La storiografia retorica di età ellenistica

La storiografia retorica

La storiografia retorica è una delle più importanti correnti storiografiche in età ellenistica: i suoi rappresentanti si sono concentrati in modo particolare sulla forma stilistica delle loro opere. Vanno considerati come padri di questo genere storiografico Gorgia e Isocrate, mentre ne sono esponenti principali Eforo di Cuma, Teopompo di Chio (discepoli di Isocrate)  e Anassimene di Lampsaco.

Storiografia retorica
Alessandro e un giovane tebano alla battaglia di Cheronea, dettaglio della stele di Pancare.

Gli esponenti principali della corrente storiografica retorica: Eforo di Cuma, Teopompo di Chio e Anassimene di Lampsaco

Eforo di Cuma

Eforo è originario di Cuma, in Asia Minore ma l’epoca in cui lo storico visse non è certa. Le notizie che lo riguardano riferiscono di Eforo che fu scolaro di Isocrate e contemporaneo di Teopompo, suo collega storico; inoltre, si dice l’inizio della spedizione di Alessandro nel 334, dato che, secondo una antica testimonianza che Plutarco riferisce (Mor., 1043 d = T 6) egli rifiutò l’invito del re Macedone a partecipare come storico alla sua spedizione. Potremo dire che Eforo sia vissuto tra il 400 al 330 circa.

Storico universale

Lo storico di Cuma è stato il fondatore e il rappresentante principale delle cosiddetta storiografia retorica, ma – a detta di Polibio (V, 33, 2)- va considerato il primo e fino alla sua epoca unico storico universale. A ciò possiamo aggiungere che Eforo, per il tramite di Diodoro, che ha attinto largamente alla sua opera, è la nostra unica fonte continuativa per la storia Greca del 480 al 340 a.C.

Le opere minori

Eforo ha scritto una Storia Locale (Epichórichos logos), raccolta encomiastica delle tradizioni della sua patria Cuma, città della quale andava fiero e che amava ricordare. Qui, tra le altre cose, affermò e motivò con dovizia di particolari che Omero era originario di Cuma (Fr. 1).

Scrisse, poi, Sulle Invenzioni (Perí heuremáton, Fr. 2-5), uno scritto di chiara impronta sofista nell’ottica del tema, e Sullo stile (Perí léxeos), un titolo che dimostra quanto le questioni stilistiche stessero a cuore allo storico di Cuma.

Le Historíai

Le Historíai sono la grande opera storica di Eforo. Si tratta di una storia universale redatta in 29 libri in cui lo storico di Cuma, tralasciando l’età mitica, inizia il racconto dal primo evento ritenuto storico, il ritorno degli Eraclidi (Diod., IV, 1, 2 = T 8) fino alla propria epoca, sino all’inizio della cosiddetta guerra sacra del 356 (Diod., XVI 14, 3 + T 9a).

Il XXX libro che contiene il resoconto degli anni dal 356 al 340, fino all’assedio di Perinto da parte di Filippo II, è stato scritto da Demofilo il figlio di Eforo (Diod., XVI 14, 3 + t 9 a).

L’opera di Eforo fu suddivisa in 29 libri dall’autore stesso in persona che aveva, inoltre, premesso a ciascun libro un proemio introduttivo (Diod., XVI 76  = T 10). Della sua opera ci sono rimasti circa 225 frammenti.

Spazio alla storia contemporanea

Eforo sceglie nella sua opera di dare molto spazio alla storia contemporanea, che occupa rispetto alle epoche precedenti uno spazio insolitamente ampio. Questa scelta viene consapevolmente esplicata dallo storico stesso nel suo proemio (F 9) dove viene da lui detto che:

Per quel che riguarda gli avvenimenti contemporanei, le fonti più attendibili sono coloro che ne riferiscono con la massima esattezza; mentre per quelli che concerne i fatti risalenti a un passato remoto, le fonti meno attendibili sono proprio coloro che li riportano con dovizia di particolari, perché’ riteniamo che sia difficile poter tramandare con assoluta completezza ogni evento e la maggior parte dei discorsi.

Eforo dava grande importanza alle questioni stilistiche e al linguaggio della sua opera. Tuttavia il suo stile era considerato dagli autori antichi “fiacco, pensante e senza nerbo”, mentre quello di Teopompo è definito “potente, conciso e vivo”. (cfr. Suda, s.v. Ephoros).

Il pungolo e le briglie

Un giudizio che si lega alla scelta di stile che Eforo portò avanti rinunciando alle figure retoriche gorgiane e eliminando dalla sua narrazione gli elementi raccapriccianti (F 42) mentre Teopompo ne fece un uso più frequente e cercò più esplicitamente di mostrare l’orrido. Isocrate affermò -stando alla tradizione- che Eforo aveva bisogno del pungolo, Teopompo delle briglie (T 28).

Imparzialità

I dettami stilistici di Eforo erano caratterizzati da una certa tendenza all’imparzialità e dunque da mancanza di pathos, di un chiaro impegno politico e da una piattezza morale. Anche qui lo storico di Cuma si trovava in antitesi con lo storico di Chio, Teopompo, il quale invece decise di manifestare apertamente le sue prese di posizione in campo politico e etico.

Amore per la sua patria

Una tenue propensione filoateniese e un grande amore per la sua patria Cuma, che Eforo non perde mai occasione di menzionare, attenuano però tale imparzialità. Strabone (XIII 3, 6 = F 236) riferisce che:

Si deride Eforo anche perché egli, narrando diversi avvenimenti e non potendo menzionarne alcuno per la sua città, non si trattiene dal farne il nome e dallo scrivere: “A quell’epoca i Cumani non fecero nulla”.

Morale

Per quanto riguarda l’aspetto moralistico della storia di Eforo, egli crede che il racconto delle buone azioni non può non indurre tutti i popoli e tutti gli uomini, mentre la narrazione delle vicende cattive li trattiene dal farsi imitatori. Quello di Eforo è un approccio alla morale diverso da quello di Tucidide e dal suo atteggiamento didascalico e sobrio, piuttosto la sua è stata definita una “morale casalinga” (Klaus Meister) che pronta per tutti comportamenti umani la ricetta giusta. Lui da sempre un giudizio etico complessivo sui personaggi; cosa che ha riscontrato in seguito il favore di Polibio (XII 28, 16).

Il tono

Il tono che contraddistingue la sua narrazione è un tono razionalistico. Egli infatti tralascia il mito e spesso lo critica in modo razionale; lo storico di Cuma decide, inoltre, di eliminare la sfera del divino dalla storia, per sostituirla con la tyche, il fato indeterminabile.

Eforo utilizza con frequenza e per la prima volta tra gli storici il mezzo del raddoppiamento, in altre parole egli ripete le narrazioni degli eventi a suo piacere e giudizio. Con questo artificio narrativo poteva colmare lacune e vuoti, integrando, allungando e variando il racconto delle fonti.

Autori antichi avevano notato già le ripetizioni di Eforo. Polibio (VI, 46, 10) per esempio critica lo storico di Cuma, perché descriveva la costituzione cretese e spartana in termini quasi perfettamente uguali. Molti altri sono gli esempi.

Libri divisi per temi

Per quanto riguarda la struttura interna della sua opera di storia universale, Diodoro (V 1, 4 = T 11 e cfr. anche Diod., XV, 1) ci illumina sulla sua articolazione, riferendoci che “in Eforo, storico universale, merita ammirazione non solo lo stile, ma anche la struttura dell’opera. Egli ha infatti proceduto in modo tale che ognuno dei suoi libri include avvenimenti divisi per temi (katà ghénos).

Il flusso universale

Eforo, dunque, prende le distanze dal modello della cronaca annalistica, che racconta anno per anno gli avvenimenti in luoghi diversi; egli sceglie di narrare, invece, di seguito gli avvenimenti accaduti in uno stesso luogo in un arco cronologico abbastanza lungo. Un principio che per uno storico universale non è logico. La contemporaneità degli avvenimenti in scenari diversi implicherebbe più facilmente una narrazione di tipo annalistica.

In sintesi, il metodo di Eforo può essere riassunto come un flusso a carattere universale di eventi storici concepito però non nella sua complessità, ma in una somma di singole narrazioni che seguono non solo una logica temporale ma spaziale.

Le fonti

La storiografia retorica di Eforo è una storiografia di materiali di prima mano, documenti, inscrizioni, epigrammi, ecc., che però non vengono sempre da lui ricontrollati e verificati di persona. L’esattezza documentaria delle fonti e dell’opera di Eforo è perciò lontana.

Descrizioni di battaglie

Anche le battaglie descritte da Eforo mostrano come lo storico non avesse mai preso parte di persona ad un combattimento. Polibio lo critica in modo legittimo a riguardo (XII,  25). Diverse descrizioni sono rimaste in Diodoro (XV, 55 sgg.,: Leuttra; 85-87; Mantinea) e l’analisi dimostra che esse contengono molte fioriture retoriche dove poco spazio veniva dato al vero e proprio svolgimento delle battaglie.

Plutarco nei Moralia riferisce: sui discorsi e sulle allocuzioni fatti tenere da Eforo, Teopompo e Anassimene di fronte agli eserciti schierati e disposti a battaglia si può solo dire: “nessuno prossimo a sguainare le spade dice tali sciocchezze”.

Indizi che ci portano a dire che Eforo fosse uno storico da tavolino privo di esperienza politica e militare.

Teopompo di Chio

Più giovane di Eforo di qualche anno fu Teopompo di Chio, un altro esponente della storiografia retorica della storiografia greca di età ellenistica e allievo anche egli di Isocrate. 

Vita in esilio e in viaggio

Una breve Vita contenuta in Fozio (bibl. 176, p. 120 b  19) riferisce come Teopompo  fosse stato bandito insieme al padre Damasistrato con l’accusa di lakonismós, un “filospartanismo” ritenuto eccessivo. Una lettera di Speusippo a Filippo II svela che Teopompo visse a lungo presso la corte del re macedone Filippo II. Fu un grande viaggiatore. Nel 333-32, ormai 45enne, poté ritornare in patria per iniziativa di Alessandro Magno. Sembra verosimile che la sua data di nascita possa essere inserita a cavallo degli anni 378-77.

Fomentatore di disordini

Dopo l’improvvisa e prematura morte del sovrano macedone lo storico di Chio venne esiliato di nuovo e scacciato, poi, ovunque, trovò ospitalità presso la corte di Tolomeo I in Egitto, dove però ben presto ricevette il ben servito e un tentativo di eliminazione  con l’accusa di essere “fomentatore di disordini”. Si salvò per l’intervento di alcuni suoi amici.

Per la morte di Teopompo, il Fr. 330, datato al 324, fornisce una data post quem: lo storico di Chio sarebbe morto dopo il 320.

Teopompo oratore

Le fonti sono concordi nel dire che Teopompo di Chio fu un allievo di Isocrate (T 1 e 5) e lui stesso in (F 25) asserisce di aver svolto all’inizio l’attività di retore e di essere stato insieme a Isocrate e Teodette fra i più celebri oratori greci. Nello stesso passo Teopompo stesso afferma, inoltre, di aver scritto in totale circa 20.000 righe, e che non c’era nessuna città importante della Grecia dove non avesse mietuto con i suoi discorsi grandi successi.

La tradizione ha tramandato alcuni titoli dei suoi discorsi, incentrati per lo più su temi di attualità politica, ad esempio Ad Evagora, Panathenaikós, Lakonikós, Olympikós (T 48). Gellio riferisce che Teopompo ottenne nel 351 la vittoria con il suo Panegyrikós del re Mausolo di Caria. Sono noti anche titoli di epistole politiche: Lettere da Chio, Elogio di Filippo, Consigli ad Alessandro.

Polemica contro Platone

Teopompo scrisse anche Invettiva contro Platone e la sua scuola; qui il retore e storico di Chio – partecipando, per i suoi interessi retorici, alla polemica degli isocratei contro Platone – scagliava la sua parola contro gli scritti che definiva “inutili” del filosofo, definito da lui “plagiatore” (F 259) e criticava le definizioni categoriche date dal filosofo al “buono”, al “bello“ e al “giusto” (F 275).

Epitome di Erodoto

L’opera storica di Teopompo di Chio fu senza dubbio più grande. Secondo il F 25 egli ha scritto in totale 150.000 righe. Egli inizio la sua carriera da storico con un Epitome di Erodoto, un compendio dell’opera storica di Erodoto in due volumi (T 1; F 1- 4). Teopompo è, dunque, a quanto ne sappiamo il primo storico ad aver fatto excerpta di un opera precedente, dando il via ad una tradizione che giunge sino alla tarda antichità e nell’età bizantina.

Le opere principali

Le opere principali di Teopompo son due: gli Helleniká (Storia Greca) e i Philippiká (Storia di Filippo). Nella sua Storia Greca, lo storico di Chio si riaggancia a Tucidide e inizia la sua narrazione dal 411; in 12 libri descrivergli avvenimenti sino alla battaglia navale di Cnido nel 394 a.C. In esse mostrava la sua simpatia per la politica di espansione panellenica di Sparta; questo stesso interesse panellenico, di schietto stampo isocrateo, lo spinse a essere sostenitore della politica di Filippo di Macedonia.

Helleniká solo 19 frammenti

Teopompo ha narrato questo periodo ad una distanza temporale di circa mezzo secolo, non poteva, dunque, che dipendere in primo luogo da fonti letterarie. Sfortunatamente ci sono rimasti dei suoi Helleniká solo 19 frammenti, fra cui alcuni del tutto privi di importanza. Per questo motivo non possiamo aggiungere molto riguardo la cronologia, la struttura, lo stile e i valore storico dell’opera di Teopompo.

Storia di Filippo

Più numerosi sono, invece, i frammenti rimastici della Storia di Filippo (F24 -396), la grande opera tarda di Teopompo, capolavoro di storiografia retorica, apparsa dopo il 324 a.C. (F 330).

 

Filippo II
Re della Macedonia, Tetradramma, Pella, Filippo II, 359-336 ed emissioni postume.

 

Imprese dei Greci e dei Barbari

Il titolo potrebbe trarre in inganno. L’opera di Teopompo, infatti, complessiva di 58 libri non narrava solamente la storia di Filippo II di Macedonia come il titolo potrebbe farci pensare: lo stesso Teopompo afferma, infatti, chiaramente che il contenuto si incentrava piuttosto sulle imprese dei “Greci e dei Barbari”. I Philippiká, dunque, sono stati definiti una sorta di storia universale, al cui centro c’è Filippo II. 

I tempi erano cambiati, la polis non era più al centro del mondo e trampolino per il mondo. Uomini, sovrani, un semidio (Alessandro Magno), diventano protagonisti e centro delle storie.

La storiografia di età ellenistica tutta e, in particolare, la storiografia retorica, recepisce tutti i cambiamenti e li fa propri dei suoi temi e delle sue forme.

Sulla scia di Erodoto

Era un’opera molto vasta con un enorme quantità di excursus relativi non solo alla storia politica, ma contenenti anche elementi topografici, geografici, storico-culturali, memorabilia e thaumasia (le cose prodigiose), e perfino racconti mitografici. Un concetto di storiografia, quello di Teopompo, che espressamente mirava a porsi sulla scia di Erodoto.

Storiografia retorica dallo stile ridondante

E’ proprio dagli excursus che il carattere retorico dei Philippiká emerge. Numerose figure retoriche gorgiane popolano i brani dello storico di Chio; lo stile di Teopompo è uno stile declamatorio e ridondante.

L’excursus sugli hetairoi, i compagni, di Filippo II di Macedonia, F 225 in Pol. VII 19 sgg. ne da prova.

Dovunque ci fossero fra Greci o barbari persone lussuriose o impudiche, tutte confluivano in Macedonia alla corte di Filippo dove ottenevano il titolo di amico del re. (…) Alcuni, ormai adulti, si lasciavano radere perché la loro pelle apparisse morbida come quella di un bambino, altri uomini barba fornicavano fra loro. Se ne andavano in giro con due o tre ragazzini di piacere e lasciavano che altri abusassero di loro allo stesso modo. Perciò li si deve chiamare a pieno titolo non amici, ma “amiche”, non soldati, ma prostitute, massacratori della natura, uomini degenerati in puttane (…)

Indignazione morale

Questo brano evidenzia anche l’aspetto moralistico della storiografia retorica di Teopompo. L’indignazione morale sale di tono per superare alla fine ogni misura, sino ad arrivare a bollare di depravazione morale numerosi politici.

Sentimenti filospartani

Per quel che riguarda il pensiero politico relativo al Teopompo dei Philippiká, l’excursus Sui demogoghi ateniesi esprime chiaramente i suoi sentimenti filospartani che sono proprio sicuramente del suo periodo iniziale. Giudizi negativi vengono attribuiti a Temistocle, Cleone, Iperbolo, Callistrato ed Eubulo, mentre ad esempio appare in una buona luce Cimone.

Monarchia patriarcale

Teopompo è, pero, un uomo del suo tempo e, più tardi, egli vide il sistema conservatore a lui tanto caro sempre più concretizzarsi in una monarchia patriarcale, il cui rappresentate ideale era ai suoi occhi Filippo di Macedonia.

Nel suo proemio ai Philippiká  lui stesso afferma che “l’Europa non ha mai prodotto un uomo come Filippo di Aminta”; anche se questo giudizio non lo esenta dal giudizio di condanna morale che Teopompo scalfisce anche contro il suo Filippo (F 27 in Pol., VIII 11).

Le fonti di Teopompo

Lo storico di Chio ha utilizzato le proprie indagini personali e i suoi viaggi per le parti a lui contemporanee. A questo si aggiunge l’utilizzo di ogni tipo di materiale storiografico e letterario soprattutto nelle parti antiquarie dei Philippiká. Polibio ne critica le descrizioni di battaglie e i discorsi messi in bocca ai generali: come per Eforo, lo accusa di mancare di aderenza alla realtà e di esagerare con l’enfasi retorica.

Anassimene di Lampsaco

Un altro rappresentante della storiografia retorica di età ellenistica è Anassimene di Lampsaco (FGrHist 72) che fu innanzitutto retore, poi storico. Contemporaneo di Eforo e Teopompo, Anassimene visse tra il 380 al 320 a.C. e fu scolaro del retore Zoilo e del filosofo Diogene. Fu chiamato da Filippo II alla corte macedone e fu più tardi, a quanto sembra, anche maestro di Alessandro Magno (T 6), che accompagno in qualità di storico nella sua spedizione in Asia (T 6 e 27).

Opere

Anassimene scrisse gli Helleniká, Storia Greca. L’opera andava dalla creazione del mondo alla battaglia di Mantinea e alla morte di Epaminonda nel 362 a.C. e abbracciava in 12 libri “quasi tutte le imprese dei greci e dei barbari” (T 14 = Diod. XV 89, 3). Scrisse, poi, anche una Storia di Filippo II, Haì perì Phílippon historíai in almeno 8 libri; forse, un tentativo di porsi in competizione con la storiografia retorica di Teopompo.

Anassimene scrisse anche  Su Alessandro, Tà perì Aléxandron,  ma un aneddoto tramandato (in T 27) rivela le tendenze adulatorie di quest’opera nei confronti del giovane sovrano macedone. O forse semplicemente, anche lui, figlio del suo tempo aveva ceduto al fascino semi-divino del giovane sovrano macedone e si era lasciato conquistare dai suoi sogni di conquista.

Maria Francesca Cadeddu