Alessandro Magno nelle Vite di Plutarco: l’analisi

Alessandro Magno è il dedicatario di uno scritto biografico di Plutarco di I-II secolo. Egli giunse ai confini dell’India costruendo un impero immenso in pochissimi anni. La sua spedizione generò una fioritura storiografica al limite del romanzesco.

Le fonti che Plutarco utilizza sono dunque molto varie, spaziando dagli storici di Alessandro agli scritti ufficiali. Egli non esita a mostrare dubbi sull’autenticità storica di alcuni episodi. Tuttavia l’autore utilizza tutto ciò che possa essergli utile a fornire un ritratto affascinante del personaggio.

Alessandro Magno il paidios, il figlio di Dio

La vita di Alessandro Magno è costellata di prodigi, oracoli, una profonda devozione a tratti superstiziosa. La sua stessa nascita è accompagnata da grandi rivelazioni, come la presunta origine divina:

“Filippo vide un serpente disteso accanto al corpo di Olimpia che dormiva. In seguito a questo episodio egli attenuò le sue effusioni amorose verso la moglie sino a diradare i suoi incontri notturni con lei, vuoi perché temeva che la donna potesse fargli dei sortilegi, vuoi perché, convinto che avesse rapporti con un essere superiore voleva evitare di toccarla. […]”

Un viaggio all’insegna della conoscenza e della letteratura

L’Alessandro Magno di Plutarco è un uomo alla perenne ricerca della bellezza. La ritrova ovunque, nello sfarzo dell’impero persiano come nell’amicizia quotidiana che lo lega ai suoi soldati macedoni; nella compostezza dei costumi greci come nel lusso orientale; nella ricchezza dei re indiani e nella nobile povertà dei gimnosofisti.

Ricerca la gloria come sete di conoscenza, superamento dei limiti umani ed emulazione divina. Il chiaro modello di riferimento di Alessandro è Omero. L’Iliade, che egli pone sotto il cuscino ogni notte, è un sogno luminoso le cui imprese egli cerca di riprodurre nella propria esperienza di vita.

Il personaggio a cui si ispira è chiaramente Achille, che ritiene un uomo ricco perché da vivo aveva avuto un amico fedele, e da morto un grande cantore della sua fama.

Alessandro apre la sua spedizione in Asia con la visita al cippo d’Achille nella Troade. Vuole dunque connotare la sua impresa in senso panellenico – come vendetta dei Greci sui Persiani – ma anche come personalissimo omaggio al più grande eroe della Grecia e punto d’ispirazione morale.

Il valore della filantropia

Plutarco tuttavia ci descrive un Alessandro che, al contrario degli eroi omerici, non coltiva soltanto il culto della propria grandezza. La sua spedizione appare quindi mossa dal desiderio – certamente anche strategico – di fondere culture diverse nel nome della fratellanza.

Alessandro è forse il primo a rompere in tal senso la logica del particolarismo della società delle poleis greche.

La caducità dei beni terreni e la ricerca della verità

Il forte senso della misura, tutto greco, è il vero monito di Alessandro. Le grandi ricchezze dell’impero persiano appaiono ai suoi occhi effimere. I valori e le speranze che animano il suo viaggio sono invece inestimabili.

La conoscenza e la filosofia sono in cima a questa gerarchia di principi morali. Il grande ‘re d’Asia’ appare infatti capace di gesti di generosità esorbitanti, che Plutarco ci racconta con una minuziosità volta a suscitare l’ammirazione del lettore:

“Pur con queste ristrettezze economiche Alessandro volle partire comunque. ma prima d’imbarcarsi, tenuto conto delle condizioni economiche degli amici, donò a ciascuno qualcosa. a chi un terreno, a chi un villaggio, a chi le rendite di un borgo o di un porto. Dopo ch’egli ebbe esaurito la distribuzione di tutti quei beni, Perdicca gli domandò: “E a te mio re, cosa rimane?”, “La speranza”, rispose Alessandro.”

Un personaggio che non poteva dunque non suggestionare Alessandro Magno è Diogene di Sinope. Plutarco è in grado di regalarci una delle scene più famose della letteratura mondiale, raccontandoci l’incontro tra i due, così opposti eppure così  vicini:

“Diogene sollevò un po’ lo sguardo, quando vide tanta gente venire verso di lui, e fissò negli occhi Alessandro. E quando il monarca si rivolse a lui salutandolo, e gli chiese se volesse qualcosa, egli rispose “Sì, stai un po’ fuori dal mio sole”. Si dice che Alessandro fu così colpito da questa frase e ammirò molto la grandezza di un uomo che non aveva nulla ma solo disprezzo nei suoi confronti. e disse ai suoi seguaci, che ridevano e scherzavano sul filosofo mentre si allontanavano: “Davvero, se non fossi Alessandro vorrei essere Diogene.”

Alessandro Magno secondo Plutarco: un ritratto a tinte fosche

Amore per la cultura, per la diversità, coraggio in battaglia e nobiltà d’animo. Tuttavia queste caratteristiche non sono assolute. Lasciano infatti spazio ad episodi che mettono invece in mostra il lato ‘negativo’ del grande imperatore, o meglio quello ‘umano’.

Plutarco non manca di ricordare gli atti di crudeltà che Alessandro Magno compie ai danni dei suoi compagni. Suggestivo il racconto dell’uccisione di Clito, che aveva osato ribellarsi. O ancora, la condanna a morte di Callistene, storico della spedizione d’Asia e nipote di Aristotele, solo perché costui si era rifiutato di piegarsi alla proskynesis, ritenuto dai Greci un gesto servile non adatto a un uomo libero.

Plutarco nelle Vite: personaggi “dipinti”

Nella composizione delle Vite Plutarco indossa le vesti del pedagogo. Intende far rivivere nel presente e nel futuro le gesta gloriose dei grandi statisti e combattenti del passato.

Una missione di alto impegno etico-pedagogico, portata avanti in una chiave di lettura particolare che vuole spogliare i personaggi dei loro ruoli ufficiali e consegnarli alla storia come uomini in carne ed ossa. Come lo stesso autore evidenzia nel proemio dell’opera, il suo obiettivo non è quello di fornire una trattazione fattuale, bensì un quadro caratteriale di Alessandro: “Io infatti non scrivo storie, ma vite”.

Il biografo si muove dunque come un pittore, cercando di riprodurre i dettagli più  nascosti del suo soggetto e percorrendo le vie meno battute:

“[…] spesso una piccola azione, una parola, un motto arguto, danno un’idea del carattere di una persona molto meglio di quanto non possano fare scontri di  eserciti con migliaia di morti o assedi di città.”

Il ritratto complessivo che la Vita di Alessandro ci fornisce non è dunque immacolato. Plutarco si distacca così dal carattere adulatorio dei precedenti storici del macedone. Altissime doti morali si alternano ad atti di crudeltà, spesso impulsivi.

Eppure dietro ad essi si intravede la profonda umanità dell’uomo, riesumato da Plutarco in tutte le sue passioni.

Il merito di questo storico risiede nell’aver interpretato la grandezza di un uomo elevatosi a modello per la sua generazione e per le successive. A distanza di secoli possiamo ancora ammirare il capolavoro eterno ma mai immobile che Plutarco, con lungimiranza, ci ha regalato.

Rossella Famiglietti