La filosofia di Fichte: l’ostacolo (anstoß) nella realizzazione dell’io

Tra i maggiori interpreti dell’idealismo tedesco, corrente filosofica tesa a ricondurre l’io o lo spirito a principio assoluto, troviamo Fichte, vero e proprio iniziatore di questa nuova forma di pensiero, che è riuscito a dare una immagine inedita dell’uomo rispetto a quella delineata nella filosofia classica e medioevale.

La più grande novità di cui Fichte si fa portavoce può essere racchiusa nell’idea di un Io che realizza se stesso attraverso il non-Io, ovvero tutto ciò che gli si oppone ma che è posto dall’Io stesso. Com’è possibile ciò? Cos’è l’Io e cosa il Non-Io? Scopriamolo in questo articolo.

Un Io insolito

Fichte
Johann Gottlieb Fichte

Fichte parte dal presupposto che il soggetto è uguale a se stesso non perché il principio di non contraddizione ci dice che A è uguale ad A, ma all’inverso A è uguale ad A proprio perché il soggetto è uguale a se stesso.

L’io di Fichte del resto presenta delle connotazioni alquanto inusuali se pensiamo che nel delinearlo il filosofo riesce a superare la distinzione tra finito e infinito, ma anche tra forma e materia.

L’Io è infatti da un lato un soggetto attivo e dall’altro è la realtà oggettiva che gli sta davanti, giacché possiamo considerare, valutare, giudicare l’esistenza di qualcosa solo perché tale oggetto è in prima istanza presente dentro di noi. Per meglio comprendere la logica insita in queste affermazioni occorre tenere presente i tre principi che Fichte espone nella Dottrina della Scienza.

Qui il filosofo chiama direttamente in causa l’Io, perché parte dalla considerazione che la dottrina della scienza, come tutte le altre del resto, si realizza attraverso una particolare determinazione della libertà. Tutto dipende dallo spirito umano, cioè l’Io, il concetto primo che fonda non una ma tutte le parti del sapere umano ed è pertanto alla base dell’intera dottrina della scienza. Inoltre il concetto dell’Io assoluto di Fichte, così come quello del Non-Io, deve essere incontrovertibilmente posto a priori, poiché da esso scaturiscono tutte le altre nozioni.

I tre principi di Fichte

Dunque l’idea di un soggetto in grado di autocrearsi è imprescindibile per fare dell’Io il nucleo fondante di tutto il resto. Questo è l’enunciato del primo principio, cui segue il secondo che presuppone la determinazione dell’Io. L’Io necessita di una configurazione che non può derivare da qualcosa che gli è totalmente estraneo. Nasce così la nozione del Non-Io, che Fichte descrive in questi termini:

Se ponete che l’Io sia il concetto più elevato e che all’Io sia contrapposto un Non-Io, è allora chiaro che l’ultimo non può essere opposto senza essere posto, e proprio nel più alto dei concetti, l’Io.

In sintesi il Non-Io è posto dall’Io e opposto all’Io e di conseguenza l’Io è a sua volta il soggetto agente e al contempo il prodotto dell’azione: viene per questo definito Tathandlung, termine col quale si indica sia il prodotto di una azione che l’azione stessa.

Approdiamo così al terzo e ultimo principio secondo il quale l’Io, grazie al suo opposto, si trova a esistere come un io divisibile, cioè molteplice e finito, perché limitato a sua volta da un Non-Io anch’esso molteplice e finito. L’Io è finito in quanto limitato dal Non-Io ma anche infinito, giacché il Non-Io si trova illimitatamente e interamente dentro l’Io. Il Non-Io dunque deve essere pensato come la natura, l’oggetto che genera quella dialettica che da sola può rendere conto dell’esistenza dell’Io. Al riguardo Fichte aggiunge:

Da ciò segue che le azioni logiche che si fondano su quella originaria, e che propriamente sono solo particolari e più precise due determinazioni, non saranno allo stesso modo possibili l’una senza l’altra. Nessuna antitesi è possibile senza una sintesi: infatti l’antitesi consiste nel ricercare negli uguali la caratteristica opposta; ma gli uguali non sarebbero tali se non fossero prima posti come uguali da un’azione sintetica.

L’importanza dell’ostacolo

Fichte
Donna riflessa di Anna Monterotondo

La disamina di Fichte relativa all’Io ha però ricadute rilevanti anche in altre sfere oltre quella logica. Infatti potremmo chiederci: da dove deriva la necessità per l’Io di opporre a sé un ostacolo? La risposta di Fichte è del tutto pragmatica, giacché l’Io deve superare se stesso attraverso la lotta con l’opposto che si rappresenta.

Laddove la libertà è la fuoriuscita dalle determinazioni particolari poste dal Non-Io, è solo grazie allo scontro con quest’ultimo che il soggetto può tendere alla libertà assoluta, alla quale deve sempre avvicinarsi anche se mai potrà raggiungerla definitivamente. È evidente allora che questi limiti sono da sempre già iscritti nell’Io, altrimenti il soggetto non avrebbe alcuna necessità di tendere alla perfezione né sarebbe in grado di rappresentarla.

L’ostacolo o urto, definito da Fichte Anstoß, diventa lo stimolo a fare meglio, a superare se stessi. Del resto se non avessimo  in generale ciò che ci mette nelle condizioni di dover resistere o reagire, non avremmo alcuna spinta al miglioramento. È in questa accezione che l’ostacolo diventa non solo importante ma anche eticamente necessario.

Il continuo riferimento a questa zona oscura che produce il Non-Io, così come il fatto che non vi sia consapevolezza del proprio agire se non la si assume dall’esterno, rimanda direttamente ad elementi che saranno ripresi e sviluppati in ambito psicologico. Questo ci fa capire quanto Fichte sia stato, pur non avendo all’epoca ancora gli strumenti, precursore di moderne correnti di pensiero, oltre ad essere riuscito a tracciare per molti versi un individualismo positivo, ben lontano dalle derive patologiche cui siamo avvezzi oggi.

Giuseppina Di Luna

Bibliografia

J. G. Fichte, Scritti sulla dottrina della scienza, ed. Mondadori, Milano 2008.

Claudio Cesa, Introduzione a Fichte, Editori Laterza, Roma-Bari 1994.