Martha Nussbaum e la dinamica persona-oggetto

Martha Nussbaum, filosofa statunitense contro ogni tendenza politically correct, è stata negli ultimi decenni osannata quanto criticata grazie all’audacia delle sue teorie, concernenti perlopiù tematiche di stampo sociale come educazione, giustizia, uguaglianza solo per citarne alcune. In uno dei suoi testi meno noti, dal titolo Persona oggetto, scontrandosi apertamente con il femminismo radicale, getta una nuova luce sul tema dell’oggettualizzazione, in particolar modo quella sessuale.

L’oggettualizzazione in generale

Nussbaum
Martha C. Nussbaum

Innanzitutto, per oggettualizzazione si intende la riduzione ad oggetto di qualcosa che oggetto non è. Per meglio comprendere in che modo è possibile leggere positivamente questa dinamica anche in ambito sessuale, occorre considerarne la messa in atto in termini più generali. Nussbaum individua ben sette modalità di oggettualizzazione: strumentalità, negazione dell’autonomia, passività, fungibilità, violabilità, proprietà e negazione della soggettività. È opportuno chiarire inoltre che non tutte queste caratteristiche sono presenti insieme in  ogni oggetto, giacché ad esempio la mancata autonomia di un quadro non ne implica la strumentalità.

Notoriamente ogni qualvolta immaginiamo situazioni in cui gli atteggiamenti siffatti si rivolgono ad una persona, pensiamo di trovarci di fronte ad un mancato riconoscimento della sua dignità di essere umano. Per Nussbaum le cose non stanno proprio in questi termini, poiché già negare la completa autonomia ad un bambino basta da sola ad attestare la fallibilità di tale presupposto. In tal caso, anzi, è proprio la privazione della libertà assoluta la dimostrazione dell’amore del genitore nei riguardi del figlio.

Contro le femministe radicali e Kant

La femministe Catharine MacKinnon e Andrea Dworkin sostengono che strumentalizzare una persona implichi necessariamente privarla della sua umanità. Lo stesso Kant, del resto, ravvedeva nell’amore sessuale una degradazione della natura umana, perché in quel frangente una persona si trasforma nell’oggetto del desiderio di un’altra, predisponendosi ad essere letteralmente usata da quest’ultima. Agli occhi di Nussbaum le tesi in questione appaiono frettolose ed estreme, oltre a dimostrare una certa carenza di immaginazione. Infatti considerare ogni forma di strumentalizzazione così negativa può risultare deleterio, laddove si finisce per tirare in ballo situazioni in cui strumentalizzare non è sinonimo di deumanizzare. A tal proposito Nussbaum scrive:

 Se sono stesa a letto con il mio amante, e uso la sua pancia come cuscino, non sembra esserci assolutamente niente di male, a patto che io lo faccia con il suo consenso.

A fronte di alcune eccezioni sembra allora che il problema non sia tanto la strumentalizzazione in sé, ma adibire l’altro esclusivamente alla funzione di strumento, senza considerare i suoi eventuali desideri. Il discorso si complica se, in linea con il pensiero femminista, consideriamo che il soggetto della strumentalizzazione è generalmente la donna, a causa del  ruolo che riveste nell’immaginario erotico sociale in cui la dominazione è tutt’ora appannaggio dell’uomo.

Nel rispetto delle considerazioni suddette la posizione della Nussbaum appare meno radicale, ma non per questo meno forte. L’errore clamoroso, secondo la filosofa, è ancora una volta considerare una implicazione necessaria tra le modalità di oggettualizzazione. La strumentalizzazione non implica necessariamente la negazione della soggettività e viceversa. Inoltre, ridurre l’oggettualità alla sfera sessuale, così come al fatto che la società privilegi gerarchicamente l’uomo, significa non tenere conto di un’altra moltitudine di fattori che entrano in gioco e che prescindono dalla sessualità, come il denaro e il potere.

Nussbaum e l’oggettualizzazione sessuale

Il contesto è un altro elemento scarsamente considerato che invece può comportare una radicale differenza: un complimento sull’aspetto fisico da parte di un esaminatore nel bel mezzo di un colloquio lavorativo si riveste di un significato diverso rispetto a quello proveniente dal marito in un contesto privato. In alcuni casi l’oggettualizzazione può avere connotazioni positive e ciò è paradossalmente dimostrabile proprio nell’ambito dell’oggettualizzazione sessuale. Uno degli esempi che Nussbaum riporta alla mente al riguardo è quello concernente un passo del romanzo di David H. Lawrence, L’amante di Lady Chatterley. Qui la protagonista e il suo amante, in un contesto intimo, si riducono ironicamente e reciprocamente al rispettivo organo genitale, attribuendogli addirittura un nome.

In questo caso, che cosa non rende riprovevole l’oggettualizzazione sessuale? La risposta di Nussbaum è questa:

La completa assenza di strumentalizzazione, e il fatto strettamente connesso che l’oggettualizzazione è simmetrica e reciproca […]. La rinuncia all’autonomia e perfino all’agency e alla soggettività è gioiosa, una specie di realizzazione vittoriosa nella casa-prigione della rispettabilità inglese.

Nella sfera sessuale la perdita di attenzione per la propria soggettività a favore dell’altro può essere giudicata positivamente, poiché non implica in alcun modo la denigrazione della propria umanità. La stessa tendenza ad umanizzare l’organo sessuale non appare come una privazione all’altro, bensì una componente aggiuntiva, cioè un riconoscimento di quanto l’altro sia speciale per noi. Ciò non toglie che vi siano altri casi in cui la donna sia ridotta a strumento e sulle cui implicazioni morali sia comunque doveroso ragionare.

Giuseppina Di Luna

Bibliografia

Martha Nussbaum, Persona oggetto, ed. Centro studi Erickson, Trento 2014.

David H. Lawrence, L’amante di Lady Chatterley, ed. Rizzoli, Milano 2007.