e perdendo di vista il valore reale delle cose.

L’impatto ambientale di questa operazione sarà disastroso: le montagne di rifiuti immaginate da Calvino alla periferia di Leonia sono una realtà di tante città italiane dove il problema dello smaltimento dei rifiuti nel corso degli ultimi anni ha assunto dimensioni preoccupanti. Il rischio ventilato nel racconto di Calvino, di rimanere sommersi da una gigantesca valanga di spazzatura, da surreale diventa allora reale e concreto.

“Più ne cresce l’altezza, più incombe il pericolo delle frane: basta che un barattolo, un vecchio pneumatico, un fiasco spagliato rotoli dalla parte di Leonia e una valanga di scarpe spaiate, calendari d’anni trascorsi, fiori secchi sommergerà la città nel proprio passato che invano tentava di respingere, mescolato con quello delle altre città limitrofe, finalmente monde: un cataclisma spianerà la sordida catena montuosa, cancellerà ogni traccia della metropoli sempre vestita a nuovo. Già dalle città vicine sono pronti coi rulli compressori per spianare il suolo, estendersi nel nuovo territorio, ingrandire se stesse, allontanare i nuovi immondezzai.”

La metafora di una città sempre nuova che getta tutto ciò che appartiene al giorno prima è forte e drammatica allo stesso tempo. Niente affatto invisibili, le nostre città moderne e avanzate si allargano sempre più, producendo immondizie a una velocità sempre maggiore. Il senso del veloce e del subito, che caratterizza la nostra società, rende tutto obsoleto nel giro di un anno, se non di qualche mese.

Maurizio Marchese

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Fonti:

Italo Calvino, Le città invisibili, Mondadori, Milano, 1993