Daniel Goleman: alla scoperta dell’intelligenza emotiva

Negli ultimi anni neuroscienziati, filosofi e intellettuali hanno iniziato a dare maggiore risonanza alle emozioni, ma mai nessuno prima di Goleman ne aveva esplorato le potenzialità così dettagliatamente. Lo psicologo di Harvard delinea nel suo, ormai notissimo, libro “Intelligenza emotiva” il quadro neurologico della sfera emotiva, per poi concentrarsi sull’enorme impatto che quest’ultima ha sulla vita di tutti noi.

Una regolazione della vita emotiva può, infatti, portare il soggetto ad assumere atteggiamenti sani, come l’autocontrollo e la compassione, ma anche aiutarlo a comprendere le emozioni altrui. Capacità quest’ultima che sta alla base dell’empatia.

Le emozioni prima di tutto

È interessante constatare che l’analisi di Goleman prende le mosse da episodi di violenza quotidiana reali, ai quali siamo sempre più assuefatti. L’emozione, infatti, ha decisamente a che fare con l’impulso ad agire. Questo spiega in prima istanza perché una maggiore conoscenza della nostra emotività possa tornare utile nella vita di tutti i giorni. Inoltre, quando le emozioni sono forti, la sfera cognitiva può persino passare in secondo piano.

Recenti studi di stampo neuroscientifico attestano, infatti, che l’amigdala – cioè la sede di tutte le nostre passioni, quella che stimola gli ormoni e l’attività cardiovascolare – si è sviluppata prima della neocorteccia. Quest’ultima si è formata solo successivamente ed è la parte che si occupa di decifrare e comprendere quanto percepito.

Sulla scorta delle nuove scoperte Goleman sostiene che non sia un caso il fatto che, quando per la prima volta entriamo in contatto con una persona o un oggetto, i primi input che si innescano sono legati all’amigdala e non alla neocorteccia. Mentre l’amigdala è subito in grado di intuire cosa cogliere  e cosa respingere, la neocorteccia ha bisogno di tempi più lunghi per elaborare una reazione.

In termini generali, potremmo dire che  il cuore, cioè la sfera emotiva, seleziona ciò che le piace o meno di qualsiasi cosa molto prima della mente, cioè la sfera neuronale.

Goleman, inoltre, aggiunge:

In genere la mente razionale non decide che emozioni “dovremmo” avere. Al contrario, i sentimenti si presentano come un fatto compiuto. Ciò che di solito la mente razionale può controllare è il corso di quelle reazioni. A parte qualche eccezione, non siamo noi a decidere “quando” essere furiosi, tristi e così via.”

Bilanciare le emozioni: empatia, ansia e paura

“Il comportamento umano scaturisce da tre fonti principali: desiderio, emozione e conoscenza”. Con queste parole già Platone nell’antichità valorizzava l’emozione mettendola sullo stesso livello del desiderio e della conoscenza.

GolemanOggi sappiamo che uno squilibrio emotivo può esser fonte di innumerevoli disagi. Un deficit emozionale comporta: la difficoltà di comprendere e formulare messaggi non verbali e l’attitudine a fraintendere il linguaggio del corpo. Tutto ciò si ripercuote sull’incapacità di empatizzare con l’altro. L’indifferenza e il distacco sono, infatti, gli atteggiamenti tipici di coloro che hanno una vita emotiva piatta. L’empatia, però, riveste un’importanza fondamentale per la crescita morale dell’individuo.

A tal proposito Goleman scrive:

“Di solito essa è tragicamente assente in coloro che commettono i crimini più abietti. Una condotta psicologicamente disturbata è un tratto comune negli stupratori, nei molestatori di bambini e in molti individui che scaricano la propria violenza sui familiari: essi sono incapaci di empatia. L’insensibilità verso il dolore delle proprie vittime consente a questi soggetti di mentire a se stessi, incoraggiando così il proprio comportamento criminale.”

Secondo Goleman, uno stato psichico ideale è quello che vede un bilanciamento delle emozioni negative e positive.  Si tratta cioè della capacità da parte dell’individuo di autoregolare la durata delle sue emozioni. Se troppo forti, le emozioni possono danneggiare il sistema immunitario e quello cardiovascolare.

L’ansia, se è eccessiva, impedisce allo studente di ricordare le informazioni che ha appreso in vista di un esame; se è bilanciata può motivarlo a prepararsi al meglio e a superar la prova brillantemente. A sua volta, in particolari contesti, la paura può essere utile per riflettere più tempo sulla pericolosità di una azione che si sta per compiere.

L’alfabetizzazione emozionale in ogni ambito della vita

GolemanGoleman parla, allora, di “intelligenza emotiva” perché le emozioni non vanno pensate in opposizione alla mente. Se usate in modo intelligente, possono apportare al soggetto enormi benefici.

L’alfabetizzazione emozionale riguarda strettamente l’avere consapevolezza delle nostre emozioni, nonché la capacità di verbalizzare stati emotivi altrui. Non solo è possibile attuarla, ma è necessario che venga messa in pratica in ogni ambito della nostra vita: scuola, lavoro, famiglia e non solo.

Lo psicologo sottolinea come ancora oggi nel sistema sanitario si dia, ad esempio, poca importanza alla sfera emotiva. I pazienti sono il più delle volte intimoriti dalla rigidità dei medici al punto da non riuscire a porre loro domande. Al di là del fatto che noti studi attestano ormai da tempo che la cura dello stato emotivo possa essere efficace al paziente sia per guarire sia per affrontare la malattia, questa dinamica se trascurata si ripercuote a livello sociale sotto forma di insicurezza collettiva o di scarsa fiducia nella scienza medica.

Goleman: un nuovo orizzonte sul quale lavorare

Goleman è favorevole alle numerose tecniche di rilassamento a cui oggi si ricorre per riequilibrare le emozioni. Egli insiste, però, soprattutto sul fatto che i primi soggetti sui quali lavorare dovrebbero essere i bambini. La loro educazione emozionale viene influenzata dal contesto familiare fin dai primi anni di vita.

Anche successivamente, però, è possibile intervenire grazie ad una peculiarità tipica della “mente emozionale”: la logica associativa. Come già Freud aveva ben compreso, le emozioni tornano alla mente attraverso l’associazione di simboli, immagini e metafore. Goleman sottolinea, allora, come in caso di trauma si possa lavorare sulla sintomatologia rievocando il ricordo. Avere consapevolezza del trauma e riviverlo, avendone una percezione diversa, può essere il primo passo per imparare a stabilizzare i propri stati emotivi.

I metodi e i programmi da attuare cambiano anche a seconda della gravità della condizione in cui riversa il soggetto. Molti ancora sono i passi da fare, dal momento che non è nemmeno ancora chiaro se esista una reale possibilità di classificare le emozioni. A Goleman va, però, il merito di aver posto l’accento su una sfera tanto dominante quanto importante nella vita di ogni individuo, che è stata decisiva, anche in termini di sopravvivenza, nell’intera storia dell’umanità.

Giuseppina Di Luna

Bibliografia

Daniel Goleman, L’intelligenza emotiva. Che cos’è e perché può rendere felici, ed. Rizzoli, 2015.