Il Folk rock inglese è un genere musicale britannico che ha avuto grande eco tra anni 60′ e 70′, rinnovandosi poi stilisticamente fino ai giorni nostri grazie ad influenze sempre nuove. In questo articolo vi illustreremo cinque album per conoscerlo.
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Cos’è il folk rock inglese?
Il folk rock inglese è un genere musicale tipicamente britannico che unisce la formula del rock americano con le melodie, le strutture e i testi tipici della tradizione musicale inglese, scozzese e anche irlandese. Questo genere tende a enfatizzare gli aspetti e gli stilemi della musica folk (molto spesso i brani sono rielaborazioni o cover di ballate tradizionali) attraverso l’utilizzo di una strumentazione più moderna che può comprendere batteria, basso elettrico e chitarra elettrica oltre agli immancabili strumenti acustici come chitarre, mandolini, banjo, flauti, violini e bassi acustici.
Il folk rock in senso più stretto nasce in America in seguito alla svolta elettrica di Bob Dylan nel suo album del 1965 Bringing it all back home, il primo del cantautore americano a contenere l’accompagnamento di strumenti elettrici, anche se già altri gruppi rock avevano sperimentato in maniera affine, rielaborando brani tradizionali con strumentazioni più moderne, come ad esempio avevano fatto gli Animals. Molti gruppi inglesi della scena folk revival provarono a seguire col tempo questa nuova tendenza, arricchendo il loro repertorio con i moderni strumenti elettrici e/o con le strutture del rock dell’epoca.
Fairport convention-Liege & Lief (1969)
I Fairport convention sono un celebre gruppo folk rock inglese che trovò un grande riscontro di pubblico e critica sul finire degli anni 60′.La loro formazione nel corso del tempo fu molto eterogenea (con membri più o meno fissi i fondatori Simon Nicol e Richard Thompson) e il loro sound fu uno dei primi a mostrare un’amalgama di rock d’oltreoceano, country e melodie vernacolari britanniche.
Dopo i primi tre album nei quali la band perfezionò il proprio sound, ecco che arriva Liege & Lief, ottimo connubio di folk e rock, di tradizione e potenza sonora, lavoro con il quale la band di Londra contribuì a definire e “istituzionalizzare” il folk rock di stampo inglese. protagonista del disco, oltre ovviamente al sound intenso e “corale” degli esecutori, è la voce di Sandy Denny, posata al punto giusto senza negarsi dimostrazioni di forza tipicamente rock e vocalismi tinti di blues e country.
Brano d’apertura è la vivace Come All Ye, uno stomp-rock che può ricordare a tratti il sound tipicamente americano di gruppi come i Creedence Clearwater Revival e The Band, senza però risultare troppo dozzinale e scontato grazie al violino di Dave Swarbrick ,che aggiunge una nota quasi bluegrass. il resto del side A dell’album si compone di rielaborazioni di brani tradizionali, tra cui la bella Farewell,Farewell che richiama la melodia della classica Willie o’ Winsbury con testo inedito di Thompson e l’intensa Matty Groves. Tam Lin nel side B è un potente pezzo folk rock che da spazio ad una melodia accattivante di voce e chitarra elettrica accompagnata da un ritmo terzinato. Il disco che probabilmente racchiude tutti i capisaldi del folk rock inglese.
Pentangle-Basket of light (1969)
I Pentangle sono stati indubbiamente uno dei gruppi di punta della scena Folk revival inglese a cavallo tra anni 60 e 70, capaci di coniugare capacità tecniche sopraffine ad un gusto per la musica magnificamente barocco. La band inglese nella sua formazione tipo poteva vantare esecutori monstre con l’accoppiata di Bert Jansch e John Renbourn alle chitarre, il versatile Danny Thompson al contrabasso, Terry Cox alla batteria dalle chiare influenze jazz, e la voce vellutata e senza tempo di Jacqui Mcshee.
Il complesso fu capace di creare una formula musicale inedita, viste anche le influenze differenti di ogni membro del gruppo che spaziavano dal folk/blues dei due chitarristi al jazz più frizzante della sezione ritmica fino al cantato di Mcshee che ricorda quasi una preghiera in musica, difatti nella sua voce non c’è spazio per virtuosismi o arzigogoli di stampo gospel e soul, ma solamente (non in senso riduttivo) pura melodia che richiama a tratti la musica sacra e liturgica.
Basket of Light, terzo album della band, rappresenta forse il momento nel quale la band ha cristallizzato in maniera più precisa il proprio stile, che dalla visione più pop e rock dei primi due album ora rincara la dose di musica tradizionale (non sono presenti strumenti elettrici) con melodie sicuramente più dolci ed eteree, conservando tuttavia la complessità ritmica, elemento preponderante della prima traccia, Light Flight, composizione originale della band che fonde efficacemente armonia barocca e intermezzi di batteria in chiave jazz. Degne di nota anche la rielaborazione della tradizionale Once i had a sweetheart e la traccia finale Hunting song, viaggio onirico che parte da una tenue introduzione di glockenspiel per arrivare poi ad un intreccio di melodie e armonie dal sapore antico sostenute da un ritmo incalzante e da una struttura armonica squisitamente arcaica.
John Martyn-Solid Air (1973)
Se i Pentangle hanno sfoggiato senza remore le loro influenze jazz e i Fairport Convention si sono fatti portavoce di uno stile ben bilanciato tra tradizione e modernità, John Martyn ha introdotto con la sua musica un linguaggio personale e innovativo nella scena del folk revival inglese. Il musicista scozzese ha infatti unito in maniera creativa e organica tutte le influenze che hanno col tempo caratterizzato la sua produzione, dal folk americano più popolare e vivido al blues soffuso e fumante, non tralasciando echi di soul ed elementi di ambient e avanguardia.
Solid Air del 73′ è indubbiamente il disco più famoso e celebrato del cantautore e manifesto senza esclusione di colpi del suo stile variegatissimo e mai banale, caratterizzato anche dalla sua chitarra acustica suonata con una personalissima tecnica in slap. il comparto strumentale va ad arricchirsi di conga, hammond, mandolini, sassofoni e tecniche di manipolazione di produzione del suono come il looping presente in I’d rather be the devil, oltre che al contrabasso elastico e potente di Danny Thompson dei Pentangle. Tanti elementi che vanno sicuramente a rendere l’album di Martyn un unicum del genere, difficile da definire con poche etichette.
Memorabili le più convenzionali ballate folk Over the hill e May you never, che coniugano in maniera sapiente gusto cantautoriale e colori di folk tipicamente americano, ma è con brani come Solid Air e Don’t Want To Know che Martyn porta freschezza e novità all’album, grazie a fraseggi vocali in puro stile jazz quasi a voler emulare le tinte di un sassofono tenore e strutture melodiche e armoniche quasi r&b.
Nick Drake-Bryter Layter (1971)
Nick Drake è stato un artista che malauguratamente ha raggiunto notorietà e riconoscimento solo dopo la morte, avvenuta tragicamente a 26 anni nel 1974 a causa di un’ overdose di antidepressivi. Dopo un periodo nel quale la sua produzione musicale sembrava non attrarre ascoltatori, alla fine degli anni 70 i suoi tre album vennero ristampati e ridistribuiti dalla Island Records all’interno del cofanetto Fruit tree. Tuttavia Il grande pubblico riesce a conoscere la sua musica solamente a cavallo del nuovo millennio grazie ad una pubblicità della Volkswagen che aveva come sottofondo musicale il suo brano più famoso, la splendida Pink Moon.
Ogni album del nostro ha rappresentato una fase diversa del suo sound. Il primo, Fives leaves left, è un album che miscela una formula di folk essenziale e barocco al tempo stesso con forti influenze blues, inserendo nella formula anche arrangiamenti per archi degni di nota. Il terzo, Pink Moon, è il capolavoro di Drake, un album nel quale l’essenzialità la fa da padrona e solamente la sua voce e la sua chitarra bastano ad emozionare.
Bryter Layter del 71′ è tuttavia l’album di Nick Drake meglio ascrivibile al genere e alla scena del folk rock inglese di quegli anni. Qui sono presenti sicuramente strutture e strumentazioni più ordinarie, anche se gli arrangiamenti sono ancora ricchi sia di archi che di fiati. At the chime of a city clock mischia con dovizia jazz e musica da camera con la sua ricchezza armonica. One of these things first è un delizioso brano sincopato e organicamente melodico dove il fingerpicking fenomenale di Drake detta sia l’armonia che il ritmo. Infine Northern Sky è una ballata dal gusto etereo nella quale l’organo sostiene la melodia e solleva anche la voce di Drake, culminando in uno splendido intermezzo centrale strumentale.
The Pogues-Rum Sodomy & the Lash (1985)
I Pogues sicuramente non appartengono alla scena musicale dei gruppi e degli artisti sopracitati, e probabilmente sono distanti anche musicalmente vista l’attitudine e l’ispirazione. Ma personalmente credo che in un certo senso possano essere considerati come l’ennesimo step della fusione tra folk e rock, considerando anche che molti li reputano tra i pionieri del genere che hanno proposto nei loro dischi, il folk punk, influenzando tra gli altri anche gruppi italiani come Modena City Ramblers e Bandabardò.
Fondati nel 1982 dal cantante punk anglo-irlandese Shane Macgowan, dal suonatore di tin whistle Spider Stacy e dal banjoista Jem Finer, i Pogues seppero inaugurare un’ondata di folk rock inedito coniugando l’energia del punk ed un gusto per le melodie celtiche e irlandesi, condendo la loro produzione anche di rielaborazioni e cover di brani tradizionali come in passato avevano già fatto i Dubliners.
Se è vero che i Pogues trovarono il successo mondiale con If I Should Fall From Grace With God (1988) che conteneva tra le tracce anche la celeberrima Fairytale of New York, Macgowan e i suoi definirono la loro cifra stilistica col secondo album Rum Sodomy & the Lash del 85′, un compendio di sfrenate schegge di punk celtico acustico alternate a brani più lenti e romantici, come ad esempio le belle A pair of brown eyes e Dirty old town. Sally MacLennane e The Sick Bed of Cuchulainn sono probabilmente tra i brani che meglio rappresentano lo stile di questa storica band anglo-irlandese.
Mario Setaro