L’animazione e la stop-motion di Wes Anderson

Anderson set
Wes Anderson sul set di Fantastic Mr. Fox

Dopo aver raggiunto il successo con film del calibro de I Tenenbaum e Le avventure acquatiche di Steve Zissou, Wes Anderson decide di provare nuove strade e nel 2009 esce al cinema Fantastic Mr. Fox, il suo primo film d’animazione realizzato con la tecnica della stop-motion. Nel 2015 annuncia di voler girare un nuovo film di questo tipo che racconti la storia di un gruppo di cani. Nel 2018 esce allora L’isola dei cani.

Le trame

Fantastic Mr. Fox è un adattamento del romanzo di Roald Dahl Furbo, il signor Volpe. Il protagonista è Mr. Fox, una volpe che, dopo una gioventù da ladro di pollame, ha deciso di mettere la testa a posto facendosi una famiglia. Dopo alcuni anni, l’insofferenza per la vita casalinga e la nostalgia per i vecchi tempi lo convinceranno a compiere un ultimo grande furto ai danni di tre crudeli allevatori.

L’isola dei cani è invece una storia originale scritta da Anderson stesso. Nel 2038, in Giappone scoppia una grave epidemia che colpisce i cani e che, sviluppandosi, può contagiare anche gli uomini. Per evitare che la malattia si diffonda ulteriormente, viene firmato un decreto che porta all’esilio di tutti i cani su un’isola di rifiuti. La storia inizia quando, tempo dopo, un bambino arriva sull’isola in cerca del cane che era stato costretto ad abbandonare.

Fantastic Mr. Fox: Anderson tra novità e tradizione

Con il suo primo film animato, Anderson sceglie di partire da una situazione comune ad altre sue pellicole. Fantastic Mr. Fox racconta il malessere di una volpe sin troppo umana, intrappolata in una vita che non sente adatta a lei, e le ripercussioni che questo e le sue azioni avranno sugli animali del bosco e sulla sua famiglia.

Anderson Ash
Ash e mr. Fox

Famiglia che, d’altro canto, deve far conto anche con i problemi degli altri suoi componenti, specialmente quelli del figlioletto Ash. Quando il cugino Kristofferson va a stare dai Fox, il ragazzo inizia a essere invidioso dei suoi continui successi sportivi e scolastici e del fascino che esercita su compagni e genitori.

Anderson racconta con una tecnica per lui totalmente nuova una storia molto classica, basata su incomprensioni, segreti e insoddisfazioni personali. Il destino dei personaggi sembra seguire perfettamente il loro stesso movimento fisico, andando da un crollo verticale a una lenta ma inesorabile risalita, con una riappacificazione che arriverà quando sarà chiara per tutti la necessità di mettere da parte egoismi e rancori per ritornare alla normalità.

Indagine sul lato selvaggio

Nel film, Anderson racconta non solo la lotta per la sopravvivenza tra gli animali della foresta e i tre malvagi allevatori o le difficoltà di una famiglia allo sbando, ma soprattutto lo scontro di un personaggio, Mr. Fox, indeciso se sacrificarsi vivendo una vita “da umano”, recluso nella monotonia di un lavoro e una vita da classico borghese, o seguire ancora una volta il suo istinto da cacciatore.

“Siamo animali selvatici” dirà a un certo punto Felicity Fox anticipando le parole del marito. Sembra quasi assurdo sentir dire una cosa del genere dopo aver visto una società animale ben costruita, in cui ognuno ha un proprio ruolo da ricoprire e persino un mestiere. Ma Mr. Fox è una volpe, animale che, come insegna il Piccolo Principe, è libero e difficile da addomesticare. L’istinto selvaggio che è in lui torna a galla con potenza crescente fino a esplodere sul finale, con la meravigliosa scena del lupo.

Anderson lupo
Il lupo

Mr. Fox, in fuga con la sua squadra, nota in lontananza un lupo che li osserva. Quando il fascino per la bellissima bestia vince la paura, prova a parlarle in molte lingue, tutte umane. La bestia non lo capisce: è un animale selvaggio, non conosce la lingua parlata nella comunità degli animali. Alla fine, Mr. Fox solleva una zampa al cielo e il lupo può finalmente rispondere imitandolo. Mr. Fox riesce così a comunicare anche con il suo lato più selvaggio.

L’isola dei cani: la fiaba politica di Anderson

Il secondo film d’animazione di Anderson è un vero e proprio racconto distopico dal forte intento critico. Nascosto dietro la facciata di una storia di crescita e di scoperta di sé, L’isola dei cani descrive un mondo dove il diverso viene ingiustamente discriminato e preso come capro espiatorio da una classe dirigente dalle forti tendenze autoritarie.

Anderson sindaco
Il sindaco Kobayashi

Il regista texano non ricorre a mezze misure e si scaglia contro chiunque si faccia promotore di messaggi populisti e discriminatori, prendendo così una chiara posizione politica. La classe dirigente è corrotta e violenta, l’informazione è al servizio dei potenti, persino l’isola di rifiuti non è altro che uno dei tanti “muri” usati per separare dalla comunità gli individui scomodi e pericolosi.

A ergersi come paladini della giustizia sono i deboli e gli emarginati, un gruppo di cani e ragazzini che, partiti con uno scopo, si ritrovano a dover sventare un complotto dalle enormi proporzioni. La spietatezza del mondo degli adulti e della politica viene a confrontarsi con quello della giovinezza, con ragazzi che, per quanto costretti a diventare dei rivoluzionari, riescono anche a trovare il tempo per giocare innocentemente con il loro cane.

La tecnica di Anderson

Anderson background
Il Giappone di Wes Anderson

La stop-motion si rivela essere decisamente adeguata allo stile di messa in scena sviluppato da Anderson nei suoi film. Il regista riesce a costruire delle inquadrature sublimi e degli ambienti pieni di dettagli. Basta dare uno sguardo ai paesaggi realizzati per L’isola dei cani per capire come la stop-motion permetta davvero ad Anderson di liberare la sua vena artistica.

I movimenti di macchina sono decisamente arditi per dei film d’animazione: il regista si prende persino il lusso di realizzare numerosi piani sequenza o lunghissime carrellate laterali (come nella bellissima scena iniziale di Fantastic Mr. Fox) che permettono di esplorare al massimo l’ambiente costruito. Non mancano infine i primi piani e gli sguardi in camera che, sempre presenti nel cinema di Anderson, acquistano in questi film un’ulteriore forza, giocando sull’effetto “pupazzoso” dei personaggi e sui loro sguardi spesso allucinati e divertenti, ma altre volte davvero pieni di vita.

Davide Proroga