Come era vista l’omosessualità nell’Antica Grecia?

Spesso sentiamo sentiamo dire che l’omosessualità nell’Antica Grecia era considerata assolutamente normale. Tuttavia dobbiamo stare in guardia dalle eccessive attualizzazioni e attenerci alle notizie che abbiamo sulla realtà storica greca. Infatti l’omosessualità nell’Antica Grecia non era considerata un’alternativa all’eterosessualità, ma era ammessa in determinate fasi della vita e in determinati contesti sociali e rituali.

Le regole dei rapporti tra due uomini: erastès ed eròmenos

Le fonti letterarie e iconografiche che abbiamo sull’omosessualità nell’Antica Grecia ci parlano soprattutto di rapporti tra due uomini. Questi rientrano nella pederastia, una relazione non solo erotica, ma anche dal forte valore educativo tra un adulto ed un ragazzo.

Il più anziano, definito erastès (amante) rivestiva il ruolo attivo nel rapporto, mentre il più giovane (eròmenos, cioè amato) quello passivo. Ciò rientrava nell’ordine delle cose in una società come quella greca in cui i cittadini erano spesso divisi per classi di età. Un’inversione di ruoli tra adulto e giovane oppure l’amore tra due coetanei, invece, non erano concepiti.

La funzione iniziatica dell’ omosessualità nell’Antica Grecia

Soprattutto in età arcaica l’omosessualità nell’Antica Grecia rivestiva una funzione rituale. L’amore tra erastès ed eròmenos era un vero e proprio rito di passaggio per il giovane.

Strabone ci informa che a Creta gli erastài rapivano i loro giovani eròmenoi e li portavano fuori città per un periodo di due mesi. Questo era considerato un periodo di formazione per il giovane ed era necessario che erastès ed eròmenos assolvessero a dei doveri reciproci. Al termine di questo periodo di segregazione dalla comunità l’amante regalava all’amato un equipaggiamento militare: ciò segnava l’ingresso del giovane nell’età adulta.

Plutarco invece ci informa su un uso spartano. Gli adolescenti di Sparta erano affidati agli adulti scelti tra gli uomini migliori della città, da cui avrebbero dovuto imparare ad essere dei veri spartiati.

Dunque per i Greci la pederastia assumeva un significato rituale: il giovane doveva sottomettersi all’adulto prima di poter diventare cittadino a tutti gli effetti. A quel punto sarebbe stato pronto a diventare a sua volta marito ed erastès.

L’omosessualità nel mondo omerico

Se le relazioni omosessuali fossero diffuse ed accettate già in epoca omerica è un problema molto dibattuto. Infatti presupponiamo che i poemi omerici dipingano una società di XII-VIII secolo a.C., un periodo definito medioevo ellenico che fu in realtà un’età fervente di cambiamenti. Si preparava la nascita della polis, in cui sarebbero stati diffusi riti iniziatici e simposi.

Sebbene nei poemi omerici non vi siano espliciti riferimenti all’amore omosessuale, sembra che vi siano vari indizi di rapporti omoerotici, che alcuni studiosi hanno ascritto all’ambiente militare.

achille patroclo omosessualità nell'Antica Grecia
Achille medica Patroclo

Il legame che più di ogni altro sembra sottintendere una intensità amorosa è quello tra Achille e Patroclo. Il loro rapporto è così forte che dopo la morte di Patroclo Achille ha come unico scopo quello di vendicarlo, lasciando da parte il suo orgoglio.

Teti esorta il figlio a superare la morte di Patroclo e prendere moglie: un altro chiaro segno della natura dell’amore del figlio per Patroclo. Quella di Teti però non sembra una condanna al rapporto tra i due, ma forse solo un rimprovero perché Achille sta indugiando troppo in un amore omosessuale. Dunque sembrerebbe che già in età omerica ci fosse un’età in cui non era più socialmente accettato avere rapporti omosessuali.

Il banchetto: regole di seduzione

omosessualità nell'Antica Grecia
Due uomini avvolti in un mantello

L’occasione in cui più spesso nascevano rapporti omosessuali nella Grecia Antica era il simposio. I simposi non erano semplicemente momenti di ritrovo tra amici, ma occasioni importanti per il tessuto sociale e politico della città. Infatti si riunivano i membri della stessa eteria per discutere di politica ma anche per declamare poesie e godere di cibo, vino e divertimenti.

Al simposio erano ammessi soli uomini ed era qui che spesso avveniva il corteggiamento da parte di un erastès ad un eròmenos. Anche in questo caso vi erano regole ben precise. L’eròmenos doveva mostrarsi riluttante in un primo momento e concedere il suo amore solo ad una persona considerata assennata.

Abbiamo molte descrizioni di tali momenti da parte di poeti lirici: Alceo, Anacreonte, Ibico, Teognide, Pindaro. Tutti insistono in primo luogo sulla bellezza del ragazzo considerato. Poi sono inseriti, però, riferimenti al valore paideutico del rapporto. La bellezza porta con sé la virtù ed è compito dell’erastès indirizzare l’eròmenos affinché segua sempre questa virtù.

Le spiegazioni filosofiche dell’omosessualità: Platone e Aristotele

L’omosessualità nell’Antica Grecia aveva dunque un valore culturale molto forte. Platone si sofferma varie volte sulla questione dell’omosessualità nelle sue opere. Nel Fedro afferma che l’amore di un uomo per un altro uomo è un sentimento più nobile di quello per una donna. Platone intende dire che l’amore omosessuale non è finalizzato alla riproduzione o all’adempimento di un compito sociale, quindi si basa su un sentimento disinteressato. Molta importanza è data anche alla funzione educativa svolta dall’erastès, che deve fare da maestro al giovane eròmenos.

Non è un caso che nel Simposio sia rappresentato l’amore tra Socrate, il maestro di Platone, e Alcibiade. Ed è proprio nel Simposio che Platone fa pronunciare ad Aristofane il famoso mito delle metà. Il comico narra che in origine gli esseri umani erano di tre diversi generi: uno maschile, uno femminile e uno che possedeva caratteristiche di entrambi. Tutti erano di forma circolare e avevano due teste, quattro braccia e quattro gambe. Zeus, invidioso della loro felicità, li tagliò a metà, così che nella nostra vita tutti gli esseri umani cercano di ricongiungersi con la loro metà perduta. Ne derivano coppie di due uomini, due donne o di un uomo e una donna.

Tuttavia nei dialoghi di Platone è sempre difficile stabilire da che parte sia schierato davvero il filosofo. Per di più nelle Leggi, un’opera tarda, i rapporti omosessuali sono giudicati contro natura. Sembra probabile, però, che il filosofo abbia dovuto cambiare il suo punto di vista ufficiale in un momento di cambiamento dei costumi ad Atene, in cui l’omosessualità non era più vista di buon occhio. Questo clima sembra riflettersi anche nell’Etica Nicomachea di Aristotele, il quale sostiene che le uniche unioni legittime sono quelle eterosessuali.

L’omosessualità femminile: Saffo e il tiaso

Sull’omosessualità femminile e più in generale sulla vita delle donne nell’Antica Grecia abbiamo informazioni ridotte, poiché la maggior parte della letteratura a noi pervenuta è scritta da uomini per uomini. Tuttavia per la descrizione di amori tra donne disponiamo di una fonte d’eccezione: i frammenti di Saffo, poetessa di Lesbo vissuta nel VI secolo a.C.

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Ritratto di Saffo da Pompei

Saffo era a capo del tiaso di Lesbo, un’istituzione che aveva lo scopo di preparare le giovani aristocratiche al matrimonio, insegnando loro le arti legate alla musica, i lavori tipicamente femminili e anche iniziandole all’amore. È probabile che vi fossero altre istituzioni simili, almeno a Sparta, come risulta anche da alcuni brani di Alcmane.

Come è testimoniato da numerose poesie di Saffo, spesso nascevano relazioni amorose tra la maestra e le sue allieve, che avevano probabilmente una connotazione educativa non diversa da quella attribuita alla pederastia. Ciò non esclude la nascita di reali sentimenti amorosi da parte di Saffo per le fanciulle, come sembra evidente, ad esempio, dal cosiddetto carme della gelosia.

Serena E. Di Salvatore

Bibliografia:

Cantarella E., Secondo natura. La bisessualità nel mondo antico, Milano 1995 (1a ed. 1988).

Dover K. J., Greek Homosexuality, Cambridge (MA) 1978.

Mieli M., Elementi di critica omosessuale, Torino 1977.