Cosmogonia greca: la creazione del mondo dal caos nel mito

Oggi si cerca di dare delle spiegazioni all’origine del mondo: molti credono alla Creazione dalle mani di Dio in “7 giorni” e altri credono alla teoria del “Bing Bang”. Secondo la mitologia greca, invece, in principio era il Caos, cioè un miscuglio universale e disordinato della materia; questo disordine era però una divinità capace di generare: è la Cosmogonia. La maggior parte dei figli del Caos furono divinità malevole e capricciose.

Cosmogonia: al principio era il “Caos”

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All’origine era il “Caos”, poi da esso si delineò il Cosmo: è la Cosmogonia.

Secondo la cosmogonia della mitologia greca, dal Caos nacque anzitutto il Destino o Fato, dai voleri imperscrutabili, divinità ora benigna, ora ostile (niente poteva cambiare i suoi decreti). Nacquero poi molte altre divinità: l’Erebo, una specie di abisso senza fondo; la Notte, anch’essa buia, ma portatrice di riposo e consigli; le Parche, ministre del Destino; la Discordia e la Vecchiaia.

Più tardi nacquero divinità alquanto più clementi: la Concordia, l’Amore, il Giorno, Urano (cioè il Cielo) e Gea (cioè la Terra). Così, per volontà di Amore, Notte e Giorno, Concordia e Discordia, Cielo e Terra, formarono delle personalità distinte dalle altre, cessando di essere il miscuglio del Caos. Così, dal Caos (il disordine) incominciò a delinearsi il Cosmo (l’ordine): la cosmogonia è ormai al suo stato avanzato.

Cosmogonia: il regno di Urano

Urano è il primo dio che regnò sull’Universo appena uscito dal disordine del Caos. Egli si unì a Gea, la Terra, e da essa ebbe molti figli. Tra essi, i principali sono i Titani (tra cui Oceano e Cronos) e i Ciclopi. Urano aveva paura dei suoi stessi figli e, appena nati, li nascose nel Tartaro. La loro madre Gea, adirata, persuase i Titani a ribellarsi al loro stesso padre e a detronizzarlo: diede infatti all’ultimo nato dei Titani, a Cronos, una falce, con la quale mutilò Urano dei genitali. Narra una tradizione, raccontata da Esiodo, che dai genitali di Urano scagliati in mare nacque Afrodite, mentre dal sangue che uscì dalla ferita nacquero le Erinni o Furie.

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Giorgio Vasari, La mutilazione di Urano da parte di Crono (XVI secolo), Palazzo Vecchio, Firenze (Italia)

Il regno di Cronos

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Pieter Paul Rubens (1577 – 1640), Crono divora Poseidone, olio su tela, Museo del Prado, Madrid (Spagna)

Dopo aver detronizzato il padre, Cronos, detto dai Latini Saturno, prese per sposa Rhea, dea frigia chiamata “Grande Madre” e ne ebbe molti figli, tra cui Zeus.

Un oracolo aveva predetto a Cronos che sarebbe stato spodestato da uno dei suoi figli, allora decise di ingoiare i figli appena nati. Chronos, con l’accezione di “tempo”, assume proprio il significato metaforico che il tempo divora tutte le cose che egli stesso ha creato.

La madre Rhea era disperata di vedere i propri figli crudelmente trangugiati e così decise di partorire Zeus di nascosto, in una profonda caverna del monte Ida, nell’isola di Creta, dove affidò il neonato alla cura di alcune ninfe.

Zeus venne quindi cresciuto dalle ninfe a Creta e i Ciclopi lo facevano esercitare in giochi di forza. Infatti, essi gli avevano fabbricato nella loro fucina sotterranea gli strali del fulmine, e lui si abituava a lanciarli.

Diventato adolescente, Zeus salì al cielo e si presentò alla corte di suo padre, lo costrinse con la forza a bere un emetico, che gli fece rigettare i cinque figli sin allora trangugiati (Vesta, Demetra, Giunone, Plutone e Nettuno); poi lo detronizzò e prese il suo posto di re degli dei.

La Titanomachia

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La caduta dei Titânes (1588) Cornelis Corneliszoon van Haarlem (1562-1638), dipinto.

Non tutti i Titani si rassegnarono al nuovo dominio di Zeus. Scoppiò, così, una guerra che durò 10 anni, detta “Titanomachia”. La guerra durò a lungo e Zeus si avvalse dell’aiuto dei Ciclopi che i Titani avevano rinchiuso nel Tartaro. Alla fine i Titani ribelli furono sconfitti e Zeus li punì duramente: Atlante, per esempio, venne condannato a reggere sulle spalle la volta del cielo.

Il mito di Prometeo

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Prometeo ruba il Fuoco agli Dei (scuola flamenca sec XVII)

Prometeo (dal greco: “colui che prevede”) era un Titano che non aveva partecipato alla guerra perché ne aveva previsto l’esito ed era anche il Titano che osò “rubare” il fuoco agli dei per portarlo agli uomini. Prometeo, infatti, aveva compassione di degli uomini che mangiavano carni crude e vivevano al freddo, così si recò a Lemno, dove Hefèsto aveva una delle sue fucine, rubò al dio dei fabbri una favilla di fuoco e, nascondendola dentro un bastone cavo, la portò agli uomini.

Zeus fece catturare Prometeo dai suoi due servi, Cratos (la forza) e Bia (la violenza) che lo portarono nel selvaggio paese degli Sciti, sul più alto monte, e lì Hefèsto lo crocifisse, fermandolo con catene e anelli alle braccia e ai piedi e con un grosso chiodo nel costato. Inoltre fu mandata un’aquila che veniva ogni mattina a divorargli il fegato, il quale poi ogni giorno ricresceva.

Il supplizio durò secoli e secoli, finché Zeus venne a sapere che Prometeo gli aveva predetto il futuro e aveva “visto” che sarebbe stato detronizzato. Solo Prometeo conosceva il modo con cui evitargli questo destino! Zeus fece così liberare Prometeo e questi gli svelò che, se Zeus avesse sposato Teti, la dea del mare, dalle loro nozze sarebbe nato un figlio che lo avrebbe cacciato dal trono. Zeus, allora, decise di sposare Hera e fece sposare Teti a un mortale, a Peleo.

Il Diluvio Universale

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“Diluvium”. Opera di Antonio Tempesta (1606)

Gli uomini, usciti dal primitivo stato selvaggio per opera di Prometeo che aveva dato loro il fuoco e la civiltà, montarono in superbia e, ritenendosi uguali agli dei, avevano perduto ogni sentimento religioso. Divennero perciò capaci di ogni ingiustizia e prepotenza e scoppiarono molte guerre tra i popoli. Zeus decise allora di distruggere il genere umano, sommergendo il mondo sotto le acque.

Fu il Diluvio Universale, cataclisma ben presente anche in successivi “racconti sacri” di altri popoli antichi: basti pensare alla storia di Noè narrata nel I libro della Bibbia (Genesi, 6-9).

Tutti gli uomini perirono, tranne due: Pirra e Deucalione (figli di Prometeo, cresciuti nella selvaggia Scizia come uomini) perché Zeus sapeva che Deucalione era l’unico principe onesto e religioso, e Pirra l’unica donna savia e onesta.

Per volere e ispirazione di Zeus, essi avevano fabbricato una barca, sulla quale si misero in salvo dal diluvio che durò 9 giorni. Essi, poi, ripopolarono la terra lanciando, dietro di loro, pietre che, per volere della dea Temi, si trasformarono in uomini.

Raffaela De Vivo

Bibliografia:

F. PALAZZI, I miti degli dei e degli eroi, Loescher editore, Torino, 2004.