La musica di Bruce Springsteen nel corso degli anni ha attratto milioni di estimatori, rendendolo uno degli artisti più amati del panorama mondiale, ancora oggi a distanza di 52 anni dal suo esordio con l’album Greetings from Asbury Park, N.J. . Non è sicuramente facile riassumere in poche righe la carriera sfavillante del Boss, ma è innegabile che alcuni dei suoi dischi siano entrati di diritto nella storia della musica Rock.
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Bruce Springsteen: Biografia
Bruce Frederick Joseph Springsteen nasce a Long Branch in New Jersey il 23 settembre del 1949 da genitori da padre di origine irlandese ed olandese e madre di origine italiana, ed ha due sorelle minori di cui la più giovane, Pamela, è un attrice e fotografia di fama. La vita della famiglia Springsteen non era sicuramente rose e fiori, difatti il padre era un veterano della seconda guerra mondiale che faticava a trovare un impiego stabile, mentre la madre era la segretaria di uno studio legale.
Bruce frequentò nell’infanzia una scuola cattolica ed in seguito la scuola superiore di Freehold, ma non riuscì mai a conformarsi alle regole dell’ambiente scolastico, ribellandosi all’autorità degli insegnanti e isolandosi dai suoi coetanei.
Springsteen cominciò ad interessarsi alla musica già da bambino ascoltando la musica di Frank Sinatra alla radio e guardando alla televisione le esibizioni Elvis Presley all’ Ed Sullivan Show. Una storica esibizione dei Beatles sempre all’Ed Sullivan Show lo convincerà a 15 anni ad imbracciare con dedizione la chitarra per diventare un rocker.
Dopo una lunghissima gavetta nella quale suonò con svariati gruppi in diverse zone degli Stati Uniti, egli riuscì a farsi notare, grazie ai suoi primi manager Mike Appel e Jim Cretecos, dal leggendario talent scout John Hammond, che in passato aveva già scoperto tra i tanti Bob Dylan e Aretha Franklin. nel ’72 formerà la E Street Band, sua storica band di supporto, per registrare l’esordio come leader Greetings from Asbury Park, N.J. . Il resto è storia.
Born To Run (1975)
Dopo l’album di esordio e il secondo The Wild, The Innocent & the E Street Shuffle, Springsteen aveva ormai ben definito parte del proprio sound anche se non aveva ottenuto un grande successo commerciale, con la sua popolarità circoscritta alla costa est degli Stati Uniti. La Columbia Records era pronta ad interrompere la collaborazione con Springsteen nel caso l’album non avesse avuto un buon successo di vendite.
Assistito dal produttore Jon Landau, Springsteen decise di rivisitare il sound del Rock’n’Roll degli anni ’50 e ’60 unendo a questa base anche elementi di R&B e Folk Rock, Tutto ciò filtrato attraverso una tecnica affine a quella del Wall of Sound di Phil Spector, con arrangiamenti densissimi fatti ad hoc per risuonare al meglio nella riproduzione dell’ LP. Springsteen abbandona quindi l’approccio precedente dell’incisione come semplice live in studio, utilizzando la produzione e il mixing come un vero e proprio strumento musicale.
Il risultato è probabilmente il suo miglior album, un manifesto che caratterizzerà tutta la sua carriera, con una eco indissolubile che dura ancora oggi. I brani sono tutti memorabili, veri e propri inni che cantano il disagio giovanile di una generazione che non ha più riferimenti e che deve trovare a tutti i costi la sua dimensione e la sua libertà, la sua fuga da un presente insipido e disilluso. Thunder Road, Born To Run e Jungleland sono ancora oggi probabilmente tra i brani più iconici del Boss, forse i suoi più belli.
Darkness on the Edge of Town (1978)
Passati due anni nei quali Springsteen aveva intrapreso insieme alla E Street Band un tour mondiale alimentato anche dal successo di Born to Run, il Boss torna in studio di registrazione per lavorare ad un nuovo album che si spera riesca quantomeno ad emulare il successo di pubblico e di critica del suo predecessore.
Bruce Springsteen non ripete la formula del Wall of Sound, preferendo per il suo quarto album arrangiamenti più immediati ed essenziali, un suono più grezzo e semplice ben accoppiato al contenuto lirico dei brani, che ora trattano di personaggi più maturi e ai margini della società, che devono convivere col disincanto e coi rimpianti delle loro vite passate ma che al tempo stesso sono ancora disposti a lottare per un avvenire migliore. Ci sono ancora brani di Rock ad alta energia come la prima traccia Badlands e Prove it All Night, ma non mancano ballate più introspettive come la Title Track Darkness on the Edge of Town, Streets of Fire e la splendida Racing in the Street, probabilmente la canzone più memorabile del disco.
Sicuramente Darkness on the Edge of Town non avrà venduto quanto il precedente Born to Run o quanto i successivi blockbuster The River e Born in the U.S.A, ma oggi è annoverato all’unanimità di critica e fans tra i migliori album del cantautore americano.
The River (1980)
Concluso il tour di supporto a Darkness on the Edge of Town, il Boss era intenzionato a lavorare su di un album che potesse replicare al meglio il sound dal vivo della E Street Band, creando l’atmosfera esplosiva di un vero e proprio concerto e imprimendola sui solchi del vinile.
La realizzazione del disco fu come sempre faticosa, visto il perfezionismo di Springsteen che portò la E Street Band a lunghissime sessioni di prova. Dopo un anno e mezzo dall’inizio delle registrazioni, l’album vide infine gli scaffali dei negozi nell’ottobre dell’ ’80. The River è un doppio LP di grande vitalità e brio, privo di elementi troppo elaborati o complessi, con buona parte dei brani che si sviluppa su strutture di Rock e Country tradizionale senza intermezzi o sezioni varie, anche se non mancano le ballate. la maggior parte delle tracce si associa contenutisticamente a temi come l’amore e il matrimonio, visti sia in maniera viscerale e romantica che in modo realista e cinico.
Dalle 20 tracce dell’album furono tratti ben sette singoli, tra i quali alcune canzoni che ancora oggi sono amatissime dagli aficionados del Boss come Hungry Heart, The River e Cadillac Ranch. The River può essere considerato come il trait d’union tra il primo Springsteen e il resto della sua carriera.
Nebraska (1982)
Col grande successo di The River, Bruce Springsteen si era affermato come un artista ormai simbolo di una certa parte dell’America, quella dei colletti blu, della gente comune, degli emarginati che hanno cercato il riscatto in lungo e in largo, quella delle emozioni più spontanee. Ritiratosi in un ranch a Colts Neck in New Jersey, Springsteen diede libero sfogo al suo amore per il cinema e la letteratura, facendosi ispirare in particolare dai libri della scrittrice Flannery O’ Connor, celebrata per la sua prosa doviziosamente dettagliata presente nei suoi romanzi di Gotico Americano a tema religioso.
Carico di nuovi spunti e nuove storie americane da raccontare, il Boss realizzò in casa (con l’ausilio di un registratore a quattro tracce) dei demo di voce e chitarra con la presenza occasionale di armonica, mandolino, glockenspiel e percussioni, tutto ciò con l’intento di ri-registrare successivamente i brani con la E Street Band.
Alcune canzoni del demo vennero arrangiate con ottimi risultati dalla band, ma buona parte delle rielaborazioni non soddisfecero il cantante, che giunse infine alla decisione di conservare le tracce con la band per il successivo album e pubblicare il venturo Long Playing con le tracce originali del demo. Il risultato è Nebraska, il suo album più intimo e struggente, dove gli accordi arpeggiati e la voce del Boss accompagnano storie di tutti i giorni intrise di vissuto e franchezza. Un altro capolavoro assoluto.
Born in the U.S.A
Born in the U.S.A. è l’album di Bruce Springsteen che non necessita di presentazioni, il suo più famoso e iconico, contenente le Hits che lo hanno reso una star mondiale a tutti gli effetti. Anche la copertina con la schiena di Springsteen e lo sfondo con le strisce rosse e bianche della Old Glory è col tempo entrata nell’immaginario collettivo della musica Rock e Pop internazionale.
Alcuni brani, come Born in the U.S.A. ,vanno a pescare dal demo casalingo che poi porterà alla pubblicazione di Nebraska, mentre altri come Glory Days e I’m on Fire vengono da altre sessioni della band. Il disco fu il primo di Springsteen ad enfatizzare l’uso di sintetizzatori e tastiere, cosa che garantì al prodotto uno stile di tendenza e radiofonico all’epoca, il più Pop ottenuto fino a quel momento.
I brani celeberrimi riprendono i temi già cari al nostro ma ora si arricchiscono di organi elettrici e rullanti riverberati, creando un sound che poi avrebbe fatto scuola su entrambe le sponde dell’oceano (basti pensare ai Waterboys o ai successivi War on Drugs). Come per The River, anche qui figurano ben sette singoli, di cui alcuni memorabili. Glory Days è un’orecchiabile Rock’n’Roll che fa presa sulla nostalgia dell’ascoltatore, I’m on Fire è un introspettivo Rockabilly di chitarra elettrica e tastiera dove la tensione sentimentale fa da protagonista, mentre in Dancing in the Dark, forse la canzone più Pop dell’intero album, si alternano ritmi ballabili ad un testo grintoso. la Title Track è senza ombra di dubbio la canzone più nota del nostro, un inno contro il patriottismo ipocrita che in fin dei conti serve solo a giustificare guerre e sfruttamento. Un Album più attuale che mai.
Mario Setaro