Slint: i padri del Post-rock

Gli anni novanta rappresentano per molti versi il crepuscolo del rock: la corrente musicale che nei decenni precedenti aveva riempito le arene e dato voce alle folle conosce una lenta agonia, fino a collassare sulle proprie, stanche, ginocchia. L’eredità, decomposta e sfibrata, è raccolta però da alcuni promettenti visionari. La direzione intrapresa dal nuovo flusso creativo di sviluppo non porterà però ad una resurrezione, ma bensì ad un radicale cambiamento di intento e di espressione, pur mantenendo intatta la propria identità. Con gli Slint inizia l’epoca Post-rock.

Spiderland: le radici del post-rock

Agli Slint bastò poco per lasciare il segno: solo due album, e qualche altro interessante EP. Il primo, Tweez, fu un geniale concept di astratte dediche familiari, un vulcano di idee e di commistioni di generi, che preparò la strada per Spiderland, uscito nel 1991, a due anni di distanza.

La critica fu a dir poco spiazzata dalle sperimentazioni in cui i ragazzi reduci degli Squirrel Bait si produssero. L’attacco terzinato di Breadcrumb tail, tutto giocato sugli armonici naturali, strappa applausi agli ascoltatori più smaliziati, mentre le angosce distaccate di Nosferatu man, rumorista e dissonante, esaltarono i post-hardcorer, ancora infiammati dalle produzioni di fine anni ’80.

La vera rivoluzione portata dagli Slint si manifestò però a livello strutturale, piuttosto che armonico. In Spiderland ancora più che in Tweez si arriva all’opinione che la struttura sia qualcosa di totalmente superfluo. Quindi, una volta sfibrata e collassata l’impalcatura, le idee musicali sono libere di fluire e di cadere.

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Il gruppo, impegnato nell’esecuzione di Goodmorning Captain

Don, Aman ne è un perfetto esempio: una litania sussurrata in modo svogliato, all’apparenza quasi superficiale, si staglia e si distende su pochi accordi solenni e dilatati. Nella seconda metà del disco troviamo invece i due pezzi più sperimentali e articolati: Goodmorning captain, dall’incedere tragico e sghembo, durante il quale frasi annoiate di chitarra si alternano a scariche schizofreniche di batteria; e The Washer, un delicato blues notturno, un affresco acquoso e dilatato imbastito su partiture a metà tra il jazz e l’acid-rock. Tra i due pezzi un narcolettico intermezzo strumentale, For Dinner, spezza la tracotante tensione continua.

Gli Slint masticano e sfibrano letteralmente la struttura della canzone rock, rielaborando il concetto di tempo in musica secondo una nuova chiave di lettura. Le idee musicali sono organizzate in battute costruite su impalcature matematiche, ma il tempo è relativo solamente a queste microunità, abbattendo ogni possibilità di ripetizione. Ogni brano, perché parlare di canzone assecondandone la definizione canonica diventa impossibile, scorre come un flusso lineare. In questo senso, il tempo esiste solo come negazione di sé stesso.

Slint: influenze derivate

Se nella premessa si è esorditi classificando gli anni ’90 come decennio che ha visto la capitolazione del rock, almeno per come era stato inteso dai suo primordi germinativi fino al raggiungimento della sua stessa maturità, a cosa ci riferiamo quando parliamo di post-rock?

Se il rock è morto, e la materia di cui era composto è andata incontro ad una progressiva disgregazione, gli atomi che prendono direzioni diverse, non vuol dire che abbia smesso di esistere. Per nulla: esso è diventato altro da sé, riuscendo però lo stesso a mantenere una sorta di identità coerente col percorso che l’ha portato a questa metamorfosi.

La musica anaffettiva e calcolatrice degli Slint ha dato il là ad un movimento che ha reinventato un genere attraverso il suo assassinio. Spiderland apre un buco nero dentro il quale collassano rock, jazz, blues e avanguardismo. Ciò che esce fuori è una musica che continua ad essere suonata con gli stessi strumenti del rock, ma aderisce ad una nuova forma.

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Tortoise – milions now living will never die. Un altro capostipite del genere

E l’influenza che sono riusciti a portare è stata immensa: il movimento Math, che imbriglia il beat in tortuose strutture matematiche, come quello dei Don Caballero e dei Blind Idiot God; il post-rock di stampo jazzistico dei maestri Tortoise e dei delicatissimi Dirty Three; il rock strumentale di gruppi come Maybeshewill, Giardini di Mirò ed Explosion in the sky. Tutti figli dell’attitudine voracemente distruttiva degli Slint.

Il post-rock ha saputo amalgamarsi con generi prima troppo distanti da quell’urlo di disagio e di rabbia che riempiva gli stadi e le arene. Musicisti come XX, 65daysofstatic o Labradford rappresentano una commistione talmente genuina da sembrare naturale, invece che figlia sbagliata e bastarda, come ci si sarebbe potuti aspettare, tra rock ed elettronica.

Perfino il lirismo di stampo teatrale è finito nel calderone: tantissimi artisti hanno scelto di accantonare il cantato in favore del recitato, come i Massimo Volume.

Il completamento definitivo è stato raggiunto però con la figurazione delle arti visive: tantissimi gruppi scrivono partiture che accompagnano video, cercando di tradurli in musica, come i Godspeedyou! Black Emperor, mentre altri hanno adattato il loro stile a necessità di soundtrack, e qui è impossibile non citare i Mogway e gli italianissimi Mokadelic.

Il rock trasfigurato attraverso la sua morte, ha saputo dimostrarsi ancora una volta immortale.

Lorenzo Di Meglio

Riferimenti

http://slintmusic.com/