La rinascita culturale alla corte dell’imperatore Federico II

La rinascita culturale alla corte dell’imperatore Federico II

Attraverso l’arte e con l’arte, l’imperatore Federico II di Svevia creò un mondo ed un impero eredi della tradizione classica più pura. Proclamandosi, infatti, discendente diretto dei Cesari romani, voleva ben dimostrare come il suo governo fosse diverso da quello dei sovrani precedenti e che la sua renovatio dell’impero, così come quella carolingia, aveva come modello l’impero romano nelle figure di Augusto e Costantino. La corte federiciana, considerata una vera e propria meraviglia, durante i numerosi viaggi e spostamenti, così variegata ed esotica, costituì il mezzo principale per il proliferarsi della cultura.

«Per quel generale desiderio di sapere che, per natura, tutti gli uomini hanno, per quello speciale godimento che alcuni ne derivano, prima di assumere l’onore del regnare, fin dalla nostra giovinezza, abbiamo sempre cercato la conoscenza, abbiamo sempre amato la bellezza e ne abbiamo sempre, instancabilmente, respirato il profumo»

Sono queste le parole di Federico II, nel 1232, ai dottori dello studio di Bologna.

Imperator Romanorum Caesar Augustus

Federico II L’amore per l’arte e l’interesse di Federico II per il mondo classico stavano alla base del suo disegno politico di restaurazione dell’impero, esplicato dopo le Assise di Capua,  e si manifestavano con la raccolta, lo studio, la collezione, l’esibizione di opere antiche ed infine con l’imitazione di esse. Rappresentò se stesso come l’erede degli imperatori romani, sia nei ritratti che nel titolo adottato: Imperator Romanorum Caesar Augustus.

Anche in una delle miniature del De arte venandi cum avibus, scritto dallo stesso sovrano, è  rappresentato rigido, frontale e ieratico in due diverse scene: nella prima in maestà quale docente ai nobiles in atto di indicare le modalità di fruizione del trattato; nella seconda, sempre in abiti imperiali, è raffigurato come autore dell’opera.

Una rappresentazione simile si riscontra nei sigilli, con il sovrano in maestà, seduto su un trono dall’alta spalliera pomellata con i piedi poggianti su un cuscino e soprattutto nell’Augustale. Alla bellissima moneta, coniata a dicembre 1231, era affidata la diffusione del volto imperiale all’interno e all’esterno dei confini del Regno; incisa da Balduino Pagano da Messina, reca al diritto il busto laureato dell’imperatore con paludamentum ed al rovescio l’aquila imperiale con le ali spiegate.

Federico II

La scuola poetica siciliana

Il nome di Federico è strettamente legato alla scuola poetica siciliana ed al fiorire della letteratura in volgare. La scuola, che anticipava quella toscana ed il dolce stil novo, era frequentata da intellettuali, filosofi, scienziati, amministratori, polemisti, matematici che cantavano le gioie, i tormenti dell’amore, il desiderio dei sensi, la passione. Lo stesso imperatore, abilissimo poeta, compose nella prima giovinezza parecchie poesie.

L’imperatore ed il collezionista

Il classicismo federiciano si rifà in primis a quello dei Normanni ma si arricchì attraverso il contatto con il mondo arabo. I manufatti, le sculture antiche, i monumenti ed i reperti archeologici servivano, quindi, per ostentare la propria gloria e riallacciare se stesso ad un mondo ormai scomparso ma anche per rinsaldare la sudditanza o l’amicizia di famiglie che gravitavano attorno alla corte imperiale. Si ha notizia di scavi archeologici finanziati dall’imperatore stesso a Ravenna, Augusta e soprattutto Roma, siti che, però, finirono per diventare vere e proprie cave dalle quali attingere materiali da costruzione. Uno degli esempi più noti di reimpiego d’età federiciana è costituito dai due arieti ellenistici in bronzo esposti ai lati del monumentale ingresso di Castello Maniace a Siracusa.

Federico IILa renovatio artistica mette in luce un altro aspetto della personalità di Federico II, quella del collezionista. Il suo amore per i manufatti antichi lo portò a spendere ingentissime somme di denaro per avere reperti antichi tanto che il tesoro imperiale, con la sua collezione di pietre lavorate, gioielli e vasi, alla morte dell’imperatore era ancora ricchissimo, nonostante le disfatte, e lo rimase dopo il 1253 quando cinquecentoundici «lapide entaliate excluse», trentacinque intagli montati in oro, in argento e in bronzo, settantasette cammei privi di montatura e numerose gemme, furono dati da Corrado IV, in pegno ai genovesi.

La rinascita dell’architettura monumentale e la ripresa, nella scultura, di temi politici e pagani, sono strettamente legati alla personalità di Federico II, sovrano illuminato che

«fue di grande onore, meravigliosamente savio e ben articuloso, pieno di scienza e di grande filosofia. Parlò di nove linguaggi e si sette seppe la scrittura, ed ebbe il suo cuore di tutti e sette membri di filosofia sovra gli altri uomini» (dal Tesoro di Brunetto Latini).

 

Valentina Certo