“Dai la cera, togli la cera†ripeteva il Maestro Miyagi al suo allievo Daniel LaRusso. Il Sensei John Kreese, invece, ripeteva al suo pupillo Johnny Lawrence, e agli altri allievi del Cobra Kai, “Colpisci per primo, colpisci più forte: nessuna pietà â€. I consigli fanno intuire chi siano i buoni e chi i cattivi. Anche l’esito dello scontro finale tra i due allievi, quindi, è intuibile, con la sconfitta al torneo di karate di Johnny per mano di Daniel.
Sono passati trent’anni dal film Karate Kid e in questo periodo le cose sono un po’ cambiate. Sono cambiati i protagonisti, è cambiato il mondo, siamo cambiati noi. Ed è questo che la serie Cobra Kai cerca di raccontare; la complessità del reale plasma il mondo adolescenziale spiegando che non esistono solo buoni e cattivi bensì infinite sfumature di grigio.
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La vecchia generazione di Cobra Kai

Dal mitico incontro del 1984 Daniel ha fatto strada. Da reietto della società , con una situazione familiare difficile e vittima di bullismo, è divenuto un uomo d’affari rispettato, con una grande casa, auto di lusso rigorosamente tedesche, una bella famiglia. Ma tutto ciò maschera ciò che è divenuto Daniel nel profondo: un uomo vendicativo e opportunista, con pregiudizi e ambizioni.
Johnny, invece, è divenuto un emarginato. Non ha un lavoro fisso, viene saltuariamente aiutato economicamente dal disprezzato padre adottivo, ha un’automobile che è un rottame di muscle car, suo figlio Robby lo detesta, la sua ex moglie è un’alcolizzata. Rimugina continuamente sul passato individuando nella sconfitta contro Daniel l’inizio della fine. Un giorno salva da un pestaggio Miguel, un ragazzo ispanico, e decide di riaprire la scuola Cobra Kai. Da lì inizierà un percorso di redenzione per Johnny che dovrà però fare ripetutamente i conti con il suo passato.
La nuova generazione di Cobra Kai
Ciò che cambia maggiormente nella nuova Cobra Kai sono gli allievi. Non ci sono più i tipici bulli del film degli anni ’80 bensì i ragazzi bullizzati dai figli delle famiglie amiche di Daniel. Ragazzi viziati, ricchi, la cui aura d’innocenza serve a mascherare agli iperprotettivi genitori la mancanza di morale e ideali ben saldi. E su chi praticano le loro meschinità ? Su ragazzi con situazioni difficili.
Grazie ai rudi insegnamenti di Johnny, però, la situazione cambierà . Le vittime impareranno a difendersi non solo dagli altri, ma anche da loro stessi, dalla paura di essere esclusi, diversi, inutili. Con un linguaggio tutt’altro che politicamente corretto, Johnny li motiverà , insegnando loro a farsi valere. Il Cobra Kai li aiuterà a trovare un posto nel mondo anche quando il mondo non li vuole.
Generazioni a confronto

Tra adulti eternamente adolescenti e adolescenti eternamente bambini, Cobra Kai dà uno spaccato della società che doveva essere e che invece non è stata. La generazione figlia degli anni ’80 si confronta continuamente con quella del 2000’, con sonore sconfitte di quest’ultima, a cominciare da quella musicale. AC/DC, Queen, Guns ‘n’ Roses, tutto l’hard rock anni ’80 fa, infatti, da sfondo alle avventure dei personaggi.
Gli ovattati figli del perbenismo e del politicamente corretto verranno continuamente derisi e affrontati dagli allievi del Cobra Kai. Bastano pochi secondi per desiderare di prendere a calci l’irritante e obeso figlio di Daniel che non allontana mai le dita dai suoi smartphone e tablet e pretende che qualsiasi cosa la facciano i genitori. O la maestra di Eli che annuncia a tutta la scuola di non deridere il ragazzo per il suo labbro finendo per coprirlo di ridicolo. O la fastidiosissima madre del più volte campione di karate, l’emblema della perfezione e del politicamente corretto: un ragazzo che non risparmia messaggi di pace e amore mentre la madre lo incita a picchiare più duro.
E in tutto questo ci sono i due poli, Johnny e Daniel. Il primo è un personaggio tipicamente shakespeariano che cerca di risolvere il dramma che è diventato la sua vita. Il secondo, invece, è un uomo che ha perso l’equilibrio e, di riflesso, non riesce nemmeno a tramandarlo ai figli, agli allievi, a noi. Daniel ha perso pathos, non riusciamo né a immedesimarci in lui né a fare il tifo per lui perché si è svuotato e omologato. Per questo i nostri occhi sono tutti per il “cattivo” Johnny che, al contrario, cerca di migliorarsi e migliorare gli altri.
La terza stagione di Cobra Kai: eroi in un mondo squilibrato
“Credevo che fossimo i buoni”
“E lo siamo… o almeno ci proviamo. Questo è ciò che conta!”
La terza stagione è forse la più esplicita, quella che rivela il lato umano di ogni personaggio, persino del luciferino Sensei Kreese. E, ancor di più, è la stagione dove bene e male si mescolano, si alleano, dove i contorni del nero e del bianco sono più sfumati, dove delle coscienze si annebbiano mentre altre si risvegliano.
I problemi tramandati generazionalmente si ripercuotono sui figli per poi ritornare ai padri. Tutta la violenza subita viene vomitata sul prossimo. E disinnescarla è un compito arduo siccome si rischia di esser travolti da essa.
Cobra Kai c’insegna quanto sia duro fare la scelta giusta e che spesso essa ha conseguenze tutt’altro che piacevoli. Accettarle forse è il vero atto di eroismo. I ragazzi, così come gli adulti, capiscono che non esiste un bene assoluto e un male assoluto bensì una storia personale che altera o corrompe l’animo umano dando infinite gradazioni di grigio.
Lo sprone di Cobra Kai contro una scorretta omologazione

Per molti anni, si è optato per la censura anziché la correzione. Si è nascosto il problema pur di non rivelarlo in tutta la sua crudezza. Ed è stato così che il politicamente corretto non si è più occupato di discriminazione bensì di una ridicola e orwelliana omologazione.
Nella società ideale dovremmo avere tutti gli stessi diritti e tutti lo stesso rispetto. Questo, però, non ci esenta dal migliorarci costantemente. Ovviamente, questo può accadere solo se conosciamo i nostri punti deboli o se qualcuno ce li fa notare spronandoci a correggerli, come fa Johnny nel suo nuovo Cobra Kai. Il politicamente corretto fa venire meno questo progresso siccome non sprona l’individuo a migliorarsi.
Cobra Kai fa principalmente due cose: deride e mostra.
- Deride le mode del politicamente corretto, dei social network, degli pseudointellettuali delle foto con sushi e gallerie d’arte lontane dallo spirito delle cose.
- Mostra un mondo pragmatico e diretto. Ad esempio, non si limita a parlare del problema del bullismo, ma ad affrontarlo. Esisterà sempre un bullo a scuola e non sempre delle belle parole lo fermeranno.
La recensione di Cobra Kai: una conclusione
Come abbiamo visto, Cobra Kai è molto più che una semplice operazione di revival. È un confronto generazionale che apre molte riflessioni sulla nostra società , su quel tanto agognato equilibrio che sembra sia andato definitivamente perso con gli inizi del nuovo millennio.
Cobra Kai vuole ricordarci che la strada per l’equilibrio è tutt’altro che facile siccome è fatta di cadute e risalite. Vuole spronarci a capire l’altra parte e soprattutto noi stessi, dando un colpo ben assestato a questa complessa e isterica società .
Antonio Cusano
Fonti
Idiavoli: https://www.idiavoli.com/it/article/cobra-kai-rivincita-sequel
Indiewire: https://www.indiewire.com/2019/04/cobra-kai-review-season-2-youtube-premium-1202127560/