Katherine Mansfield: una voce del Modernismo

Katherine Mansfield è stata una delle più importanti scrittrici di racconti del movimento modernista inglese. Nata nel 1888 in Nuova Zelanda da una famiglia benestante, si trasferì ben presto a Londra, dove trascorse la sue breve vita e morì nel 1923.

I due momenti della vita di Katherine Mansfield

Ci sono due periodi ben distinti nella carriera della scrittrice. Il primo copre gli anni dal 1908 al 1917, durante i quali si trasferì dalla terra natia alla capitale inglese. Qui imparò a condurre una vita da artista bohémienne, conobbe gli altri esponenti del Modernismo, tra cui Virginia Woolf, si sposò, divorziò e si risposò. È nel 1911 che pubblica la sua prima raccolta di racconti dal titolo In a German Pension, che però si rivelò un totale insuccesso. Durante questi anni la scrittrice neozelandese dovette anche soffrire la perdita dell’amato fratello nella Prima Guerra Mondiale.

Il secondo periodo copre gli anni dal 1917 al 1923, quando muore per una terribile tubercolosi. Ed è in questi anni che si colloca la stesura dei racconti che la renderanno famosa e per cui la ricordiamo ancora oggi come caposaldo della letteratura inglese del primo Novecento.

La seconda fase

In questi anni, ci sono due eventi in particolare che rappresentano il punto di svolta della sua scrittura e che definiranno il suo personalissimo stile. In primis, l’“incontro” con la produzione di Anton Cechov, in particolar modo quella che comprende i racconti brevi. Poi, l’invito, da lei accettato, di Virginia Woolf di scrivere una storia per la neonata casa editrice Hogarth Press.

Il rapporto con Anton Cechov e i contemporanei

Di Anton Cechov la scrittrice neozelandese, così come Virginia Woolf, ammira lo stile interrogativo. Nelle sue osservazioni critiche, infatti, Katherine Mansfield afferma che ciò che dovrebbe fare lo scrittore non è tanto risolvere una domanda quanto porre una domanda: una qualità che lei trovava nei racconti di Anton Cechov e che caratterizzerà ampiamente il suo stile narrativo. Scrive alla Woolf nel 1919:

What the writer does is not so much to solve the question but to put the question. That seems to me a very nice dividing line between the true and the false writer.

Per la scrittrice, inoltre, Cechov rappresentava il parametro del suo giudizio – negativo – nei confronti dei suoi contemporanei inglesi. Secondo Katherine Mansfield, gli scrittori inglesi di quegli anni non avevano alcuna idea delle possibilità insite nella forma narrativa del racconto. Imbevuti di un’invasiva convenzionalità, i loro scritti rappresentavano una visione essenzialmente materialista del mondo e della letteratura, e ciò li impossibilitava a immergersi nei misteri più profondi dell’umano. Non a caso tra gli scrittori da lei più amati si collocavano i russi: Dostoevskij, Tolstoj, e ovviamente Cechov.

Da Aloe a Prelude

Uno dei punti di svolta della produzione narrativa di Katherine Mansfield è rappresentato dalla scrittura del romanzo incompleto The Aloe, che diventa un lungo racconto dal titolo The Prelude. È questo il racconto che le aveva commissionato Virginia Woolf per la Hogarth Press, ed è questo racconto che rappresenta uno spartiacque fondamentale della sua carriera artistica.

Nel passaggio dal romanzo The Aloe al racconto The Prelude la scrittrice riuscì a sviluppare una forma narrativa adeguata alla rappresentazione della memoria e dell’esperienza. Cerca di catturare un momento in particolare, come scrive in una lettera:

I tried to catch that moment – with something of its sparkle and its flavour. And just as on those mornings white milky mists rise and uncover some beauty, then smother it again and then again disclose it. I tried to lift that mist from my people and let them be seen and then to hide them again.

The Prelude

The Prelude è la storia di una famiglia che sta lasciando la propria casa in città per trasferirsi in campagna. La vicenda è raccontata attraverso gli occhi di una dei componenti più giovani, Kezia, che osserva ogni singolo avvenimento, mentre una casa viene svuotata e l’altra viene preparata per essere abitata. Mansfield costruisce un mondo domestico ricco e variegato, fatto di momenti slegati, conversazioni origliate, pensieri realizzati a metà. Non c’è alcuna trama come nel romanzo tradizionale, solo lunghe ore che passano in una giornata.

Lo stile di Katherine Mansfield

Quello di Katherine Mansfield – ben visibile nel racconto in questione – è uno stile narrativo che consiste nel rivelare e nascondere al contempo. Si rompe così con la continuità logica e con le convenzioni narrative del progetto del romanzo The Aloe, legato a uno stile più tradizionale. La scrittura di The Prelude riesce a guardare attraverso l’apparenza delle cose. Paragonando i due manoscritti, si può notare che la scrittrice tagliò soprattutto i passaggi in cui il profilo psicologico dei personaggi e le ragioni delle loro azioni erano troppo evidenti. In questo modo, ai personaggi e alle situazioni viene data una maggiore complessità. Lo scopo era quello di preservare la molteplicità e l’eterogeneità nel profilo dei personaggi e nel significato della storia.

Per queste ragioni, Katherine Mansfield coprì un ruolo fondamentale all’interno del contesto artistico e letterario del Modernismo. La sua riflessione artistica si sposa e si scontra con quella che gli altri esponenti del movimento stavano portando avanti in quegli anni, prima fra tutti Virginia Woolf.

Salvatore Cammisa

Fonti:

Adrian Hunter, The Cambridge Introduction to the Short Story in English, Cambridge University Press, Cambridge, 2007