Il Deserto, ode sinfonica di Félicien David

Il Deserto, monumento quasi dimenticato del compositore francese Félicien David (1810-1876), realizzato dal Maestro nel 1844 dopo un soggiorno in Egitto.

Quest’ode sinfonica consta di tre parti. Si propone, essenzialmente, come la descrizione narrativa d’un viaggio impervio, tormentato da una scena temporalesca, intrapreso da una carovana di pellegrini e viaggiatori, presumibilmente con bestie da soma al seguito.

Il Deserto, il tremendo viaggio…

La prima parte de Il Deserto s’apre con un coro “Allah! Allah!”, una toccante ma solenne testimonianza religiosa, sobriamente adagiata su pacatissime armonie. Il coro salmodiante è però preceduto da un “Andante” di melodie statiche e monotone, una sapiente, ma accademica, evocazione dell’afa e dell’arsura del deserto. Calma asfissiante, deserto, solitudine.

L’aria immobile, tremendamente soffocante, viene poi bruscamente tagliata da trombe impetuose. Questo “Crescendo poco a poco” si configura come il preludio d’una scena temporalesca, costituita da una violenta sequela di effetti neri e cupi.

E, travolti da un temporale, costituito da graduali sfumature cromatiche e sonore, ancora pregano Allah, unico punto d’appiglio, con un tema solenne e staccato, tema aristocratico della maestà del loro dio.

Suggestivo e suadente è l’ “Allegrissimo vivace” della Fantasia araba della seconda parte: una danza orientaleggiante, basata su motivi arabeschi, costituita da colori esotici e da appariscenti ghirigori. Una ossatura ritmica certamente accademica, ma la lieta vivacità rabesca risulta innegabilmente originale da un punto di vista prettamente espressivo.

I romantici Verdi e David

Una visione romantica della natura, dunque, che ha ispirato il sommo drammaturgo e regista italiano, Giuseppe Verdi (era anche regista, e s’occupava addirittura dei costumi e delle acconciature dei cantanti-attori).

Il Deserto
Il Maestro Giuseppe Verdi (1813-1901).

Il Maestro Verdi ha ascoltato, a Napoli, quest’ode sinfonica, e proprio da questo lavoro francese trasse ispirazione per la realizzazione di una delle pagine più interessanti della sua drammaturgia giovanile: la scena dell’aurora di Attila (1846).

Questo quadro naturalistico sembra quasi dipinto da Manet: è una graduale ed effervescente resa cromatica dell’evento fornita da una musica che non è, beninteso, descrittiva ma evocativa.

Costituita su d’un crescendo sonoro di battute davvero gradevoli di flauti e violini, tocca l’acme emotivo spasmodicamente attraverso una sincera progressione di arpeggi e di figure armoniche che stringono i nervi.

Verdi prende spunto dalla scena del Levar del sole della terza parte de Il Deserto di David. Ovvero, un quadro costituito da trilli ed arpeggi delicatissimi, una pudica aurora.

Nella drammaturgia di Giuseppe Verdi, emerge, con estrema espressione musicale, l’intento del Maestro di inquadrare vicende rilevanti in scene paesaggistiche e armoniosamente naturali. La tempesta, brusca e spaventosa, spesso assume un ruolo fondamentale nel teatro musicale verdiano.

Sempre nell’Attila vi è un abile esempio: la Tempesta sinfonica. Considerata povera e qualitativamente depressa dai cosiddetti esperti, è una interessante pagina sinfonica che testimonia la volontà del Maestro d’accostarsi all’opera in questione con intenti drammatici validissimi.

Quadro naturalistico che potremmo accostare al temporale sinfonico de Il Deserto, ma qualitativamente parlando di gran lunga superiore, reso con effetti teatrali davvero degni di nota.

Schiettezza delle espressioni

Vi è una cosa che accomuna Verdi e David: la schiettezza delle espressioni. Verdi non è solo trionfi e fuoco ma è anche, e soprattutto, mistero. Ombre nerissime e nettissime distese con estrema sapienza nel realismo senza tempo della sua drammaturgia.

Il Deserto
Busto del Maestro Giuseppe Verdi, realizzato dallo scultore napoletano Vincenzo Gemito. Fotografia di Nicola Prisco.

Verdi è anche silenzio: abilissimo espediente teatrale, che invade e percorre tutte le grandi situazioni sceniche cruciali del suo teatro musicale. Tutto questo risulta essere non solo gradevoli inserzioni nelle scene naturalistiche raccontate sopra, ma s’impongono come il fulcro d’ogni suo dramma teatrale.

E così David: abilissimo pittore di situazioni sceniche, di quadri naturalistici entro i quali si sviluppano temi importanti.

Nicola Prisco