Conosciamo da vicino la vita, le opere principali e i temi di Shirley Jackson, autrice e giornalista statunitense famosa soprattutto per “L’incubo di Hill House” e “La Lotteria”.
Indice dell'articolo
La Vita di Shirley Jackson
L’infanzia di Shirley Jackson
Shirley Jackson nacque il 14 dicembre 1916 a San Francisco, California. Il padre Leslie lavorava in una ditta litografica e la madre Geraldine era una casalinga. Leslie è cresciuta con suo fratello minore in uno dei sobborghi benestanti della città.
I genitori di Shirley Jackson erano conservatori e frequentatori di country club, quindi la loro irascibile e nervosa figlia li disorientava. Shirley aveva un rapporto difficile con loro, si erano sposati molto giovani e sua madre Geraldine era rimasta delusa allo scoprire di essere rimasta subito incinta di lei.
Shirley crebbe dunque in solitudine, incapace di integrarsi tra gli altri bambini e si rifugiava nella scrittura. Geraldine sembrava terrorizzata all’idea che sua figlia non fosse “convenzionale” e non nascondeva il favoritismo che provava verso suo figlio Barry, il fratello di Shirley.
Shirley Jackson continuò a scrivere, nascondendo i suoi primi racconti, e all’età di 12 anni vinse il suo primo premio letterario con la poesia “The Pine Tree”. Nell’adolescenza il suo peso iniziò ad aumentare e ciò le causava grande disagio, complice la madre che non nascondeva il fastidio che provava all’idea di non avere una figlia convenzionalmente attraente, apostrofandola continuamente.
Shirley Jackson frequentò la Burlingame High School e suonava il violino nell’orchestra della scuola. Durante il suo ultimo anno di liceo la famiglia si trasferì a Rochester, New York e Shirley si diplomò nel 1934 alla Brighton High School, dopodiché si iscrisse all’ University of Rochester, vicina alla casa dei suoi genitori che così potevano esercitare un controllo sui suoi studi.
In quegli anni Jackson era profondamente infelice e dovette prendersi un periodo di pausa dagli studi, dopodiché si iscrisse alla Syracuse University dove progredì molto dal punto di vista sia personale che creativo, e si laureò in giornalismo.
La vita adulta di Shirley Jackson
La vita adulta di Shirley Jackson fu segnata dal tentativo di ribellarsi continuamente ai valori di sua madre. Divenne una scrittrice, prese peso e sposò un intellettuale ebreo, Stanley Edgar Hyman. Jackson lo conobbe all’università, quando iniziò a pubblicare articoli sulla rivista letteraria studentesca. Su questa rivista fu anche pubblicato il suo primo racconto, “Janice”, che racconta del tentativo di suicidio di un’adolescente.
Insieme a quello che sarebbe diventato suo marito, Jackson fondò la rivista “The Spectre” e usò la sua posizione di giornalista per difendere i diritti civili degli studenti, ad esempio denunciando la scarsa presenza di studenti di colore nel suo ateneo e la situazione di degrado degli studentati.
Dopo il matrimonio nel 1940, la coppia soggiornò brevemente a New York, dove entrambi lavorarono presso il “New Yorker”, e a Westport, Connecticut, per poi stabilirsi a North Bennington, nel Vermont, dove il marito aveva trovato un impiego presso il Bennington College e iniziava ad affermarsi come critico. Nel frattempo Shirley Jackson continuava a scrivere.
Pur vivendo una vita di ribellione nei confronti della madre, Jackson non smise mai di essere tormentata dalla sua disapprovazione e nel marito trovò una figura con cui perpetrare la dinamica disfunzionale e abusiva che aveva con lei.
Hyman aveva cercato Jackson la prima volta dopo aver letto il suo racconto “Janice” e aver deciso che l’autrice sarebbe stata la donna che avrebbe sposato. Jackson sperimentava già la depressione e l’ansia che l’avrebbero accompagnata in tutta la sua vita, e Hyman le era sembrato un salvatore: qualcuno che la riteneva meritevole di amore e di stima.
Hyman però si rivelò ben presto tutt’altro che un salvatore: la tradiva regolarmente e le raccontava i resoconti dei suoi tradimenti, spingendola in una tale angoscia da farle pensare di essere pazza. Alle sue reazioni lui replicava che se ciò le dava la nausea era una stupida, e purtroppo Shirley a causa del criticismo di sua madre era pronta ad accettare di essere trattata in un tale modo e ad essere umiliata per i suoi legittimi e razionali desideri.
Jackson e Hyman ebbero quattro figli, Laurence, Joanne, Sarah e Barry, che ispireranno personaggi dei racconti della madre. L’ambiente famigliare creato dai coniugi sembrava caldo e vivace, vivevano circondati da libri e da ospiti intellettuali e talentuosi come Howard Nemerov, Bernard Malamud, Ralph Ellison e Walter Bernstein, ma Jackson era infelice e faceva uso di alcol, sedativi e anfetamine.
Suo marito si rivelò essere retrogrado nella sua idea della divisione dei ruoli familiari. Nonostante il lavoro di Shirley Jackson era arrivato a rappresentare la principale fonte di ingresso per la famiglia, su di lei pesava interamente il fardello della crescita dei quattro figli, della spesa, della cucina e della gestione della casa. Hyman invece sedeva alla scrivania pretendendo che lei lo servisse e manteneva il controllo sulle finanze della famiglia.
Nonostante Hyman abbia comunque sempre incoraggiato il lavoro della moglie, soprattutto perchè questo manteneva la famiglia, col tempo in lui nacque il risentimento per essere stato eclissato dalla sua carriera. Di conseguenza, trovava consolazione nel descrivere Jackson come una talentuosa idiota, che scriveva in modo automatico ma doveva poi consegnare tutto a lui perché le desse spiegazioni e chiarimenti, e tradendola sistematicamente spesso con sue ex studentesse.
Shirley Jackson si sentiva quindi intrappolata nel ruolo di moglie e tagliata fuori dalla comunità di North Bennington, con cui in seguito si vendicherà ispirandosi a loro per i terribili abitanti del villaggio ne “La Lotteria”.
Ultimi anni di Shirley Jackson
Gli ultimi anni di Shirley Jackson furono segnati da numerosi problemi di salute. Aveva una forte asma a causa del fumo, dolori e svenimenti attribuiti a un problema di cuore. Soffriva anche di una forte ansia che la teneva chiusa in casa per lunghi periodi di tempo, problema aggravato da una colite che le rendeva difficile spostarsi anche per brevi distanze.
Per l’ansia e l’agorafobia che aveva sviluppato, Jackson vide uno psichiatra che le prescrisse barbiturici, che all’epoca erano considerati un farmaco innocuo, e per molti anni assunse periodicamente anche anfetamine per perdere peso. Probabilmente le anfetamine aggravavano la sua ansia, per cui Jackson cadde in un ciclo di abuso dei farmaci prescritti al fine di controbilanciare gli effetti dell’uno e dell’altro.
La sua salute in declino e la sofferenza per la sua condizione dentro le mura domestiche e all’interno della sua comunità la portarono a un abuso di alcol oltre che di farmaci. Nonostante questo, Shirley Jackson continuò a scrivere e nel 1962 pubblicò il suo ultimo romanzo, “Abbiamo sempre vissuto nel castello“, un romanzo gotico che ebbe grande successo e venne nominato dal Time uno dei dieci migliori romanzi del 1962.
Nel 1964 Shirley Jackson iniziò a tornare ad una vita normale, partecipando a conferenze e pianificando un romanzo dal titolo “Come Along with Me” che avrebbe dovuto rappresentare un punto di svolta rispetto ai temi delle sue opere precedenti.
Purtroppo Shirley Jackson non riuscì a finire il romanzo. Nel 1965 fu colpita da un’insufficienza cardiaca e morì nel sonno nella sua casa a North Bennington, all’età di 48 anni.
I temi delle opere di Shirley Jackshon
Una delle tematiche che ricorre più spesso nelle opere di Shirley Jackson è il rapporto madre-figlia. Il fatto di non essersi mai sentita amata da sua madre segnerà Jackson per tutta la vita, e questo si rifletterà nelle sue opere. In esse troviamo sempre protagoniste orfane di madre o con madri incapace di amarle, e anche episodi di matricidio.
Un altro tema ricorrente, spesso correlato con il precedente, è quello dell’invasione della privacy. Spesso le protagoniste trovano lucchetti rotti, fogli in disordine e segni che qualcuno ha rovistato tra le sue cose, spesso sua madre o sua nonna. Un episodio simile accade ad esempio in “The Road Through the Wall“, dove la protagonista si accorge che mentre era a scuola che sua madre ha rovistato tra le sue cose e letto i suoi scritti personali.
Le protagoniste di Shirley Jackson sono spesso solitarie ed emarginate, prive di una solida identità e inclini a cercarle una guida al di fuori di sé e a cercare così di riempire il proprio vuoto interiore. Sono spesso però anche incapaci di relazionarsi con il mondo esterno e la paura dell’ignoto, l’ansia e il senso di vuoto che provano le genera panico, paranoia e problemi mentali. In “Lizzie” ad esempio la protagonista, priva di personalità e senso di sé, crea delle identità multiple.
Le protagoniste delle sue opere più memorabili sono donne schiacciate dai loro traumi e dalla misoginia della società. In alcune opere sentono l’esigenza di lasciare la propria dimensione domestica per andare in una grande città ma sono sopraffatte dal caos urbano e dal senso di alienazione. In Pillar of Salt ad esempio, la protagonista Margaret si trasferisce a New York e in seguito all’impatto con la metropoli viene colta da numerosi attacchi di panico fino ad avere visioni apocalittiche della città. Alla fine, terrorizzata, finisce per telefonare al marito e chiedergli di portarla in salvo.
Opere principali di Shirley Jackson
La Lotteria
La lotteria è uno dei racconti più famosi di Shirley Jackson. Pubblicato nel 1948, è ambientato in un villaggio dove il 27 giugno di ogni anno si tiene una lotteria. Il racconto inizia con un clima pacato e tranquillo, la giornata è calma e soleggiata, ma l’atmosfera inizia gradualmente a cambiare e si percepisce qualcosa di sinistro.
Alla lotteria partecipano gli abitanti del villaggio e ognuno di loro pesca un biglietto. Ben presto si scopre che il vincitore sarà lapidato dagli altri cittadini come rito propiziatorio per un buon raccolto.
Il tutto avviene nella totale noncuranza dei partecipanti, a rispecchiare la freddezza con cui Jackson si sentiva trattata dai suoi concittadini. L’autrice ha voluto mostrare la crudeltà della civiltà americana contemporanea e gli istinti primitivi dell’essere umano che restano sempre sotto la superficie nonostante la civilizzazione.
Quando il racconto fu pubblicato sul New York Times provocò grande scalpore e si sollevarono voci di protesta contro il giornale e l’autrice.
L’incubo di Hill House
“L’Incubo di Hill House” di Shirley Jackson è considerato una delle storie di fantasmi più importanti del XX secolo. Pubblicato nel 1959, parla di Eleanor Vance, una donna che da piccola aveva vissuto un fenomeno paranormale per cui viene contattata dal professor Montague, antropologo che studia fenomeni di questo tipo.
Eleanor viene invitata dal professore a prendere parte a un esperimento: trascorrere l’estate in una casa che si pensa infestata da fantasmi, Hill House. Montague aveva invitato diverse persone a partecipare, tutte in passato protagoniste di eventi soprannaturali, perché convinto che la loro presenza avrebbe facilitato un contatto con le presenze che abitavano la casa. Sceglieranno di partecipare solo due persone: Eleanor, che voleva sfuggire alla tristezza della propria vita, e Theodora, una giovane artista che manifestava capacità sensitive. I tre si troveranno in casa con Luke Sanderson, l’ultimo erede dei proprietari di Hill House.
La casa apparentemente normale rivelerà aspetti sempre più inquietanti e al suo interno iniziano a verificarsi fenomeni paranormali. Shirley Jackson non usa mai elementi spaventosi in modo esplicito ma crea una tensione crescente, un’inquietudine che inizia a pervadere il racconto e che cresce fino all’esasperazione finale.
Eleanor sembra essere l’oggetto principale delle attenzioni delle presenze che infestano la casa e questo la condurrà progressivamente alla pazzia. La casa manipola e infine sottomette la ragazza, portandola infine alla morte quando Eleanor si schianta intenzionalmente con un’auto contro un albero, diventando essa stessa un fantasma che infesta Hill House. Il racconto quindi può essere letto sia come una storia di fantasmi, sia come il resoconto di una malattia mentale.
Abbiamo Sempre Vissuto nel Castello
“Abbiamo Sempre Vissuto nel Castello” è l’ultimo romanzo di Shirley Jackson. Pubblicato nel 1962, è un romanzo gotico ed ha come protagoniste due sorelle, Constance e Merrycat Blackwood, che vivono con il loro zio barricate nella propria casa in rovina e isolate dal mondo esterno. Gli abitanti del villaggio vicino le rifuggono e le disprezzano (un altro riferimento all’esperienza personale di Jackson con i concittadini di North Bennington).
I tre sono gli unici superstiti di una tragedia che ha coinvolto la loro famiglia: sei anni prima la figlia minore Merrycat aveva avvelenato gli altri membri della famiglia e la sorella maggiore Constance si era presa la colpa dell’accaduto, per poi essere scagionata. Le sorelle vivono ora con lo zio in un tranquillo idillio.
La quiete è rotta dall’arrivo del cugino Charles. Constance è tentata di abbandonare la casa ma Merrycat si rende conto che il cugino ha fini opportunistici e mira alla fortuna dei Blackwood. Piuttosto che lasciare sua sorella e la casa nelle mani del mondo esterno, Merrycat da fuoco alla casa.
Gli abitanti del villaggio vicino accorrono per spegnere l’incendio, ma una volta domato scatenano la loro rabbia e violenza repressa nei confronti della famiglia distruggendo la casa. Le due ragazze scappano nel bosco e al loro ritorno si rinchiudono in ciò che resta della loro casa, isolate ma felici.
Adattamenti cinematografici
- “La donna delle tenebre” riadattamento di “Lizzie” del 1957 di Hugo Haas con Hugo Haas, Eleanor Parker, Richard Boone, Joan Blondell e Marion Ross.
- “Gli invasati“, riadattamento de “L’incubo di Hill House” del 1963 di Robert Wise con Julie Harris e Claire Bloom.
- Riadattamento per il teatro di “Abbiamo sempre vissuto nel castello” di Hugh Wheeler del 1966, diretto da Garson Kanin con Shirley Knight
- “La Lotteria” film del 1969 di Larry Yust
- “Haunting – Presenze” riadattamento di “L’incubo di Hill House” del 1999 di Jan de Bont con Catherine Zeta-Jones e Liam Neeson
- Adattamento di “Come Along with Me” nel 1982 per l’episodio “Come Along with Me” di “American Playhouse” da Joanne Woodward con Estelle Parsons e Sylvia Sidney.
- Trasposizione in musical di “Abbiamo sempre vissuto nel castello” del 2010 da Adam Bock e Todd Almond allo Yale Repertory Theatre
- “The Haunting – Hill House” serie Netflix del 2018, riadattamento de “L’incubo di Hill House” di Mike Flanagan con Carla Gugino e Timothy Hutton.
- “Mistero al castello Blackwood” riadattamento di “Abbiamo sempre vissuto nel castello” del 2018 di Stacie Passon con Taissa Farmiga, Alexandra Daddario, Crispin Glover e Sebastian Stan con Michael Douglas come produttore esecutivo.
Laura Di Maro
Bibliografia
- Articolo sul New Yorker “The Haunted Mind of Shirley Jackson” di Zoë Heller
- Articolo sul The Guardian “ ‘She exposed the fragility of so-called civilised life’: why Shirley Jackson’s horror speaks to our times” di Elizabeth Hand
- Shirley Jackson – Wikipedia
- L’incubo di Hill House – Wikipedia
- Abbiamo sempre vissuto nel castello – Wikipedia