Nuovo Cinema Paradiso: analisi del film di Tornatore

Anno 1988, pubblico e critica accolgono con freddezza l’uscita di Nuovo Cinema Paradiso, diretto da Giuseppe Tornatore e prodotto da Franco Cristaldi. L’afflusso di spettatori ai botteghini risulta esiguo, i giudizi degli esperti di settore sulla pellicola appaiono alquanto controversi. Diverse sale italiane decidono di interromperne anzitempo la programmazione dai rispettivi palinsesti, altre si limitano a spostarne la visione agli orari pomeridiani. Il film viene per giunta scartato dalla commissione esaminatrice del Festival di Berlino. Il fallimento cinematografico appare totale sia sul versante nostrano che d’oltralpe. Tornatore non intende comunque rassegnarsi nel vedere il suo capolavoro sconfitto.

Quando il film uscì nelle sale italiane nessuno andò a vederlo. Gli incassi furono disastrosi, tranne a Messina, lì il film andò benissimo e non ne comprendevamo il motivo. Il gestore del cinema invitò la gente a prendere posto e vederlo, promettendone il rimborso del biglietto qualora il film non fosse piaciuto

Nuovo Cinema Paradiso subisce allora un taglio drastico di oltre trenta minuti. La nuova versione , dalla durata di 123 minuti, viene presentata al Festival di Cannes. Qui il film ottiene riscontri positivi sia dagli spettatori che dalla critica. L’ottimo risultato e la conseguente pubblicità internazionale permettono una nuova uscita nelle sale cinematografiche della penisola, seguita stavolta da un abbondante affluenza di spettatori.

Il tardivo successo di Nuovo Cinema Paradiso

Nel 1990 Nuovo Cinema Paradiso conquista l’oscar in qualità di miglior film straniero. Tale trionfo consacra Giuseppe Tornatore a nuovo maestro del neorealismo cinematografico italiano,degno erede di mostri sacri come De Sica, Olmi e Fellini. L’opera, al pari de La vita è bella, si suddivide sostanzialmente in due tronconi: nel primo prevale la commedia, nel secondo l’aspetto drammatico. Salvatore Cascio stupisce, diverte e commuove nei panni del bambino protagonista. Impeccabile anche la recitazione della giovane promessa Marco Leonardi, preludio ad una carriera che lo vedrà lavorare prevalentemente in produzioni estere. A questi si aggiungono attori già affermati nel panorama italiano ed internazionale quali Leo Gullotta ed il compianto Jacques Perrin. Magnifiche come sempre, seppur intensamente nostalgiche, le musiche del maestro Morricone.

Il vecchio Belpaese tra miseria e cinema

Nuovo Cinema Paradiso

Nuovo Cinema Paradiso si svolge seguendo l’iter del flashback narrativo. Salvatore Di Vita
(Jacques Perrin), affermato regista residente nella capitale, viene a sapere della dipartita di Alfredo (Philippe Noiret), suo carissimo mentore. Il triste evento lo porta a concedersi una tregua dai molteplici impegni professionali e a lasciarsi andare ai ricordi della giovinezza.

Gli abitanti della Sicilia durante il secondo dopoguerra vivono in una condizione di perenne miseria. L’Italia intera arranca, ciascuno cerca di riprendersi dalle tragiche perdite dovute all’olocausto, sopperendo come può alla fame ed alle malattie. In un paesino siculo il cinema rappresenta la principale fonte di svago in cui rifugiarsi dagli stenti della quotidianità.

Il piccolo Salvatore, da tutti chiamato Totò, è un vivace bambino come tanti che fa il chierichetto e lavora come apprendista nel  Nuovo Cinema Paradiso. Lì entra in contatto con Alfredo, addetto alle proiezioni delle pellicole. Quest’ultimo perde poi la vista a causa di un incidente, evento che finisce col responsabilizzare Totò consentendogli maggiore autonomia nello svolgimento del proprio lavoro.

Un amore impossibile

Nuovo Cinema Paradiso

Crescendo il ragazzo si innamora perdutamente di Elena (Agnese Nano), studentessa figlia del direttore della banca locale. I due iniziano una relazione che non è però ben vista dalla famiglia di lei per via delle umili origini del ragazzo. Salvatore parte ad affrontare il servizio di leva militare, Elena è costretta a lasciare il paese per trasferirsi a Palermo a causa del lavoro del padre. Tornato in Sicilia il protagonista non ha più modo di riabbracciare l’amata. Alfredo gli consiglia, per il suo bene, di abbandonare il paese e non rimettervi piede per nessuna ragione al mondo.

Terminato il flashback, Salvatore Di Vita rientra nel vecchio paese, dove tutto o niente è realmente cambiato, per assistere al funerale di Alfredo. Ha così modo di rivedere vecchi volti e luoghi che ne hanno segnato l’infanzia. Il caro Nuovo Cinema Paradiso gli si staglia dinanzi oramai trasandato, logoro e prossimo alla demolizione. Rivede infine anche Elena, mai dimenticata nonostante gli anni trascorsi. Lei è sposata e con figli, ma si concede ugualmente una notte clandestina con Salvatore all’insegna della mai sopita passione. Salvatore fa infine ritorno nella capitale sedendosi a guardare una interminabile serie di scene di bacio.

Il paese, emblema di un piccolo mondo antico

Nuovo Cinema Paradiso ripercorre quarant’anni di storia italiana, dal secondo dopoguerra al finire del decennio ’80. Il film evidenzia i vari cambiamenti attraversati dalla nazione e vissuti in prima persona dal protagonista, prima fanciullo, poi adolescente, infine uomo brizzolato di mezza età. La provincia nella quale vive Salvatore rappresenta un piccolo mondo antico, racchiuso nel suo habitat storico-sociale. Gli abitanti appaiono schietti, sempliciotti, a tratti caricaturali, “paesani” nel senso più genuino del termine. Il paese assurge metaforicamente a “gabbia dorata” che dona protezione e tutela dalle tentazioni dei centri urbani, capace però col tempo di sopprimere qualsiasi aspirazione e talento personale, soprattutto nei giovani.

In Nuovo Cinema Paradiso lo spettatore respira per gran parte del film un clima intriso di “popolarità“, intesa in senso puramente denotativo. Gli sembra, infatti, di ritrovarsi a passeggiare sui sampietrini tra i vicoli del vecchio paese dei nonni. Ciascun personaggio della storia, dal parroco alla prostituta, appare saldamente radicato in quel contesto. Lo stesso Salvatore rischia di venirne assorbito e di smarrire la propria unicità di individuo. Giunto nel pieno dell’età adolescenziale, egli è combattuto tra il rimanere ancorato alle sue origini popolari o sradicarsi. Alfredo è l’unico a scorgere realmente il conflitto interiore che logora il ragazzo rivolgendogli il consiglio più doloroso: andarsene senza più fare ritorno.

Il protagonista fugge a malincuore, in cerca di miglior fortuna, consapevole di rinunciare agli affetti più cari nonché all’amore della sua vita. L’atto ultimo del film ha un sapore agrodolce; le scene di innamorati che si baciano donano un malinconico senso di perduta magia per ciò che era e non può essere più. Un piccolo mondo antico al termine del suo ciclo vitale, destinato a scorrere per poi consumarsi, come le immagini in bianco e nero di una vecchia pellicola.

Davide Gallo