L’ Ultimo Decamerone, bunker caleidoscopico di teatro-danza

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Ultimo Decamerone di Stefano Massini e Gabriele Russo

Napoli. L’Ultimo Decamerone di Stefano Massini e Gabriele Russo, osmosi di teatro e danza al Bellini

L’Ultimo Decamerone, il progetto nato in collaborazione tra la fondazione teatro di Napoli-Teatro Bellini e la fondazione Teatro di San Carlo che fonde prosa e lirica, dopo la prima assoluta di martedì 10 aprile sarà in scena con repliche sino a domenica 6 maggio.

Modello di ispirazione è il Decameròn (Decàmeron Decameróne), la raccolta di cento novelle che ha consacrato Giovanni Boccaccio tra gli intramontabili classici della letteratura italiana, motivo di ispirazione per innumerevoli rappresentazioni teatrali e cinematografiche.

Lo scrittore di Certaldo viene riproposto al Bellini in una nuova compagine drammaturgica.

I testi ispirati al Decameron sono riscritti da Stefano Massini, drammaturgo, saggista, sceneggiatore, firma del quotidiano La Repubblica e messi in scena dal regista Gabriele Russo che pone l’accento sulla narrazione al femminile mediante la riduzione dei dieci protagonisti a sole sette donne interpretate da Angela De Matteo, Maria Laila Fernandez, Crescenza Guarnioeri, Antonella Romano, Paola Sambo, Camilla Semino Favro, Chiara Stoppa. Le scene di Roberto Crea e costumi di Giusi Giustino.

La struttura dell’opera redatta tra 1349 e il 1351 in origine caratterizzata da un proemio, un’introduzione e dieci giornate che, come si evince dià dal titolo δκα μραι comprendono dieci novelle ciascuna, viene riproposta in una facies inedita senza alcuna volontà di ricostruizione filologica.

La cornice in cui le cento novelle si fingono raccontate da sette donne e tre uomini in dieci giornate all’infuriare della peste del 1348, si trasfigura nella “cella” dove la voce narrante diviene corpo omodiegetico della scena. Un sistema, quello proposto da Stefano Massini e diretto da Gabriele Russo che si innesta in un continuum meta-narrativo sul modello de  “Le mille e una notte“, laddove analogamente il racconto affidato alla figura femminile, è per Shahrazād l’unico strumento di sopravvivenza.

Ecco che il Decamerone boccacciano viene decostruito in un ipertetesto ideale, le cento novelle divengono un’unica macronovella dove protagonista assoluta non è la storia né i personaggi, bensì la narrazione stessa.

Una novità su due livelli, quello formale che si caratterizza per la diminutio  dei personaggi e, dei contenuti con l’ adiectione della storia in macrostoria dove Pampinea, Filomena, Neifile, Fiammetta, Elisa, Lauretta, Emilia divengono le uniche artefici di una rappresentazione tutta al femminile:

“Dare centralità all’interpretazione femminile oltre ad essere un ulteriore rimando a Boccaccio- che nel proemio dell’opera, la dedica alle donne- ha affermato il regista Gabriele Russo, “mi ha consentito di realizzare quel gioco che il teatro ci chiama a fare mediante gli attori, anzi in questo caso le attrici; inoltre, poiché il testo si gioca sull’alternanza della narrazione con l’azione, scegliere un cast di sole donne mi ha permesso di lavorare sulla rappresentazione più che sull’immedesimazione”.

Ad alternarsi alla narrazione è l’azione mediante le coreografie di Edomondo Tucci eseguite dal corpo di ballo del teatro di San Carlo sulle musiche di Nello Mallardo, che hanno colto l’ambizioso progetto di interagire come un unico grande corpo di attori.

L' Ultimo decameron di Stefano Massini e Salvatore Massini e RussoLe performance come didascalie sono raccontate con il linguaggio di una danza interiore che scandisce, amplifica e moltiplica il tempo rotatorio degli ingranaggi scenici.

L’Ultimo Decamerone. Un bunker meta-narrativo 

La chiesa di S. Maria Novella, il luogo ameno e i dieci giovani che si riuniscono per sfuggire allo scenario di morte e barbarie divengono nell’Ultimo Decamerone embrioni richiusi nella placenta della creazione artistica. Costretti a loro volta raccontare e a raccontarsi per sopravvivere, sempre in bilico tra la vita e la morte.

In tale proposito di evasione l’ambientazione medioevale diviene “atemporale” e nello scenario di tragedia e morte la possibilità di salvezza si realizza nell’esaltazione del valore del racconto e della narrazione.

Un’opera ricca e intensa che si apre in medias res con una prossemica cinematografica. Unità di tempo, luogo e spazio si deformano.

Il palcoscenico si deframmenta tra spazi eterotopici che si fondono. Il bunker meta-narrativo sembra implodere in una caleidoscopica commistione di generi e forme.

Rosa Auriemma

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